Guglielmo Campione
- LA DIPENDENZA DA INTERNET
I termini dipendenza, abuso o addiction sono stati finora utilizzati con riferimento a sostanze chimiche, ma ormai sempre più spesso si ritrovano nella letteratura scientifica riferimenti alle cosiddette "nuove dipendenze".
Le nuove tecnologie hanno rivoluzionato l'economia, il nostro modo di lavorare, di studiare, di pensare ma si sono sviluppate anche delle vere e proprie patologie legate ad un uso problematico di Internet e dei suoi servizi: lo shopping compulsivo in Rete, il gioco d'azzardo, il trading on-line (giocare in Borsa attraverso Internet), la chat dipendenza e le relazioni nate in Rete, i Cybersesso dipendenti e l"information overloading addiction", la dipendenza da informazioni.
In alcuni casi il web può, non diversamente da quel che accade nelle altre condotte patologiche da dipendenza, giungere a diventare il fulcro della vita di una persona tanto da oscurare completamente la sua vita privata e relazionale e influenzare negativamente il suo rendimento lavorativo.
Come in tutte le dipendenze patologiche è, dunque, sempre importante, per un clinico, valutare le difficoltà di relazione, le convinzioni patogene e disadattive, le situazioni sociali carenti e le concomitanti psicopatologie più frequenti come il disturbo ossessivo e i disturbi dell’umore.
Secondo Maslow alcuni servizi come le chat, le mailing list, e i newsgroup facilitano il contatto interpersonale, il riconoscimento sociale, il senso d'appartenenza e l'autorealizzazione.
Il web è diventato con il passare del tempo sia un contenitore d’informazioni e materiale, nel quale ricercare, in un ambiente protetto da anonimato, stimoli ed emozioni sia un luogo d’accesso a relazioni amichevoli, sentimentali o sessuali per la ricerca di materiale sessuale e di contatti personali a scopo sessuale e per praticare il cybersex o per organizzare incontri.
Da questo punto di vista il web si presenta come un contenitore emotivo, come luogo neutro ideale per la proiezione di pulsioni e la produzione di fantasie e come occasione per sperimentare nuovi comportamenti.
In realtà spesso non vi è ricerca di relazioni oggettuali vere e proprie ma di relazioni opportunistiche con soggetti che, per le proprie caratteristiche di personalità, calamitano e favoriscono la scarica di bisogni pulsionali poco elaborati.
Secondo la Young chi soffre di Internet addiction disorder (IAD) non frequenta la rete per necessità o per svago, ma risponde ad un impulso incontenibile di usare Internet per il maggior tempo possibile, con l'inevitabile compromissione della propria sfera socio-affettivo-lavorativa.
La durata interminabile dei collegamenti è, infatti, una caratteristica immancabile di questa dipendenza, mentre le altre attività e gli altri rapporti passano gradualmente in secondo piano, fin quasi a scomparire dal panorama quotidiano ed affettivo dell'Internet-dipendente.
L'impossibilità a collegarsi, evento comune a chi naviga (rete intasata, virus, server temporaneamente sospeso, ecc.), è vissuto con un disagio profondo, un senso di privazione e di angoscia che può culminare in vere e proprie crisi d'astinenza
I fattori di rischio per lo sviluppo della IAD sono:
- soggetti compresi fra i 15 e i 40 anni,
- difficoltà comunicative legate a problemi psicologici, psichiatrici, emarginazione, problemi familiari e relazionali;
- elevato grado di informatizzazione negli ambienti lavorativi.
- lavori notturni e isolati
- l'isolamento geografico
Le fasi cliniche del disturbo consistono in:
a) una fase iniziale, caratterizzata da attenzione ossessiva per la posta elettronica, focalizzazione ideo-affettiva sui temi inerenti il web;
b) una fase tossicofila, con progressivo incremento del tempo di permanenza in Rete e sensazione di malessere quando non si è collegati, collegamenti in ore notturne con perdita di sonno;
c) una fase finale tossicomanica caratterizzata da collegamenti così prolungati da compromettere la vita personale, sociale e professionale.
- RICERCHE ITALIANE
Cantelmi precisa di aver avuto l’opportunità di esaminare, dal 1996 al 2000, solo sei pazienti rete-dipendenti (4 maschi e 2 femmine), giovani adulti di livello culturale medio-alto.
I soggetti rientrano nella fascia d’età considerata a rischio per l’insorgenza della dipendenza da Internet (tra i 30 e i 35 anni).
