DISCERNERE

Uno sguardo profetico sugli eventi

Malta. L’isola che mostra ancora i segni di san Paolo

DI E GIDIO P ICUCCI
M
alta è un arcipelago com­posto di tre isole grandi, Malta, Gozo, Comino e da alcune minori. Eppure si dice che abbia più siti archeologici che spiagge.
Tra questi, importante è la Grot­ta di san Paolo, che si trova nei pressi di Mdina, la
città silenzio­sa .
In un’antica stampa si legge che « l’Apostolo coi compagni, scampato dal naufragio, dopo a­ver preso terra a Ghajn Razzul ( Fonte dell’Apostolo), si recò a Wardia ( Vedetta), ove per tre gior­ni si valse della generosità del Principe dell’isola. Venuto quin­di nella città di Melite, oggi Mdi­na, nel Palazzo di Pubblio, data la sanità del padre di lui e degli altri ammalati, battezzò il Principe in­sieme colla sua famiglia, il Cen­turione coi soldati e l’equipaggio della nave con moltissimi Malte­si. Divenuto perciò suo principal ministero l’istruire, il conferma­re nella fede, l’amministrare i di­vini sacramenti e il conferire coi catecumeni, gli bisognò un luogo a ciò destinato. Questo si fu la Grotta che consacrò a Dio facen­dola
Oratorio » . In poche parole redatte con lo sti­le del tempo e con una certa esa­gerazione, l’autore descrive quan­to avvenne sul finire degli anni 60 dopo Cristo sulle spiagge del pic­colo arcipelago. Una nave fru­mentaria proveniente da Cesarea Marittima e diretta a Roma nau­fragò nel Mediterraneo durante la quattordicesima notte di viag­gio.
A bordo c’erano 276 persone, tra cui anche Paolo di Tarso, condot­to a Roma perché, durante uno dei tanti processi a suo carico, si era appellato all’imperatore. Af­fidato al centurione Giulio, egli e­ra accompagnato da due disce­poli: Aristarco di Tessalonica e Lu­ca di Antiochia, l’autore del terzo Vangelo e degli Atti degli Aposto­li. È lui che racconta il disastroso naufragio dovuto all’imprudenza di un armatore più interessato al guadagno che ai passeggeri. Egli sciolse le vele nel periodo del ma­re
chiuso,
cioè quando le navi do­vevano restare nei porti ( novem­bre- marzo) e si espose a un ine­vitabile fallimento.
Paolo aveva mostrato più volte il desiderio di incontrare la comu­nità di Roma ma, fedele alla scel­ta di non intromettersi nelle zo­ne evangelizzate da altri, aveva atteso che essa aumentasse con elementi venuti dal paganesimo. Mai aveva pensato che avrebbe potuto farlo non da uomo libero, ma con le mani strette dalle cate­ne.
Nessun naufrago conosceva Mal­ta, ma l’impatto fu amichevole. «Gli abitanti ci trattarono con cor­tesia – scrive san Luca – accesero un gran fuoco per asciugarci le ossa bagnate e ristorarci dal fred­do. Anche Paolo raccolse una bracciata di rami secchi e, men­tre li buttava sul fuoco, svegliata dal calore, ne sbucò fuori una vi­pera che gli si attaccò a una ma­no. Gli isolani, vedendo la bestia penzolargli dal polso, pensava­no:' Costui dev’essere un poco di buono se, appena scampato dal naufragio, la giustizia divina non gli permette di vivere'. Ma Paolo scosse la mano, e la bestia finì sul fuoco, senza che lui ne avesse a­vuto il minimo danno. Visto che non gli accadeva nulla, cambia­rono opinione e dissero:' Costui deve essere un dio' » .
Grazie alla conoscenza dell’e­braico, Paolo riuscì a farsi capire dalla gente che parlava il puni­co,
una lingua che, secondo sant’Agostino, aveva molte at­tinenze con l’a­ramaico.
Il primo con cui l’Apostolo trattò fu Publio, delegato del pretore che si trovava in Sicilia, chiamato il
primo dei maltesi ,
che lo ospitò in casa e ne ottenne la guarigio­ne del padre. Ad essa, secondo quanto racconta Luca nei pochi versetti in cui condensa il sog­giorno di tre mesi nell’isola, se­guirono altri miracoli che spinse­ro la gente a « colmare di onori » gli ospiti eccezionali.
Malta è piena di ricordi paolini: oltre la grotta, frequentata non solo come luogo d’interesse sto­rico e archeologico, ma anche co­me centro di preghiera in cui i sa­cerdoti che accompagnano i pel­legrini possono celebrare la
Mes­sa del Naufragio di san Paolo,
conserva varie chiese a lui dedi­cate ( famosa la cattedrale di M­dina), catacombe che portano il suo nome e celebra addirittura la festa del
naufragio di Paolo , che ricorre il 10 febbraio. I maltesi considerano Paolo il loro padre spirituale e il suo naufragio il maggior evento della storia na­zionale. Per questo affollano la processione del 10 febbraio; at­tribuiscono a Paolo il privilegio di aver liberato l’isola dalle vipe­re; vanno pelle­grini alla Colle­giata, una delle più importanti di Malta; venerano con ammirevole devozione le reliquie donate loro da Pio VIII: un osso del polso de­stro dell’Apostolo e parte della pietra sulla quale egli fu decapi­tato a Roma. Nessuna meraviglia, allora, se Malta è una felice oasi del cattolicesimo e, in proporzio­ne agli abitanti, una delle nazio­ni col maggior numero di voca­zioni religiose- sacerdotali.
Qui l’Apostolo durante un viaggio in nave verso Roma fece naufragio e visse in una Grotta che porta ancora il suo nome




© Copyright Avvenire 14 aprile 2010