Roma. La seconda ondata è cominciata.
Dopo il gruppo di fedeli tradizionalisti australiani
appartenenti alla Forward in
Faith, anche un centinaio di parrocchie
anglicane statunitensi ha deciso di emigrare
in massa nel cattolicesimo usufruendo
della costituzione apostolica “Anglicanorum
coetibus” firmata da Benedetto
XVI, il 4 novembre scorso. Si tratta di fedeli
(diversi preti sposati inclusi) appartenenti
all’Anglican Church in America
(Aca). Anche per loro valgono le regole già
accettate dagli australiani: entreranno in
strutture denominate “Ordinariati personali”
e manterranno i propri riti liturgici.
La decisone è stata presa nei giorni scorsi
durante un meeting tenutosi nella città di
Orlando (Florida). Erano presenti il reverendo
Louis W. Falk, presidente dell’Aca,
e il vicepresidente, il reverendo George
Langberg.
L’Aca fa parte della Tradional Anglican
Communion (Tac) che vent’anni fa ruppe
con la comunione anglicana per le molteplici
decisioni prese in contrasto con la
dottrina tradizionale. Come i fedeli australiani,
anche i fedeli dell’Aca non hanno digerito
la decisione di diverse comunità anglicane
di ordinare preti e vescovi sia donne
sia omosessuali. Lo strappo, insomma,
ha radici lontane e la decisione dei giorni
scorsi è la coda di un lungo processo.
La notizia è stata riportata in Gran Bretagna
dal Telegraph. E’ nel Regno Unito,
infatti, che la decisione del Papa di firmare
l’“Anglicanorum coetibus” fa molto parlare
di sé. Il mondo anglicano non sta passando
uno dei suoi momenti migliori. Al di
là delle conversioni al cattolicesimo, è in
atto un’importante e apparentemente
inarrestabile emorragia di fedeli ben superiore
a quella che sta investendo, in tutta
Europa, sia cattolici che ortodossi. La
via “liberal” che ha mandato in crisi gli
anglicani più tradizionalisti, in fondo, altro
non è che un tentativo di reagire a questa
dissoluzione numerica. Ma i risultati,
fino a oggi, sembrano controproducenti:
anche il “movimento di Oxford” (di cui
uno dei più illustri membri fu John H.
Newman) era da comprendere in questa
dinamica.
A poco più di sei mesi dal viaggio del
Papa nel Regno Unito, il mondo anglicano
è chiamato in qualche modo a riflettere
al suo interno. Benedetto XVI non ha
approvato l’“Anglicanorum coetibus” in
opposizione al mondo anglicano ma semplicemente
per rispondere a una richiesta
avanzata a Roma dai fedeli. Come il
recente simposio sull’ecumenismo promosso
dal Pontificio consiglio per la promozione
dell’unità dei cristiani ha dimostrato,
l’intenzione di Roma è quella di
creare una sinergia, almeno in Europa,
tra diverse chiese e comunità cristiane.
Come ha detto alla Radio Vaticana il vescovo
anglicano Tom Wright, il “sogno modernista”
che viveva la cristianità quaranta
anni fa non si è realizzato. “Oggi ci troviamo
in un mondo diverso e credo che
tutti siamo consapevoli che una maggiore
intesa tra di noi sarebbe veramente una
buona cosa”. (pr)
© Copyright Il Foglio 10 marzo 2010