DISCERNERE

Uno sguardo profetico sugli eventi

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Sex and University Il divieto a Yale di sedurre i prof. è antiletterario e non rispetta i classici del rimorchio

Vietato innamorarsi del professore, a Yale, vietato sedurre le studentesse, anche di altri corsi, anche già laureate. “Sesso, sesso! Si respirava ovunque, insieme all’azoto e all’ossigeno! Tutto il campus era sempre pronto, inumidito e lubrificato! Si ingozzava di sesso! In un arrapamento continuo!”. Tom Wolfe, in “Io sono Charlotte Simmons” (con cui ha vinto il premio per la peggiore scena di sesso dell’anno) descrive così la vita quotidiana alla prestigiosa e immaginaria Dupont University: probabilmente anche a Yale funziona così, e il divieto di incontri amorosi fra membri non dello stesso gruppo (studenti, laureati, professori, bidelli) è utile a evitare imbarazzanti disastri, ma del tutto antiletterario. Il professore di Philip Roth nell’Animale morente è abituato ad andare a letto con ogni studentessa che incontra, l’insegnante di Linguistica (però prepensionato) ne “Il prof. è sordo” di David Lodge viene sedotto da una studentessa folle che sta facendo una ricerca sui biglietti lasciati dai suicidi.

E “Vergogna” di J. M. Coetzee (premio Nobel per la Letteratura) racconta di un professore cinquantenne, divorziato, insegnante di Scienze della comunicazione, che una sera invita a casa sua un’allieva: lei poi lo denuncia per molestie, lui viene licenziato ma non si pente, si vergogna soltanto di stare diventando vecchio. In nome della parità, va detto che anche alle professoresse dei romanzi piacciono gli allievi: nella “Donna dello scandalo” di Zoë Heller, da cui il film con Cate Blanchett, un’insegnante non felicemente sposata si innamora del ragazzino (non a Yale ma alle superiori, quindi la faccenda è più grave) e la collega gelosa e segretamente lesbica (Judi Dench, cattivissima) spiffera tutto e le distrugge la vita.

Ci si iscrive all’università anche per farsi sedurre da un professore preferibilmente sposato (in modo da rispettare i classici), si diventa insegnanti anche con la speranza di esercitare un irresistibile fascino sulle studentesse e rifarsi dei rifiuti subiti da ragazzi. In “Parigi”, film di Cédric Klapisch, il professore di Storia si innamora di una bella allieva del suo corso e le manda messaggi anonimi dal cellulare, fingendosi pateticamente giovane: “Sono in facoltà con te, mi fai sbroccare”; lei risponde: “Chi cazzo sei?”, poi si lascia baciare e tutto il resto, pretende bei voti, gli riaccende per qualche attimo la vita, ballano insieme vecchi dischi e infine, come è giusto, la ragazza lo molla per un altro. Per Harrison Ford, professore abituato a trasformarsi in Indiana Jones, le studentesse dei primi banchi si scrivevano sulle palpebre “I love you” e sbattevano molto gli occhi, speranzose. Adesso che è supervietato, ci sarà ancora più gusto.

di Annalena Benini

Il Papa: il punto essenziale: conoscere, con l’aiuto della Chiesa, della Parola di Dio e degli amici, la volontà di Dio


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Quindi c’è una volontà fondamentale di Dio per noi tutti, che è identica per tutti noi. Ma la sua applicazione è diversa in ogni vita, perché Dio ha un progetto preciso con ogni uomo. San Francesco di Sales una volta ha detto: la perfezione, cioè l’essere buono, il vivere la fede e l’amore, è sostanzialmente una, ma in forme molto diverse. Molto diversa è la santità di un certosino e di un uomo politico, di uno scienziato o di un contadino, e via dicendo. E così per ogni uomo Dio ha il suo progetto e io devo trovare, nelle mie circostanze, il mio modo di vivere questa unica e comune volontà di Dio le cui grandi regole sono indicate in queste esplicazioni dell’amore. E cercare quindi anche di compiere ciò che è l’essenza dell’amore, cioè non prendere la vita per me, ma dare la vita; non "avere" la vita, ma fare della vita un dono, non cercare me stesso, ma dare agli altri. Questo è l’essenziale, e implica rinunce, cioè uscire da me stesso e non cercare me stesso. E proprio non cercando me stesso, ma dandomi per le grandi e vere cose, trovo la vera vita. Così ognuno troverà, nella sua vita, le diverse possibilità: impegnarsi nel volontariato, in una comunità di preghiera, in un movimento, nell’azione della sua parrocchia, nella propria professione. Trovare la mia vocazione e viverla in ogni posto è importante e fondamentale, sia io un grande scienziato, o un contadino. Tutto è importante agli occhi di Dio: è bello se è vissuto sino in fondo con quell’amore che realmente redime il mondo.



