|    DA MILANO I  L caso esplode del tutto inatteso il 28  agosto con una pagina nella  quale il  direttore del  Giornale  dice di voler «smascherare i moralisti» prendendosela col collega di  Avvenire  «in prima fila nella  campagna di stampa contro Berlusconi  ».  Boffo gli replica il giorno dopo definendo quella che Feltri ha evocato  – l’ammenda per una vecchia querelle giudiziaria a Terni,  di nessun  rilievo ma rinforzata da una lettera anonima spacciata per 'nota  informativa'  nella quale si adombravano frequentazioni  omosessuali –  «una vicenda inverosimile, capziosa, assurda», un’operazione  che sa  di «killeraggio giornalistico  »: «Siamo – scandisce Boffo – alla  barbarie  ». Il presidente della Cei, cardinale Bagnasco, non esita a  definire quello del  Giornale  un «attacco disgustoso e molto grave», rinnovando a Boffo «tutta la  stima mia personale e quella di tutti i vescovi italiani  e delle  comunità cristiane». Mentre  la redazione è sommersa da un’ondata  di  messaggi di solidarietà, che non si arresterà prima di un mese, Feltri  prosegue  con titoloni e paginate di 'rivelazioni':  «Finché questi  censori speculeranno su ciò che accade sotto le lenzuola altrui, noi  ficcheremo il naso (turandocelo) sotto  le loro», scandisce il 29  agosto, fidando in documenti rivelatisi poi falsi.  Il 30 agosto i  'fatti' vengono smontati pezzo  a pezzo dal direttore di  Avvenire:  «Come  avrà mai fatto il primo degli astuti – si chiede Boffo – a non  porsi una domandina  elementare prima di dare il via libera alla danza  (infernale): questo testo che ho in mano è realmente un’'informativa'  che proviene da un fascicolo giudiziario oppure  è una patacca che, con  un minimo appiglio, monta una situazione fantasiosa,  fantastica,  criminale?». Ci vorranno tre mesi perché giunga la sola risposta  possibile.  Le certezze del  Giornale  sembrano però vacillare, e il 1° settembre sul quotidiano  sparisce la 'nota' mentre viene esibito  a tutta prima pagina – senza  spazio per le controdeduzioni di Boffo – il «certificato  generale del  casellario giudiziale». Su  Avvenire  viene chiarita la verità, e la tempestiva verifica del Gip di Terni  («non c’è assolutamente alcuna nota che riguardi  inclinazioni  sessuali» nel fascicolo giudiziario dichiara il magistrato, confermando   quanto anticipato dal ministro degli  Interni Maroni) rafforza quel  che Boffo va dimostrando. Il giudice confermerà poi che non ci sono  state intercettazioni telefoniche  né processo, e dunque nemmeno  un patteggiamento, così come non si  deve parlare di condanna ma solo di decreto  penale che dispone  un’ammenda (una «bagattella e non uno scandalo», riconoscerà  dopo mesi  lo stesso Feltri).  Si arriva così al 3 settembre, quando  Avvenire  smaschera in modo definitivo le «dieci falsità» con una  ricostruzione tuttora  reperibile su www.avvenire.it.Tra  l’altro,  si dimostra che Boffo non ha mai avuto  relazioni  omosessuali e che mai è stato  'attenzionato' dalla Polizia. Niente di  niente. Ma lo stesso giorno il direttore di  Avvenire  decide di dimettersi, e lo fa con una lettera che resta una pagina  memorabile  di dignità e di giornalismo libero, vergata da un  «direttore galantuomo» che chiede solo di sapere – scrive – perché gli  «è stato riservato questo inaudito trattamento  »: «In questo gesto, in  sé mitissimo – spiega Boffo – è compreso un grido alto,  non importa  quanto squassante, di ribellione:  ora basta. (...) Bisognerebbe che  noi giornalisti ci dessimo un po’ meno arie  e imparassimo a essere un  po’ più veri  secondo una misura meno meschina dell’umano».  Solo  molto più tardi, 99 giorni dopo aver lanciato le accuse, Vittorio Feltri  ingrana definitivamente la retromarcia, esprimendo  a Dino Boffo  persino «ammirazione  » dopo averlo ingiustamente attaccato  per  giorni. «La ricostruzione dei fatti  descritti nella nota, oggi posso  dire – sono  parole di Feltri il 4 dicembre 2009 – non corrisponde al  contenuto degli atti processuali  ».  Il resto è cronaca più recente, con il riaccendersi  di nuove  polemiche, interviste e successive precisazioni, detti e contraddetti   su contrasti all’interno della Chiesa che sarebbero stati all’origine  del caso Feltri  e delle false accuse a Boffo. Fino a provocare   addirittura una nota di dettagliata smentita da parte della segreteria  di Stato  vaticana. 
 