Tutti i pazienti, che utilizzano Internet da più di sei mesi, riferiscono di passare molte ore settimanali in rete (fino a 50), lamentando apatia, ansia, irrequietezza e anedonia off-line, nonché una marcata compromissione della vita relazionale, scarso interesse per le relazioni interpersonali e diminuito rendimento professionale. Cantelmi (2000) ha proposto la classificazione di due tipi di “retomani”: gli IA (internet addiction) con pregressa patologia, rappresentati da pazienti con disturbi nell’area affettiva o con tratti ossessivo compulsivi e gli IA senza pregressa psicopatologia nei quali lo sviluppo della sindrome da internet dipendenza dà valore all’ipotesi secondo la quale il rischio psicopatologico dell’uso della rete deriva dalle stesse caratteristiche tecniche della comunicazione telematica, che consentirebbero al soggetto di vivere una condizione di onnipotenza (Varaschini A.2002).
In Italia V.Caretti ha introdotto il termine di trance dissociativa da videoterminale: e’ un importante fenomeno dissociativo che si manifesta con depersonalizzazione, diffusione dell'identità, esperienze sensoriali bizzarre, che accosta le condotte on-line alle psicosi.
Esso si verifica durante o dopo un lungo collegamento in rete e consiste in un’alterazione temporanea dello stato di coscienza, e/o in una sostituzione del senso abituale dell'identità personale con un'identità alternativa.
Si ritiene che essa possa essere il risultato di una condizione difensiva che nasce da una pregressa psicopatologia, per esempio una fobia sociale; l'esposizione protratta agli stimoli innumerevoli della rete può, in alcuni casi, fungere da stressor aggiuntivo in soggetti predisposti.
La psicoanalisi e le relazioni virtuali.
Molti autori hanno sottolineato la somiglianza del web al mondo onirico: molte persone, infatti, sono attratte dagli ambienti virtuali che, come i sogni, soddisfano il bisogno di evasione, incoraggiando modalità di pensiero inconsce, tipiche del processo primario.
Questi utenti possono inoltre utilizzare il cyberspazio per sperimentare identità diverse attraverso la messa in scena della propria maschera (ad esempio nelle chat, traendo vantaggio da un contesto facilitante e deresponsabilizzante e da una modalità di accesso on-off al luogo esperienziale della rete.
“In termini psicanalitici, il computer e il cyber spazio ( introdotto da W.Gibson in “Neuromancer”), secondo Suler (1996) possono diventare una sorta di spazio transizionale che si configura come un’estensione del mondo intrapsichico della persona e può essere sperimentato come un’area intermedia tra il sè e l’altro. Leggendo sul loro schermo il testo di un e-mail si può avere la sensazione che la nostra mente si fonda o confonda con quella dell’autore, in uno spazio psicologico che diventa un’estensione della nostra mente conscia e inconscia. Winnicott (1951) coniò il termine di spazio transizionale e oggetto transizionale per descrivere l’area intermedia di esperienza fra il sé e l’altro, fra il dito da succhiare dei primissimi mesi e l’orsacchiotto del periodo successivo, fra l’erotismo orale e il vero e proprio rapporto oggettuale.Un oggetto transizionale è contemporaneamente concreto e fantasmatico, creando un’esperienza intermedia tra esterno e interno. Il bisogno dell’oggetto transizionale si manifesta in momenti di frustrazione, quando l’impatto con la realtà è troppo forte. Esso ri-presentifica, nei momenti di assenza, la presenza della madre, in una dimensione di controllo e dominio dell’oggetto che il simbolo rende possibile. E’ un sostituto materno che consola e protegge nell’assenza.
Il cyberspazio transizionale è accessibile ad ogni ora, controllabile in ogni momento.
Il desiderio di controllo dell’interiore attraverso il controllo sull’esteriore è molto facilitato in internet (Turkle 1984). La relazione virtuale così super-controllabile può fornire l’illusione di specchiarsi vedendo il proprio io ideale nell’altro. La relazione viene usata come mezzo di conferma narcisistica. Come per il Freud di ”Introduzione al narcisismo” è possibile amare l’altro in quanto egli rappresenta ciò che siamo stati, ciò che non siamo mai stati ma avremmo voluto essere, ciò che potremmo essere in futuro. Secondo Balint (1968) il bisogno compulsivo di un rapporto armonioso con l’ambiente è da ritenersi primario e fondamentale. Se questo bisogno non viene soddisfatto si produce una mancanza di cui il narcisismo, come sforzo per rendersi indipendente dal mondo frustrante, è una delle espressioni difensive.
