La difesa del valore «non negoziabile» del matrimonio inteso esclusivamente come unione tra un uomo e una donna, non è questione che riguardi solo la società e la Chiesa in Italia o nel mondo occidentale. Per capirlo basta leggere il documento rilasciato martedì dai vescovi argentini al termine della loro 99esima Assemblea plenaria, titolato emblematicamente “Sul bene inalterabile del matrimonio e della famiglia”.
La presa di posizione chiara e forte dei presuli guidati dal cardinale di Buenos Aires Jorge Mario Bergoglio, cerca di contrastare il cammino parlamentare di disegni di legge di modifica del codice civile che prevedono il “matrimonio” tra persone dello stesso sesso e persino la possibilità per queste coppie di adottare bambini. E si contrappone anche alla decisione presa da un paio di giudici, e poi annullata da altri magistrati, di permettere due “matrimoni” omosessuali celebrati a fine dicembre in Terra del Fuoco e lo scorso 9 aprile (tra due donne di 67 anni) a Buenos Aires. Il matrimonio – ribadiscono i presuli argentini – «non costituisce una mera unione tra persone qualsiasi, ma ha caratteristiche proprie e irrinunciabili» che rendono tale istituto «il fondamento della famiglia e della società». «Così – proseguono – è riconosciuto nelle grandi culture del mondo. Così è riconosciuto dai trattati internazionali recepiti dalla nostra Costituzione. Così è stato sempre compreso dal nostro popolo».
«È compito delle istituzioni pubbliche – sottolineano i vescovi – tutelare l’istituto del matrimonio tra un uomo e una donna attraverso la protezione delle disposizioni legislative che devono poter assicurare e promuovere il suo insostituibile ruolo e contributo per il bene comune della società». Ammoniscono ancora i presuli: «Se si concedesse un riconoscimento legale alle unioni tra persone dello stesso sesso, o si ponessero su un piano giuridico analogo a quello del matrimonio e della famiglia, lo Stato agirebbe in modo erroneo e si porrebbe in contraddizione con i suoi doveri in quanto altererebbe i principi del diritto naturale e l’ordinamento pubblico della società argentina».
I vescovi affermano che la «differenza non è sinonimo di discriminazione», in quanto «la natura non fa discriminazioni quando ci fa maschio o femmina». Così pure «il nostro codice civile non discrimina quando richiede la condizione di essere maschio e femmina per il matrimonio, riconosce solo una realtà naturale». Le situazioni giuridiche di reciproco interesse tra persone dello stesso sesso – evidenziano i presuli – possono essere «sufficientemente tutelate dal diritto comune».
I vescovi guidati dal cardinale Bergoglio fanno presente che «l’unione di persone dello stesso sesso manca di elementi biologici e antropologici del matrimonio e della famiglia». «È assente – ribadiscono – la dimensione coniugale e di apertura alla trasmissione della vita. Al contrario, il matrimonio e la famiglia che si fonda in esso, è il focolare delle nuove generazioni di uomini. Fin dal loro concepimento, i bambini hanno il diritto inalienabile di sviluppare all’interno delle loro madri e di nascere e crescere nell’alveo naturale del matrimonio. Nella vita familiare e nel rapporto con padre e madre, i bambini scoprono la propria identità, si formano nella personalità e raggiungono l’autonomia personale». «Constatare una differenza reale – spiegano infine – non è discriminare». Ed in base a questi ragionamenti rivolgono un appello «alla coscienza dei legislatori affinché, nel decidere una questione di tale gravità, tengano conto di queste verità fondamentali, per il bene del Paese e delle generazioni future».
La presa di posizione chiara e forte dei presuli guidati dal cardinale di Buenos Aires Jorge Mario Bergoglio, cerca di contrastare il cammino parlamentare di disegni di legge di modifica del codice civile che prevedono il “matrimonio” tra persone dello stesso sesso e persino la possibilità per queste coppie di adottare bambini. E si contrappone anche alla decisione presa da un paio di giudici, e poi annullata da altri magistrati, di permettere due “matrimoni” omosessuali celebrati a fine dicembre in Terra del Fuoco e lo scorso 9 aprile (tra due donne di 67 anni) a Buenos Aires. Il matrimonio – ribadiscono i presuli argentini – «non costituisce una mera unione tra persone qualsiasi, ma ha caratteristiche proprie e irrinunciabili» che rendono tale istituto «il fondamento della famiglia e della società». «Così – proseguono – è riconosciuto nelle grandi culture del mondo. Così è riconosciuto dai trattati internazionali recepiti dalla nostra Costituzione. Così è stato sempre compreso dal nostro popolo».
«È compito delle istituzioni pubbliche – sottolineano i vescovi – tutelare l’istituto del matrimonio tra un uomo e una donna attraverso la protezione delle disposizioni legislative che devono poter assicurare e promuovere il suo insostituibile ruolo e contributo per il bene comune della società». Ammoniscono ancora i presuli: «Se si concedesse un riconoscimento legale alle unioni tra persone dello stesso sesso, o si ponessero su un piano giuridico analogo a quello del matrimonio e della famiglia, lo Stato agirebbe in modo erroneo e si porrebbe in contraddizione con i suoi doveri in quanto altererebbe i principi del diritto naturale e l’ordinamento pubblico della società argentina».
I vescovi affermano che la «differenza non è sinonimo di discriminazione», in quanto «la natura non fa discriminazioni quando ci fa maschio o femmina». Così pure «il nostro codice civile non discrimina quando richiede la condizione di essere maschio e femmina per il matrimonio, riconosce solo una realtà naturale». Le situazioni giuridiche di reciproco interesse tra persone dello stesso sesso – evidenziano i presuli – possono essere «sufficientemente tutelate dal diritto comune».
I vescovi guidati dal cardinale Bergoglio fanno presente che «l’unione di persone dello stesso sesso manca di elementi biologici e antropologici del matrimonio e della famiglia». «È assente – ribadiscono – la dimensione coniugale e di apertura alla trasmissione della vita. Al contrario, il matrimonio e la famiglia che si fonda in esso, è il focolare delle nuove generazioni di uomini. Fin dal loro concepimento, i bambini hanno il diritto inalienabile di sviluppare all’interno delle loro madri e di nascere e crescere nell’alveo naturale del matrimonio. Nella vita familiare e nel rapporto con padre e madre, i bambini scoprono la propria identità, si formano nella personalità e raggiungono l’autonomia personale». «Constatare una differenza reale – spiegano infine – non è discriminare». Ed in base a questi ragionamenti rivolgono un appello «alla coscienza dei legislatori affinché, nel decidere una questione di tale gravità, tengano conto di queste verità fondamentali, per il bene del Paese e delle generazioni future».
Gianni Cardinale
© Copyright Avvenire 22 aprile 2010
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