LUIGI GENINAZZI
C’ è una Russia che giorno dopo giorno accresce il suo prestigio e la sua influenza sulla base di un imperialismo energetico senza confini, dall’Unione Europea all’America Latina. È l’immagine di nuova superpotenza che è stata rilanciata anche in questi ultimi giorni, nel corso del vertice informale tra i premier Putin e Berlusconi svoltosi all’insegna di megaprogetti e di contratti miliardari. Ma c’è un’altra Russia che solitamente non fa notizia e contraddice in modo clamoroso alle ambizioni e ai sogni di grandezza dei dirigenti moscoviti. Ricca di risorse naturali la Federazione russa manca drammaticamente di risorse umane. È una debolezza strutturale che colpisce al cuore questo grande Paese, gigante dai piedi d’argilla.
Se si vanno a leggere le statistiche su famiglia, natalità e condizioni dell’infanzia si ha l’impressione di veri e propri bollettini di guerra. La struttura familiare già in forte crisi, anche se mascherata, nel periodo sovietico, si è letteralmente disintegrata negli anni della caotica transizione al capitalismo, segnando il boom di divorzi e aborti e il crollo esponenziale della natalità. Dei 150 milioni di abitanti censiti nel 1991 si è passati a 142 milioni nel 2008.
Il governo ha cercato, tardivamente, di correre ai ripari aumentando i sussidi familiari e raddoppiando il bonus per il secondo figlio fino a 300 mila rubli (oltre 7 mila euro). In questo modo nel 2009, per la prima volta dalla fine dell’Unione Sovietica, il tasso di natalità ha superato quello di mortalità (un incremento dovuto soprattutto alle famiglie degli immigrati). Ma le previsioni continuano a essere negative, anche perché la speranza di vita in Russia è allo stesso livello del Bangladesh (61 anni per i maschi). Ai ritmi attuali, si calcola che nel 2025 la Federazione Russa scenderà a 130 milioni d’abitanti e toccherà quota 100 milioni nel 2050.
Ma c’è qualcosa che è ancor più grave della catastrofe demografica ed è la disastrosa condizione dell’infanzia. Secondo quanto ha dichiarato alla Duma il capo della commissione parlamentare per la famiglia, in Russia ci sono più 'orfani' oggi che non durante la Seconda Guerra Mondiale. In realtà si tratta, per la maggior parte, di bambini abbandonati e lasciati al loro destino. Spesso abbandonati due volte: prima dai genitori biologici e poi da quelli adottivi. Un tempo c’erano gli 'Internat', i famigerati istituti sovietici dove venivano rinchiusi gli orfani e i ragazzi sbandati. Si trattava di orribili lager per l’infanzia che, giustamente, vennero chiusi all’inizio degli anni Novanta. Ma nella Russia dominata dal capitalismo selvaggio nessuno si preoccupò della loro sorte. Rigettati o in fuga dalle famiglie migliaia di bambini sono sprofondati nel girone infernale di droga, prostituzione, furti e omicidi, spesso comprati e usati dalla mafia.
Cose ormai note, si dirà. Ma il reportage che pubblichiamo a pagina 6 ci dice che in vent’anni le cose sostanzialmente non sono cambiate. E questa è certamente una notizia. Una bruttissima notizia, come quella che è stata data dal commissario di Mosca per i diritti dell’infanzia, Pavel Astakhov, secondo cui, solo l’anno scorso, in Russia oltre 100 mila bambini sono stati vittime di sorprusi, violenze e abusi sessuali. «Aituare e rivalutare la famiglia» è la nuova parola d’ordine del Cremlino che ha messo a punto un piano per il rilancio demografico della Russia. Meglio tardi che mai.
© Copyright Avvenire 30 aprile 2010