 
 
 
 
 
 Feltri sospeso sei mesi per le menzogne su  Boffo L’Ordine regionale:  non solo violati l’onore e la dignità del collega ma compromesso anche  il rapporto di fiducia tra stampa e lettori
  |    DA M ILANO D AVIDE  RE L’  Ordine dei giornalisti della Lombardia  (5 voti contro tre) ha  sanzionato  il direttore del  Giornale  Vittorio Feltri  per le false accuse a Dino Boffo. Sei mesi di  sospensione per quanto scritto sul quotidiano  della famiglia Berlusconi,  la scorsa estate, contro l’ex direttore di  Avvenire..  Perché, si legge  nel dispositivo dell’Ordine  dei giornalisti «ha  pubblicato una serie  di articoli in cui ha attribuito  falsamente al  tribunale di Terni informazioni  non vere relative  al collega Dino  Boffo violando gli articoli 2 e 48 della legge istitutiva dell’Ordine e  la n.69 del 1963 e la carta dei doveri  del giornalista che prevede la  pubblicazione  di notizie vere e verificate,  il dovere  dell’attendibilità  della fonte e la rettifica tempestiva  in caso di notizie pubblicate  inesatte». In pratica, «il comportamento di Vittorio Feltri ha violato  non solo la dignità e l’onore del collega  Boffo, ma anche compromesso  il rappor-  to di fiducia tra stampa e lettori».  L’Ordine dei giornalisti  della Lombardia, oltre all’attacco a Boffo discusso qualche giorno fa,  ha trattato anche altre due vicende, che hanno  visto ancora come  protagonista il direttore  del  Giornale.  Feltri è stato assolto, a riguardo  di un pezzo pubblicato sul  presidente della  Camera Gianfranco Fini, poiché «ha agito nell’ambito  del diritto di cronaca e di critica». Nel pezzo uscito sul  Giornale  infatti si faceva riferimento a presunte inchieste che avrebbero   coinvolto lo stesso presidente della Camera,  ex segretario e  parlamentare di Alleanza  nazionale, vicende contenute in alcuni  dossier,  ma i consiglieri dell’Ordine hanno ritenuto  l’azione di  Feltri del tutto legittima.  In relazione al caso Farina (ex  vicedirettore di  Libero  ) l’Ordine lombardo ha comminato la sospensione di 2 mesi allo stesso  Feltri «per aver  consentito, fermo restando il diritto sancito   dall’articolo 21 della Costituzione, nella sua qualità di direttore  responsabile prima di  Libero  e poi del  Giornale,  la pubblicazione di circa 270 articoli a Renato Farina, ex giornalista   radiato dall’Ordine» a causa della sua collaborazione  con i servizi  segreti. Così «consentendo  a Farina di eludere gli effetti del  provvedimento   inflittogli  dallo stesso Ordine professionale   ». In  questo  modo, si legge nel dispositivo,   «Feltri ha sostanzialmente    vanificato  e delegittimato apertamente   la funzione disciplinare    dell’Ordine  violando così gli articoli  2 e 48 della legge numero   69 del 1963». Il consiglio  dei giornalisti della  Lombardia ha  tuttavia  «inteso la sospensione di  2 mesi relativa al procedimento    Farina assorbita  dalla maggior sanzione  (procedimento Boffo)   comminando quindi la sospensione complessiva di 6 mesi». Le motivazioni   delle tre sentenze saranno depositate nei prossimi giorni.  Il  direttore del  Giornale,  tuttavia, potrà continuare  per il momento ad espletare le sue  funzioni.   La sospensione non sarà esecutiva fino al decorso del termine di  impugnazione (30 giorni), davanti al secondo grado di giudizio, cioè il  Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti  (che è un ente di  diritto pubblico), come  prevede l’articolo 60 della legge  professionale.  «È una sentenza ingiusta e sbagliata – ha detto  Gabriele Fava, l’avvocato del direttore  del  Giornale  –. Faremo ricorso non appena  saranno rese note le motivazioni».   Soddisfatti, invece, i promotori del ricorso all’Ordine  dei  giornalisti, la 'Società Pannunzio  per la libertà d’informazione':  «L’Ordine ha riconosciuto che Feltri nella sua campagna  contro Boffo  non solo ha diffamato una persona, ma soprattutto ha leso il diritto dei  lettori a non essere turlupinati con un’informazione  falsa». Da  notare, infine, come nella giornata di ieri il sito internet de il  Giornale  riportava  la notizia in maniera distorta rispetto  a quanto  comunicato dall’Ordine dei giornalisti,  come se la sanzione principale  riguardasse  il caso Farina e non invece gli attacchi  a Boffo. 
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  Francesco Ognibene    |