DISCERNERE

Uno sguardo profetico sugli eventi

Nell’America di Obama le nozze gay non si portano (quasi) più

New York. “Il fiasco delle nozze gay”, l’ha definito
la rivista web Daily Beast. La comunità omosessuale
americana si sta accorgendo che la strategia
adottata per legalizzare il matrimonio omosessuale
è fallita. Negli ultimi mesi, quattro stati tradizionalmente
liberal e di sinistra – California, New York e
New Jersey – hanno bocciato nelle assemblee legislative
locali o alle urne referendarie la parificazione
delle nozze omosessuali con quelle etero. Soltanto
il consiglio comunale del Distretto di Columbia,
cioè della città di Washington, è riuscito ad approvare
il riconoscimento delle nozze gay, aggiungendosi
a Massachusetts, Connecticut, Iowa, Vermont
e, da gennaio, al New Hampshire. Sono 31 gli
stati che hanno sottoposto a referendum le nozze
gay, e mai una volta il quesito è stato approvato. In
molti stati, però, alle coppie omosex sono riconosciuti
diritti e responsabilità uguali o simili a quelle
del matrimonio attraverso le unioni civili.
Le sconfitte sul matrimonio però ci sono e pesano
non soltanto per il risultato in sé, ma soprattutto
per la continua e costante bocciatura popolare delle
proposte. Come ha scritto la rivista web Politico,
queste sconfitte politiche ed elettorali sbriciolano
uno dei pilastri fondamentali del movimento omosessuale,
ovvero quello della certezza che l’accettazione
delle nozze gay sia, prima o poi, un fatto inevitabile.
L’impostazione era chiara: le nozze gay sono
la nuova battaglia per i diritti civili, simile a
quella contro la segregazione razziale e chi non lo
capisce si pone “dalla parte sbagliata della storia”.
I militanti omosex, malgrado le sconfitte, sono ancora
convinti che si tratti di un passaggio inevitabile,
visto che le giovani generazioni sono molto più
disposte ad accettare il matrimonio tra due persone
dello stesso sesso.
La scelta di combattere la battaglia a livello statale,
anziché federale, nasce dal fatto che nel 1996 il
Congresso ha approvato il Defense of Marriage Act,
una legge firmata da Bill Clinton che definisce il
matrimonio come l’unione tra un uomo e una donna.
Tentare di cambiare quella legge è praticamente
impossibile. La comunità gay sperava molto in
Obama e nella super maggioranza democratica, ma
l’illusione è durata poco. Il presidente tra l’altro ha
una posizione molto complicata e contraddittoria: è
contrario alla legge, ma anche alle nozze gay e, pur
senza impegnarsi, in California si è schierato contro
il referendum legalizzatore. La Corte suprema, inoltre,
tiene in serio conto i risultati elettorali ed è improbabile
che giudichi contro la sovranità popolare.
La via federale, insomma, è chiusa. L’unica strada
per il movimento gay non poteva che essere quella
statale, anche perché in America il diritto di famiglia
è materia di competenza dei singoli stati.
C’era, inoltre, un precedente favorevole a questa
strategia, quello della battaglia contro le leggi sulla
sodomia, esistenti in molti stati anche se non più
utilizzate. Le pressioni del movimento gay sono riuscite
a far cancellare dai codici penali queste tipologie
di reati. Nel 2003, la Corte suprema ha preso
atto del mutamento delle leggi a livello statale e ha
dichiarato incostituzionale la criminalizzazione della
sodomia. La strategia questa volta non ha funzionato.
Ma, come ammette anche qualche conservatore,
è soltanto una questione di tempo. (chr.ro)

Il Foglio 23 dic. 2009