DISCERNERE

Uno sguardo profetico sugli eventi

Neusner: Un amico benefico e benedetto. Di G. Meotti

Per “il rabbino preferito del Papa” la visita del Santo Padre alla sinagoga di Roma conferma che «il dialogo tra la Chiesa e gli ebrei è giunto a maturazione»

di Giulio Meotti
Time Magazine lo ha definito «il rabbino preferito del Papa», ma ancora prima era «l’amico ebreo del cardinal Ratzinger». A lui, Jacob Neusner, e al suo A Rabbi Talks with Jesus, Benedetto XVI ha dedicato molte pagine del Gesù di Nazaret. Tutto è iniziato quando all’allora cardinale Joseph Ratzinger capitò tra le mani, nel 1993, il celebre saggio di Neusner (tradotto in italiano da San Paolo con il titolo Un rabbino parla con Gesù), e non può essere un caso se nel libro di Benedetto XVI il rabbino in questione sarà citato più volte di due giganti come Romano Guardini e sant’Agostino. Quello fra Neusner e Ratzinger è un colloquio epocale, perché è nella fertile e fervida conversazione con «l’amico ebreo» che il Papa afferma che se il cristianesimo perde il rapporto con l’ebraismo, smarrisce anche se stesso. Con lo studioso americano Tempi ha parlato a ridosso della visita di Benedetto XVI alla sinagoga di Roma, che avverrà il prossimo 17 gennaio. La visita del Santo Padre al Tempio maggiore cade in un clima segnato da numerose polemiche fra il Vaticano e il mondo ebraico, dalla beatificazione di Pio XII alle istanze negazioniste di certi vescovi lefebvriani. Professore di storia e teologia del giudaismo al Bard College di New York, Neusner ha parole più che generose per l’attuale pontefice e sulla necessità del dialogo fra i due rami del monoteismo biblico. «Un grande rapporto di buone intenzioni anima le relazioni fra il giudaismo e la cristianità cattolica», dice il rabbino Neusner a Tempi. «È il frutto di un lavoro di mezzo secolo. Da Giovanni XXIII di benedetta memoria al Pontefice di oggi, da un Papa all’altro è stata ribadita amicizia e conciliazione. Il Concilio Vaticano Secondo ne è stato un potente esempio e gran parte delle comunità ebraiche, siano esse riformate, conservatrici oppure ortodosse, hanno risposto favorevolmente per un futuro migliore. È un lavoro santo di cui entrambe le parti hanno beneficiato».
A Neusner chiediamo quale sia la relazione fra Ratzinger e il giudaismo. «Papa Benedetto XVI ha portato avanti il messaggio del suo predecessore, Giovanni Paolo II il Grande, e ha formulato questo dialogo nel libro su Gesù. Si è impegnato a lavorare alle differenze fra le due grandi religioni della Scrittura. Ha assunto seriamente la critica giudaica alla cristianità e ha proposto una risposta cattolica. Il dialogo cristiano-giudaico è giunto a maturazione durante questo papato, il sì del Papa è un sì e il suo no è un no. Ha una mente chiara. La sua lezione di Ratisbona sull’islam ha mostrato devozione alla verità e integrità nel dialogo interreligioso. Il coraggio di quella lezione ha dato un modello di onestà e di chiarezza di visione che definisce oggi il dialogo religioso». Un dialogo, quello fra ebrei e cattolici, che secondo il professore-rabbino si fonda su una «causa comune», e cioè «la definizione condivisa delle Scritture, la Torah del giudaismo e l’antico Testamento della cristianità. I cattolici hanno appreso dal giudaismo l’interpretazione del mandato delle Scritture e gli ebrei hanno imparato dalla lettura cattolica. È una sfida profetica per entrambi. Ciascuno porta del suo e questo beneficia tutti, è un patrimonio che sosterrà le generazioni future».
Una questione ancora dirimente è lo Stato d’Israele. Un anno fa, durante l’offensiva militare a Gaza volta a sgominare le cellule terroristiche di Hamas che si sono impossessate della Striscia, alcuni rappresentanti della Santa Sede hanno attaccato duramente lo Stato ebraico, paragonando Gaza a un «campo di concentramento». Ma altri prestigiosi principi della Chiesa, a cominciare dall’austriaco Christoph Schönborn, hanno proclamato che Israele è un segno dell’elezione del popolo ebraico. Cinque anni fa, in visita in Israele, all’Università di Gerusalemme ha parlato sul tema “La terra eletta di Dio”. «Soltanto una volta, nella storia dell’umanità, Dio ha preso un paese in eredità e l’ha dato al popolo scelto da lui», ha detto l’arcivescovo di Vienna. «L’elezione del popolo ebraico e il suo retaggio in Terra Santa sono questioni di fede che risalgono alle stesse Scritture». Per Neusner la visione di Schönborn è anche quella del Papa. «Lo Stato d’Israele afferma la rivendicazione del popolo d’Israele sulla terra che Dio ha promesso e ha consegnato loro», spiega a Tempi. «Riconoscendo lo Stato d’Israele e sostenendo gli israeliani nella loro coraggiosa battaglia per la sopravvivenza, il Vaticano sostiene l’imperativo delle Scritture. Ogni altra posizione significherebbe il ripudio della Scrittura, un giudizio che peserebbe su tutti noi».

Tempi