Si chiama “Model Code of Pastoral Conduct”,
è scaricabile dal sito www.virtus.
org ed è utilizzato da almeno ottanta
diocesi degli Stati Uniti, da Brooklyn, New
York a Sioux City, Iowa, passando per Dallas,
El Paso, Philadelphia, Palm Beach e
San José. Si tratta di tredici pagine di standard
di condotta da adottare per la prevenzione
e l’individuazione di casi di molestie
o abusi sessuali all’interno della
chiesa e delle sue strutture, dalle parrocchie
alle comunità religiose agli istituti alle
scuole ed è diretto esplicitamente a preti,
diaconi, ministri pastorali, amministratori,
impiegati e volontari. Si parte da un
presupposto di responsabilità: “La condotta
pubblica e privata del clero può ispirare
e motivare le persone, ma allo stesso
modo può scandalizzare e mettere a repentaglio
la loro fede”, che tuttavia rimane
individuale, così come l’applicazione
del codice in questione. Siccome il codice
punta alla prevenzione, l’elenco delle regole
di condotta è costruito con cura per
evitare che si crei qualsiasi situazione che
possa essere fraintesa, indurre in tentazione
o condurre all’abuso. Si dovrebbe perciò
evitare “qualsiasi genere di contatto fisico
(toccarsi, abbracciarsi, stare vicini)”,
“incontri in locali privati o che possano suscitare
confusione circa la natura dell’incontro
stesso”; si dovrà adottare una condotta
specifica con i giovani e i minori, cui
è dedicato un capitolo apposito, che per
nessun motivo – tranne in casi di assoluta
emergenza che andranno comunque affrontati
in collettivo – dovranno, ad esempio,
passare la notte dove la trascorre l’esponente
del clero che ha rapporti con loro,
non solo se si tratta della parrocchia,
ma anche in alberghi, case private “o qualsiasi
altro luogo ove non vi sia la supervisione
di un adulto”. Non solo nel codice
sono contenuti i nomi delle persone cui rivolgersi
in caso di condotta sessuale impropria
nei confronti di un minore, ma anche
quali comportamenti possono essere
considerati molesti, dai più gravi come l’abuso
fisico o il plagio, ai più “lievi” come
la battuta a sfondo sessuale o l’esposizione
di materiale considerato offensivo.
Il codice, “che potete personalizzare, come
tutti gli altri documenti Virtus, inserendo
negli appositi spazi il nome della
vostra diocesi, parrocchia, comunità religiosa,
istituto o organizzazione e con quello
dell’Ufficio o dell’impiegato responsabile”,
è la diretta emanazione dell’operazione
“Restoring Trust”, messa in atto dalla
conferenza americana dei vescovi cattolici
dopo il vertiginoso aumento delle denunce
di abusi sessuali da parte del clero
tra la fine degli anni Novanta e i primi anni
Duemila. Ma l’attività di Virtus comincia
ben prima. Si tratta infatti di un vero e
proprio programma antipedofilia, noto negli
States come “Protecting God’s Children”,
creato dalla National Catholic Risk
Retention Group – in particolare da Monsignor
Kevin McCoy e dal reverendo
Edward J. Arsenault – più di dieci anni fa
per una “risposta proattiva all’abuso di
minori” nella chiesa cattolica in cinque
passi: imparare a riconoscere i segnali di
abuso potenziale, controllare l’accesso ai
minori da parte del clero, monitorare i
programmi dedicati ai piccoli, essere consapevoli
dei comportamenti dei minori,
comunicare le situazioni preoccupanti. Il
metodo consiste nell’educare insegnanti,
genitori e adulti coinvolti con minori, con
sessioni di gruppo con trainer formati o
costituiti dagli esperti a marchio Virtus –
psicologi, psichiatri, pediatri, preti esperti
in pubbliche relazioni e sindromi posttraumatiche
– a controllare, prevenire e
confrontarsi con quelli che chiama i
“quattro miti” della pedofilia, ovvero che
i colpevoli siano pregiudizialmente stranieri
o omosessuali, che i bambini mentano
a proposito degli abusi e che il voto del
celibato incrementi il desiderio sessuale
verso minori. Il tono di ogni precetto è sterilizzato
quanto basta perché chi viene
coinvolto possa sentirsi in missione per
conto di Dio senza dover pensare troppo
alle conseguenze, al dolore, ai sensi di colpa,
alla fede, allo Spirito. Se le parole dei
trainer non bastano, ci sono i video, con le
testimonianze delle vittime e dei colpevoli
e i fogli di lavoro, su cui annotare progressi
e impressioni, che verranno valutati
dallo staff Virtus. La formazione si può
fare anche on line: si parte con un video di
presentazione di undici minuti e poi si decide.
E se qualche passaggio non convince,
si può sempre chiamare il numero verde.
Stefania Vitulli
Il Foglio 17 marzo 2010