Secondo questo articolo, il punto di riferimento essenziale è lo studio del John Jay College of Criminal Justice, commissionato dalla Conferenza Episcopale Usa e pubblicato nel 2004: due anni dopo l’esplodere dello scandalo, che mostrerebbe come “c’è una grossa differenza tra la realtà e il dibattito”. Le cifre indicavano infatti che il 4 per cento dei sacerdoti statunitensi erano stati accusati di aver abusato di minori negli anni compresi tra il 1950 e il 2002, e il 75 per cento dei casi si riferivano al periodo 1960-1984. Altri studi sono stati fatti sulla Germania, dove 150 sacerdoti sono stati accusati di abusi dopo il 1990. In Irlanda è invece il rapporto Ryan del 2009 a riportare un migliaio di testimonianze. A livello mondiale, tra 2001 e 2010 il Vaticano ha esaminato accuse di abusi riferite a circa 3000 sacerdoti per un arco di cinquant’anni. Una proporzione da riferire agli oltre 400.000 sacerdoti presenti in tutto il mondo.
Nel 2004 non c’erano altri analoghi studi su altri segmenti di popolazione degli Stati Uniti, e solo ora ne sta venendo realizzato uno sui Boy Scout. Ma gli autori della ricerca convenivano di inserire il problema nel più ampio contesto degli abusi sui minori, che è un problema rlevante anche fuori della chiesa cattolica. L’articolo osserva che tra gli stessi cattolici è sorta la domanda “se non ci siano aspetti della vita sacerdotale cattolica a incoraggire gli abusi”. “Il celibato può in effetti essere un problema ma la gran parte degli abusi sessuali non sono commessi da celibi”, è l’obiezione di Margaret Smith: una degli autori del rapporto. “Se il 4 per cento dei sacerdoti sono coinvoli in abusi ai danni di minori, significa che per l’altro 96 per cento il celibato non ha rappresentato una spinta a fare questo tipo di abusi”. Peraltro, la Smith rifiuta anche l’ipotesi del Cardinale Bertone, sul collegamento tra pedofilia e omosessualità. “La maggior parte degli abusi a minori sono commessi da maschi eterosessuali e sposati”.
© - FOGLIO QUOTIDIANO