Sul Giornale di oggi racconto i contenuti della conferenza stampa tenuta ieri dal cardinale Levada e dall’arcivescovo Di Noia (un nota bene: il titolo dell’articolo non è corretto. Non è infatti la “prima volta” che la Chiesa cattolica apre ai preti sposati, dato che ci sono già quelli di alcune comunità orientali in comunione con Roma, ad esempio in Ucraina). Pubblico anche una breve ma significativa intervista con padre Ivan Aquilina, parroco a Sevenoaks, nel Kent, che ho conosciuto ieri tramite il blog. E’ un prete anglicano sposato, che non ha condiviso la decisione della Chiesa anglicana di aprire al sacerdozio alle donne e ora alle donne vescovo. Padre Aquilina dice: “Per chi, come me, ha famiglia, ci saranno problemi finanziari, di domicilio, di lavoro. Ma io mi sento impegnato per l’unità con il vescovo di Roma e ho sempre sperato di morire, magari come laico, ma in unione con Pietro. La nostra prima lealtà è verso Cristo, non verso la Comunione anglicana. Gesù ci ha ordinato di essere un solo corpo, e la decisione del Santo Padre mi appare come la risposta dello Spirito Santo alle nostre preghiere”.
Mi permetto ora di fare qualche commento su ciò che è accaduto in questi due giorni. Innanzitutto, mi sembra che ancora una volta qualcosa non abbia funzionato nell’organizzazione curiale: perché non si è atteso di presentare la Costituzione apostolica, cioè il testo definitivo con le condizioni per il rientro nella comunione con Roma, ma si è scelto di anticiparne i contenuti - peraltro non senza creare involontariamente qualche confusione - in attesa del documento che sarà pubblicato nei prossimi giorni? A me risulta, e l’ho scritto, che nella Costituzione sarà chiarito il carattere “transitorio” della possibilità di avere preti sposati per queste comunità: in altre parole, quelli che sono già sposati - preti e vescovi - diventeranno sacerdoti cattolici, mentre per il futuro, i seminaristi di queste comunità dovranno fare la scelta del celibato per essere ordinati. Ovviamente, sarà sempre possibile, sulla base della Costituzione - che avrà un valore universale per tutti gli anglicani desiderosi di entrare nella Chiesa cattolica pur mantenendo tutte le loro peculiarità che non contrastano con il Catechismo della Chiesa di Roma - che preti anglicani sposati si facciano cattolici mantenendo la famiglia. Ma la norma del celibato per i nuovi preti appartenenti a questi Ordinariati Personali anglo-cattolici rimarrà in vigore. Forse questo punto poteva essere chiarito meglio durante la conferenza stampa.
Veniamo a un altro punto: la questione ecumenica. Benedetto XVI aveva parlato delle fratture in seno all’anglicanesimo il 13 luglio 2008, incontrando noi giornalisti durante il volo verso Sidney. In quei giorni si sarebbe tenuta la Lambeth Conference, la riunione della Comunione anglicana: c’erano già stati i primi contatti con Roma di alcuni vescovi anglicani dissenzienti con la linea liberal. Il Papa così rispose a una domanda su questo argomento: “Il desiderio è che possano evitare nuove fratture e si trovi la soluzione nella responsabilità davanti al nostro tempo e al Vangelo. I due elementi devono andare assieme. Il cristianesimo contemporaneo deve rendere presente tutto il messaggio di Cristo e dare il proprio contributo essendo fedele a questo messaggio. Speriamo che (gli anglicani, ndr) trovino insieme la strada per rendere presente il Vangelo nel nostro tempo. Questo è il mio augurio per la Comunione anglicana“.
Benedetto XVI dunque non aveva alcuna fretta. Ma è evidente che ha dovuto rispondere alla domanda pressante di quei vescovi, preti e fedeli che non accettano le svolte epocali della Chiesa anglicana, iniziate nei primi anni Novanta con il sacerdozio femminile e continuate poi con il sacerdozio e l’episcopato di persone omosessuali conviventi e con l’episcopato femminile. Il mio amico (e maestro) Luigi Accattoli, fa osservare oggi sul Corriere della Sera che questo passaggio allegerirà la tensione interna alla Chiesa anglicana. Forse anche per questo il primate Rowan Williams ieri ha tenuto a precisare che non ci saranno contraccolpi nel dialogo ecumenico tra cattolici e anglicani. D’altra parte, perdendo il clero e i fedeli ancorati alla tradizione, la Chiesa anglicana rimarrà notevolmente impoverita. Ieri, durante la conferenza stampa, sia Levada che Di Noia hanno cercato di mandare segnali tranquillizzanti dal punto di vista ecumenico, spiegando che non erano presenti i reponsabili del dicastero per l’unità dei cristiani perché impegnati a Cipro nel dialogo con gli ortodossi. La decisione annunciata ieri segna però, a mio modesto avviso, un salto di qualità nei rapporti tra la Chiesa cattolica e le “Chiese sorelle”, ed è prematuro ipotizzarne gli sviluppi e le conseguenze. Così come bisognerà attendere per valutare come la Costituzione sarà recepita dagli episcopati cattolici, in primis quello britannico.