DISCERNERE

Uno sguardo profetico sugli eventi

La Cina vicina E’ il comunismo ad avere facilitato l’evangelizzazione dell’estremo oriente. Così

Si parlava, la volta scorsa, di Matteo
Ricci e di Martino Martini, i
missionari che sono riusciti ad aprire le
porte della Cina alla cultura e alla
scienza europea. Mentre questi due
gesuiti vengono accolti dai cinesi con
immensa ammirazione, e assumono essi
stessi il più possibile gli usi e costumi
degli ospitanti, senza però ottenere
numerose conversioni al cristianesimo, in
Giappone le cose sembrano andare
ancora meglio. Sotto la direzione di un
altro gesuita, padre Valignani, infatti,
moltissimi giapponesi si fanno battezzare
e in circa trent’anni sorgono ben trecento
chiese. All’inizio del XVII secolo i
cristiani giapponesi sono circa
duecentomila. Ma il trionfo dura poco,
perché qui, come in Cina, tutto dipende
da chi governa: basta un sovrano
dispotico perché le persecuzioni si
scatenino. Tanto più se inglesi ed
olandesi, come avviene in qualche
occasione, fanno credere allo shogun che
i missionari cattolici sono l’avanguardia
di una spedizione spagnola e portoghese.
Nel 1587, a Nagasaki, vengono condannati
e crocefissi 26 cristiani, giapponesi e non.
Dieci anni dopo le crocefissioni saranno
36; poi altre 68 nel 1618, 88 nel 1619, 30 nel
1622… Solo nel 1889 i cristiani giapponesi
inizieranno a essere lasciati in pace. Ma
torniamo in Cina. Dopo gli splendori di
Ricci e Martini, le conversioni stentano a
decollare e i periodi di tolleranza si
alternano alle persecuzioni. Nel 1757 un
vescovo domenicano viene decapitato e
quattro sacerdoti strangolati. Inizia un
periodo di clandestinità durante il quale
non mancano gli eroi, come padre Jean
Gabriel Perboyre: incarcerato, appeso a
una trave per i pollici, tenuto in ginocchio
su catene di ferro per ore. Poi viene
legato a un patibolo a forma di croce,
strangolato e preso a calci nel ventre.
Muore l’11 settembre 1840. I missionari
che vanno in Cina, i cinesi che si
convertono, sanno cosa rischiano.
Rischiano per la loro fede e per la
proverbiale chiusura cinese a ciò che non
è indigeno; rischiano perché altri europei
concepiscono i rapporti con la Cina solo
in nome degli interessi economici, anche
dei più turpi. Alla metà dell’Ottocento gli
inglesi invadono il paese con l’oppio:
l’imperatore reagisce e l’Inghilterra
attacca. Per i cinesi i missionari sono
europei come gli altri. E ne pagano le
colpe, sulla loro pelle. Mentre
costruiscono scuole, chiese e orfanotrofi,
per rimediare al disprezzo dei cinesi
verso i bambini, i missionari vengono
accusati di ogni nefandezza. Nel 1870 i
membri di una setta attaccano l’opera
della Santa Infanzia “affermando che non
avrebbe altro scopo che raccogliere
orfani per prenderne il sangue, di cui si
nutrono i cristiani: strano modo di
interpretare ‘questo è il mio sangue’ della
consacrazione eucaristica”. All’inizio del
XX secolo, con la rivolta dei Boxer, i
cristiani finiscono nuovamente nel
mirino: circa 30.000 vengono uccisi, in
mezzo a crudeli torture. Alcuni vengono
appesi a degli strani cavalletti: il collo
viene serrato tra due mezze tavole con un
foro in mezzo. Si muore così, tra atroci
dolori e senso di soffocamento, dopo
giorni e giorni. Tra questi martiri c’è
Alberico Crescitelli, un missionario che
gestisce orfanatrofi con centinaia di
bambini, e, soprattutto, bambine: verrà
ucciso il 21 luglio 1900, dopo indicibili
torture, decapitato con una lama di un
attrezzo agricolo, poi fatto a pezzi e
gettato in un fiume. Nel 1912 in Cina
l’Impero crolla e nasce la Repubblica. Ma
i cristiani continueranno a subire qua e
là le angherie di bande di giapponesi, di
comunisti e di briganti vari.
L’arrivo di Mao
Ciononostante, alla vigilia della
Seconda guerra mondiale i cattolici
gestiscono 700 ambulatori, 250 orfanotrofi
e oltre 200 ospedali. Nel 1949, con la salita
al potere di Mao, la tradizionale
xenofobia cinese, unita alla filosofia
materialista, rendono di nuovo arduo
professare la propria fede. I missionari
vengono accusati di ammassare armi per
il nemico; di aiutare i bambini per
approfittarne, o addirittura per ucciderli;
di intendersela di nascosto con donne
cinesi. Insieme ai libri, ai caffè, ai teatri,
ai cinema, anche la religione “straniera”
viene perseguitata. C’è, a parole, libertà
religiosa, ma con una precisazione: “I
beni e le attività religiose non sono
soggette ad alcuna dominazione
straniera”. Il “dominatore straniero”, è,
naturalmente, il Papa di Roma. Mao dà
vita a una feroce persecuzione dei
credenti. Ma l’effetto è momentaneo: tanti
anni di materialismo, sembrano aprire le
porte a una esplosione di conversioni.
Paradossalmente il comunismo,
distruggendo anche le vecchie tradizioni
cinesi, ha cancellato antichi ostacoli alla
conversione dei cinesi, in particolare il
tradizionale culto degli antenati, e ha
reso molto più appetibile una opzione
opposta a quella materialista. L’odio
verso l’occidente, su cui il regime ha
sempre raccontato immense bugie, lascia
lo spazio, in molti, all’interesse verso il
Vecchio mondo e la sua civiltà. Un intero
popolo crocifisso nei Laogai guarda al
Crocefisso di Cristo senza l’ostilità e
l’incomprensione dei suoi padri. Così,
nonostante la repressione, fisica e
culturale, continui, nella sola Pechino,
alla Veglia pasquale del 2007, sono stati
battezzati 1.000 cinesi adulti. Il sangue dei
martiri cinesi, sparso nei secoli, sta
divenendo seme di tanti nuovi cristiani.

Francesco Agnoli

© Copyright Il Foglio 13 maggio 2010