Il web rappresenta un occasione o una serie di occasioni narcisistiche: ci si può presentare come si vorrebbe essere o si vorrebbe essere visti dagli altri, permettendo di fuggire dal contatto reale e dalla valutazione reale tanto temuta perché frustrante e non controllabile.
Si capisce perché allora il tema dell’identità è così importante in questo discorso. La sperimentazione di diverse identità (identità multiple) anche sessuali (gender swapping, in prevalenza uomini ) è una delle potenzialità della rete che può generare addiction. La Young riporta a questo proposito alcune testimonianze paradigmatiche: ”Il web è l’unico posto in cui la mia opinione valga qualcosa e mi sento importante. Di giorno sono un marito affettuoso ed un lavoratore coscienzioso ma di notte premendo un tasto, mi trasformo nel bastardo più aggressivo che lei possa immaginare. E nessuno sa che sono io a fare questo. Penso che questo mi impedisca di andare realmente a fare male agli altri, ad esempio, picchiare mia moglie. Sono spaventato per questo ed ho bisogno di aiuto”.
Pravettoni (2002) ha cercato di distinguere tre tipologie di persone che si rivolgono al web:
- chi usa la rete come mezzo per incontrare un altro che, in un interazione dialettica gli permetta di superare un momento di disagio. Gli altri utenti cioè fanno da “ terapeuti”mentre lo spazio della rete diventa una specie di spazio sicuro in cui parlare o piangere ed elaborare.
- chi usa la rete per inscenare continuamente e compulsivamente i propri problemi senza alcuna elaborazione avendo trovato un posto sicuro e degli interlocutori disponibili ad ascoltarlo. Questo trend è da ritenersi precursore di dipendenza.
- Chi usa la rete come specchio per vedere la propria immagine più chiaramente. Questo ricorda il metodo autobiografico e la funzione terapeutica della scrittura ed il web assomiglia alla carta: l’individuo cerca di rimettere in ordine le proprie idee e riorganizzare il proprio sé.
Ancora una volta viene sottolineata dai clinici la valenza narcisistica di queste relazioni, il loro uso strumentale e seduttivo dell’altro. Il desiderio di sedurre o manipolare può essere considerato come il modo per attenuare la propria disistima profonda. Se si riesce a convincere l’altro, anche se con l‘artificio della maschera e dell’identità fittizia, vorrà dire che si può dominarlo, controllarlo, producendo un valore che diventa per l’altro desiderabile e incrementando in tal modo la propria percezione di competenza nel soddisfare i propri bisogni.
Se- durre, dal latino condurre a sé, significa legare l’altro a sé e soddisfare i propri bisogni sociali e sessuali. In genere si tratta di persone che faticano nell’interazione vis a vis, nell’intimità, per eccessivi timori sulla propria immagine corporea e sessuale. L’intimità, infatti, si raggiunge quando si supera il confine della parte più segreta di noi, quando si permette all’altro di violare questo confine. Per far questo è necessario che l’altro non intimorisca, non appaia minaccioso in qualche modo. In rete si può appare invece meno minacciosi soprattutto perché si ha a disposizione un linguaggio tutto verbale, interpretabile, meno denso, che lascia più spazio ai movimenti difensivi, alla polisemia, all’ambivalenza.
“Il web può diventare quindi un rifugio. A tal proposito ricordiamo che già Fonagy e Target (2001) avevano parlato di mentalizzazione di luoghi mentali. Steiner (1993) li ha definiti rifugi della mente (“…il rifugio funziona come una zona della mente in cui non si deve affrontare la realtà, in cui le fantasie e l’onnipotenza possono esistere senza controllo e qualunque cosa è permessa. E’ spesso questa caratteristica che costituisce l’attrattiva del rifugio per il paziente, o di solito comporta l’utilizzazione di meccanismi perversi e psicotici…”).
I rifugi della mente si possono intendere come luoghi mentali ossessivo compulsivi o riti magici in cui ci si ritira quando la realtà è insopportabile, in cui si automedica l’io danneggiato per un lutto o per una perdita dolorosa. La perdita non elaborata comporta angoscia, dolore e quella costante sensazione di pericolo che Bion definì terrore senza nome”.
