Benedetto, e non poteva essere diversamente, ha fatto la sua parte di custode del gregge con l’intelligenza sensibile che le persone non prevenute gli riconoscono, mettendo in rilievo la necessità di risarcire le vittime degli abusi di quanto non è umanamente risarcibile, e dunque spostando per quanto possibile sul terreno dello spirito dannazioni che nascono nel campo di battaglia della carne. Un gesto di intonazione monacale, davvero benedettino.
Da subito, la lettera è stata criticata con asprezza dai soggetti che nel mondo nutrono la campagna anticattolica e alimentano la sua risonanza mediatica, con lo scopo di modificare nel profondo la natura speciale della chiesa cattolica, secolarizzandola a forza, democratizzandola, assoggettandola mediante assedio culturale e civile a protocolli ad essa estranei, e naturalmente demonizzando la sua vita vera e intera, deformando e sfigurando il suo volto umanodivino (che è poi Cristo), svalutando miserevolmente il tesoro di virtù, di eroismi e santità di cui la chiesa cattolica, insieme con molte altre denominazioni cristiane, è testimone ai quattro angoli del mondo.
Non ho mai letto, per converso, un documento autorevole così raggiante di ispirazione etica, così rigoroso e autentico, con il quale il secolo e le sue istituzioni abbiano mai connotato, assumendosene pienamente le responsabilità, le immense pene inferte all’umanità dal processo della storia e della cultura e della spiritualità che ha rifiutato Cristo, il trascendente, la chiesa stessa. Altro che la pedofilia di alcuni preti. Il Novecento è stato il secolo del Gulag e della Shoah, ma nessuna confessione pubblica, nessuna proclamazione di vergogna, nessuna ostentazione umile di rimorso, nessuna analisi spiritualmente impegnativa è davvero stata prodotta, e nemmeno tentata, dai guardiani della storia, dalle forze che hanno ingaggiato la brutale corsa atea e profana dei tempi moderni. Una corsa che, adesso, vuole tagliare il traguardo della punizione finale della chiesa per le colpe di alcuni sui figli. E vuol farlo piena di buona coscienza e di lurida voluttà. Che laica vergogna, è il caso di dire.
© Copyright Il Foglio 21 marzo 2010