La verità cristiana conosce solo la forza
persuasiva delle buone ragioni
che la sostengono e dell’amore disinteressato
che la propone; non segue la via
della strumentalizzazione e della persuasione
occulta, conosce invece il dialogo,
aperto e franco, chiaro nella propria
identità e rispettoso dell’interlocutore”.
Lo ha affermato il presidente della Conferenza
episcopale italiana, cardinale
Angelo Bagnasco, inaugurando i tre giorni
di incontri su “Dio oggi”, in corso da
ieri a Roma. “In un mondo fatto incerto e
quasi scettico dal diffondersi della sindrome
relativistica, in cui la passione e
la stima per le grandi questioni paiono
assopite, in cui la ragione strumentale e
pragmatica sembra farla da padrona – ha
detto Bagnasco – ogni discorso su realtà
certe, assolute e trascendenti, rischia di
essere respinto, inesorabilmente, nel recinto
circoscritto dell’opinabile soggettivo”.
Ma la questione di Dio, “non è una
investigazione astratta, avulsa dalla
realtà del quotidiano, ma la domanda
cruciale, da cui dipende radicalmente la
scoperta del senso (o del non senso) del
mondo e della vita: della propria vita
personale. Si impone qui il massimo impegno
di approfondimento critico. Il cristianesimo
annuncia promesse e avanza
esigenze che non possono essere liquidate
con un’occhiata frettolosa. Si tratta di
un annuncio sconvolgente, intellettualmente
sovversivo, vitalmente impegnativo:
come ha richiamato la ‘Caritas in Veritate’,
la fede cristiana mette in chiara
evidenza l’intrinseca connessione tra verità
e carità”. La domanda su Dio “si fa
pressante proprio in questo nostro tempo,
proprio quando diffusi processi di rimozione
culturale tendono a emarginarla”.
Infatti, “soprattutto nel mondo occidentale,
la questione di Dio è lasciata
fuori dai percorsi abituali della cultura”,
ha detto ancora Bagnasco. Così, “emarginata
e psicologicamente rimossa, essa si
presenta però, insopprimibile com’è nel
profondo del cuore umano, sotto mentite
spoglie”. E “anche l’uomo d’oggi, l’uomo
tecnologico, nonostante l’annuncio weberiano
dell’era del disincanto, continua a
cadere vittima dell’idolatria: non soltanto
nelle forme – mascherate, ma ben note
– del denaro e del potere; anche in
nuove forme di religiosità, insieme esotica
e modernistica, nel cui crogiolo trovano
risonanza e momentaneo appagamento
le aspirazioni di superficie del nostro
tempo”.
Il Foglio 11 dic. 2009