Il concetto di luogo mentale fa appunto pensare a Bion quando parla della madre come oggetto contenitore esterno in grado di accogliere e rendere pensabili gli stati mentali primitivi, i dati grezzi dell’esperienza, sperimentati come angosciosi e dolorosi in quanto privi di significato e proiettati all’esterno tramite l’identificazione proiettiva: i cosiddetti elementi beta.
…Tale funzione materna viene definita da Bion “Reverie” o funzione alfa e corrisponde a quello stato di calma ricettività che accoglie i sentimenti caotici del bambino e gli da significato, calmando quindi dolore e angoscia. Come dice Fonagy, cioè, ”… il cogito ergo sum cartesiano non può più funzionare come modello psicodinamico della nascita del sé. Il costrutto dovrebbe essere invece: la mamma pensa a me come a qualcuno che pensa e dunque io esisto come essere pensante”.Citando Hegel della “Fenomenologia dello spirito” Fonagy fa notare che è solo attraverso la conoscenza della mente dell’altro che il bambino sviluppa il pieno possesso della natura degli stati mentali. Ed è quindi anche vero che, come dice la Main, l’incapacità a comprendere la natura meramente rappresentazionale del pensiero proprio e di quello degli altri rende il bambino (le persone) vulnerabili dinanzi a comportamenti poco coerenti. Non sono cioè in grado di trascendere l’immediata esperienza e di arrivare a comprende la differenza tra esperienza immediata e lo stato mentale sottostante. E’ come se costoro prendessero tutto alla lettera e non fossero in grado di andare oltre (metacognizione).Questo li espone a ritenere gli stati rabbiosi del genitore come dovuti alla propria cattiveria e non allo stato mentale della madre. I bambini borderline possono cioè essere figli di genitori borderline.
“Secondo V.Caretti i rifugi della mente servono a neutralizzare e controllare l’angoscia di morte e l’aggressività di tipo primitivo, ma in quei soggetti in cui le problematiche collegate alla distruttività sono particolarmente disturbanti, il rifugio mentale può giungere a dominare la psiche dando luogo ad una patologia che va dal ritiro dal mondo oggettuale, alle attività autoerotiche, all’aggressività contro sé stessi (anoressia e tossicomania) fino ai disturbi dissociativi (trance dissociativa da videoterminale)”.
Comunicando su internet gli utenti regrediscono.
I segni fondamentali di questa regressione, secondo Holland (1995) sono il flamming (comportamento maleducato e compulsivo, con espressioni crude e insulti, il sexual harassment, la straordinaria generosità, tutti fenomeni disinibitori e regressivi.
Holland sottolinea anche come le caratteristiche del setting psicanalitico assomigliano per certi versi alla comunicazione on line: si parla ad una persona che non vediamo ma che pure è presente dal quale si riceve brevi risposte”.
Questo tipo di pazienti che altrimenti difficilmente ricorrerebbero all’aiuto di uno specialista possono essere forse quanto meno agganciati più facilmente attraverso il contatto on-line, utilizzando Internet come un’occasione propedeutica ad una dimensione di vero incontro e dunque, proprio per questo, veramente terapeutica.
- LE DIPENDENZE SESSUALI
Il concetto di sex addiction, in quanto tale, è stato coniato nel 1983 da Patrick Carnes.
E’ lecito chiedersi se quest’ennesima etichetta diagnostica corrisponde ad un esclusivo bisogno nosografico di medicalizzare il comportamento sessuale o se davvero rappresenta un progresso nella comprensione del fenomeno.
Il disturbo compare per la prima volta nel 1991 nel DSM III r, tra i disturbi non altrimenti specificati come“ disagio collegato a modalità di conquiste sessuali ripetute o ad altre forme di dipendenza sessuale non parafilica che comportano una successione di persone che esistono solo per essere usate come oggetti”.
Nel 1996 –DAM IV- viene eliminata la dizione dipendenza sessuale e si trova un riferimento nei disturbi sessuali n.a.s ad un “disagio connesso a quadro di ripetute relazioni sessuali con una successione di partner vissuti dal soggetto come cose da usare”.
Attualmente il dibattito scientifico verte su 2 possibili ambiti: dipendenze patologiche (A.Goodman), disturbi impulsivi /disturbi ossessivo compulsivi (Hollander, Cloninger), teoria psicanalitica della compulsione (secondo cui ogni comportamento usato per produrre gratificazione e fuggire da stati interni di angoscia può diventare compulsivo e diventare un disturbo da dipendenza ) e della perversione. In “ Onanismo come possibile forma di dipendenza “( “Trattamento psichico” 1889-1892) Freud fa riferimento alla terapia ipnotica che "...non è utilizzabile soltanto in tutti gli stati nervosi e nei disturbi insorti per ’immaginazione', nonché nel divezzamento da abitudini morbose (alcolismo, morfinomania, aberrazione sessuale).
Otto Fenichel (The psychoanalitic Theory of Neurosis -1945) le cataloga come secondo tipo di "nevrosi impulsiva" quello delle "tossicomanie senza droghe".
In un saggio postumo, Ferenczi, afferma che "non si può considerare guarito un alcolista che si è potuto allontanare temporaneamente dalla sua dipendenza nefasta con la disintossicazione e con la suggestione. La disintossicazione deve essere completata con un lavoro psicoanalitico che svela e neutralizza i veri momenti psichici del bisogno compulsivo delle droghe. Capita spesso nel corso di un'analisi di osservare che queste abitudini servivano a mascherare una vita sessuale amorosa disturbata" (Ferenczi, 1927-1933).
Secondo Goodman ci sono sensibili differenze tra dipendenze e fenomeni compulsivi.
Le dipendenze patologiche sono caratterizzate da: attività sessuale come attività di ricerca del piacere e riduzione del disagio, attività sessuale egosintonica (impulsiva ?) e risposta ai farmaci antidepressivi simile a quella nella depressione.
Le compulsioni sono caratterizzati da attività sessuale come attività di difesa (non finalizzata al piacere ma alla riduzione di ansia e depressione), attività sessuale egodistonica, risposta agli antidepressivi diversa a quella nella depressione, e sono legati a fenomeni di eccessività.
Secondo questo autore i criteri per disturbi da dipendenza sono:
1. Frequente espressione del comportamento per un lungo periodo di tempo, maggiore di quanto comunemente inteso.
2. Persistente desiderio di esprimere il comportamento con uno o piu sforzi inefficaci di controllarlo o ridurlo
3. Molto tempo speso in attività necessarie al comportamento o per riprendersi dai suoi effetti
4. Frequenti preoccupazioni per il comportamento e le attività preparatorie
5. Frequente ingaggio nel comportamento nonostante le scadenze lavorative, accademiche, domestiche o sociali
6. Abbandono dei doveri sociali, lavorativi, ricreazionali a causa del comportamento
7. Continuazione del comportamento a dispetto del sapere di avere persistenti e ricorrenti problemi sociali, finanziari, psicologici o fisici causati o esacerbati dal comportamento
8. Bisogno di aumentare l’intensità del comportamento per ottenere l’effetto desiderato o diminuiti effetti con comportamenti della stessa o maggiore intensità
9. Incapacità di rilassarsi e irritabilità se non è possibile agire il comportamento
10. Almeno 3 criteri per fare diagnosi e alcuni sintomi del disturbo devono durare da almeno 1 mese o verificati ripetutamente per un più lungo periodo
Secondo Carnes il dipendente da sesso instaura una relazione distorta in grado di modificargli l’umore con le cose o le persone. Egli progressivamente passa attraverso fasi nelle quali si ritira dagli amici, la famiglia, il lavoro, la vita segreta diventa più reale di quella pubblica, sebbene per questa doppia identità sperimenti potenti sentimenti di vergogna. I d.s hanno perso il controllo sulla loro capacita di dire no, sulla loro abilita di scegliere. Il comportamento sex e’ parte di un ciclo di pensieri, sentimenti ed azioni che non possono piu controllare. Invece di gustare il sesso come fonte di piacere il d.s. ha imparato a relazionarsi al sesso per confortarsi dal dolore, prendersi cura di se’, rilassarsi dallo stress.
Contrariamente all’amore, l’ossessionante malattia trasforma il sesso nella relazione primaria o nei propri bisogni per i quali tutto il resto viene sacrificato.
L’euforia dura tanto quanto il rituale sessuale. Mentre per i tossicodipendenti, infatti, l’euforia svanisce lentamente il d.s. si sente inebetito, triste, in colpa, subito dopo l’atto.
Si sentono impostori, truffatori, impostori e codardi ma non abbastanza per smettere anzi questa situazione depressiva riaccende il bisogno dell’euforia e del sollievo.
Il sesso quindi non e’ al centro della dipendenza. L’uso del sesso è funzionale alla fuga dalla solitudine, dal senso di colpa, dalla paura, dalla vera intimità, dall’insicurezza riguardo la propria identità.
Spesso i partners dei pazienti presentano sintomi fisici (sintomi da stress come cefalea, mal di schiena, insonnia, perdita d’energia, disturbi gastrointestinali multipli, depressione, dipendenza da tranquillanti, spese compulsive). Per mascherare sensazioni dolorose, molte/i codipendenti passano a comportamenti bulimici, dipendenza da tranquillanti, superlavoro, superpulizie in casa.
Secondo Carnes le caratteristiche principali delle d.s sono:
- pattern di comportamenti fuori controllo
- gravi conseguenze dovute ai comportamenti
- incapacità di smettere nonostante le gravi conseguenze.
- persistente perseguimento di comportamenti autodistruttivi
- crescente desiderio e sforzo di controllare i comportamenti
- ossessione sex. e fantasie come prime strategie di adattamento.
- incremento dell’attività
- gravi cambiamenti dell’umore dovuti ad attività sex.
- smodato aumento di tempo speso nella ricerca di sex. o
per riprendersi da esse
- trascuratezza nei confronti di attività sociali, lavorative ecc.
- piacere
- dipendenza fisica
- craving
- astinenza
- compulsione
- segretezza
- cambiamento di personalità
- contraddizione delle proprie convinzioni etiche
- ESEMPI DI SEXUAL ADDICTION
1. Fantasie sessuali: dimenticare impegni per fantasie sessuali e o masturbazione compulsiva
2. Attivita di seduzione: adulteri eterosessuali o omosessuali), flirt e comportamenti seduttivi
3. Sesso Anonimo: per una sola notte
4. Pagare per il sesso prostitute, chiamate telefoniche a pagamento.
5. Commerciare in sesso: droghe o soldi per sesso.
6. Sesso Voyeuristico: essere clienti abituali di librerie per adulti o spettacoli di spogliarello, guardare dalle finestre delle case. Avere collezioni di foto porno a casa o al lavoro.
7.Sesso esibizionistico esporsi in luoghi pubblici o in casa o in macchina, spogliarsi, vestire abiti succinti
8. Sesso Intrusivo: toccare altri senza permesso, usando posizioni di potere lavorativo e religioso per sfruttare sessualmente altre persone, stupro
9. Scambi dolorosi: causare o ricevere dolore per aumentare il piacere sessuale
10. Sesso con oggetti: masturbarsi con oggetti, scambiarsi indumenti, usare feticci per rituali sessuali, fare sesso con animali
11. Sesso pedofilo: forzare bimbi ad attività sessuali, guardare foto porno di bimbi
- LE COMORBIDITÀ
La dipendenza sessuale è spesso accompagnata da altre dipendenze.
La comprensione di ciò è importante perché la dipendenza sessuale contribuisce in modo significativo all’epidemia aids e perché gli sforzi per controllare questa dipendenza sono spesso problematici per situazioni coesistenti.
Un recente studio su 823 omosessuali o bisessuali che cercavano una cura di primo livello mostra come il 64 % era coinvolto in storie di comportamenti sessuali rischiosi nonostante questi soggetti sapessero dei rischi e del modo di prevenirli.
Paragonati con il gruppo dei pazienti dediti a sesso sicuro, gli uomini che erano coinvolti con attività sessuali rischiose avevano più partners, usavano più droghe e sentivano di avere meno controllo sulle attività sessuali.
È difficile comunque che vi siano grandi cambiamenti a livello comportamentale a meno che viene affrontata la questione della natura compulsiva del comportamento sessuale e del poliabuso di droghe in modo più diretto.
La dipendenza sessuale spesso coesiste con quella da sostanze ed è frequentemente una causa negletta di ricaduta.
Questo è particolarmente vero per la cocaina.
In uno studio circa il 70 % dei cocainomani in trattamento ambulatoriale era stato diagnosticato come sex addict.
Molti pazienti erano intrappolati in un meccanismo di reciproca ricaduta in cui il comportamento sessuale compulsivo precipitava la ricaduta nell’uso di cocaina e viceversa. In uno studio anonimo su 75 sex addict ricoverati 29 (39%) erano anche affetti da dipendenza da sostanze, 28 (38%) erano alcolisti, 24 (32%) avevano disturbi alimentari, 10 (13%) erano affetti da uso compulsivo dello spendere denaro, 4 (5%) erano giocatori compulsivi.
Solo il 13 (17%) credeva di non avere altre dipendenze.