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Alla fine vorrei raccontare una piccola storia di santa Giuseppina Bakhita, questa piccola santa africana che in Italia ha trovato Dio e Cristo, e che mi fa sempre una grande impressione. Era suora in un convento italiano; un giorno, il Vescovo del luogo fa visita a quel monastero, vede questa piccola suora nera, della quale sembra non avesse saputo nulla e dice: "Suora cosa fa lei qui?" E Bakhita risponde: "La stessa cosa che fa lei, eccellenza". Il vescovo visibilmente irritato dice: "Ma come, suora, fa la stessa cosa come me?", "Sì, – dice la suora – ambedue vogliamo fare la volontà di Dio, non è vero?". Infine questo è il punto essenziale: conoscere, con l’aiuto della Chiesa, della Parola di Dio e degli amici, la volontà di Dio, sia nelle sue grandi linee, comuni per tutti, sia nella concretezza della mia vita personale. Così la vita diventa forse non troppo facile, ma bella e felice. Preghiamo il Signore che ci aiuti sempre a trovare la sua volontà e a seguirla con gioia.



Incontro del Papa con i giovani di Roma e del Lazio per i 25 anni delle GMG


ROMA, venerdì, 26 marzo 2010 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito il dialogo tra alcuni giovani e Benedetto XVI in occasione dell'incontro svoltosi questo giovedì in piazza San Pietro in preparazione alla Giornata Mondiale della Gioventù.





* * *

D: Padre Santo il giovane del Vangelo ha chiesto a Gesù: maestro buono cosa devo fare per avere la vita eterna? Io non so neanche cosa è la vita eterna. Non riesco ad immaginarmela, ma una cosa la so: non voglio buttare la mia vita, voglio viverla fino in fondo e non da sola. Ho paura che questo non avvenga, ho paura di pensare solo a me stessa, di sbagliare tutto e di ritrovarmi senza una meta da raggiungere, vivendo alla giornata. E’ possibile fare della mia vita qualcosa di bello e di grande?

Cari giovani,

prima di rispondere alla domanda vorrei dire grazie di cuore per tutta la vostra presenza, per questa meravigliosa testimonianza della fede, del voler vivere in comunione con Gesù, per il vostro entusiasmo nel seguire Gesù e vivere bene. Grazie!

Ed ora la domanda. Lei ci ha detto che non sa cosa sia la vita eterna e non sa immaginarsela. Nessuno di noi è in grado di immaginare la vita eterna, perché è fuori della nostra esperienza. Tuttavia, possiamo cominciare a comprendere che cosa sia la vita eterna, e penso che lei, con la sua domanda, ci abbia dato una descrizione dell’essenziale della vita eterna, cioè della vera vita: non buttare via la vita, viverla in profondità, non vivere per se stessi, non vivere alla giornata, ma vivere realmente la vita nella sua ricchezza e nella sua totalità. E come fare? Questa è la grande questione, con la quale anche il ricco del Vangelo è venuto al Signore (cfr Mc 10,17). A prima vista, la risposta del Signore appare molto secca. Tutto sommato, dice: osserva i comandamenti (cfr Mc 10,19). Ma dietro, se riflettiamo bene, se ascoltiamo bene il Signore, nella totalità del Vangelo, troviamo la grande saggezza della Parola di Dio, di Gesù. I comandamenti, secondo un’altra Parola di Gesù, sono riassunti in quest’unico: amare Dio con tutto il cuore, con tutta la ragione, con tutta l’esistenza e amare il prossimo come se stesso. Amare Dio, suppone conoscere Dio, riconoscere Dio. E questo è il primo passo che dobbiamo fare: cercare di conoscere Dio. E così sappiamo che la nostra vita non esiste per caso, non è un caso. La mia vita è voluta da Dio dall’eternità. Io sono amato, sono necessario. Dio ha un progetto con me nella totalità della storia; ha un progetto proprio per me. La mia vita è importante e anche necessaria. L’amore eterno mi ha creato in profondità e mi aspetta. Quindi, questo è il primo punto: conoscere, cercare di conoscere Dio e così capire che la vita è un dono, che è bene vivere. Poi l’essenziale è l’amore. Amare questo Dio che mi ha creato, che ha creato questo mondo, che governa tra tutte le difficoltà dell’uomo e della storia, e che mi accompagna. E amare il prossimo.

I dieci comandamenti ai quali Gesù nella sua risposta accenna, sono solo un’esplicitazione del comandamento dell’amore. Sono, per così dire, regole dell’amore, indicano la strada dell’amore con questi punti essenziali: la famiglia, come fondamento della società; la vita, da rispettare come dono di Dio; l’ordine della sessualità, della relazione tra uomo e donna; l’ordine sociale e, finalmente, la verità. Questi elementi essenziali esplicitano la strada dell’amore, esplicitano come realmente amare e come trovare la via retta. Quindi c’è una volontà fondamentale di Dio per noi tutti, che è identica per tutti noi. Ma la sua applicazione è diversa in ogni vita, perché Dio ha un progetto preciso con ogni uomo. San Francesco di Sales una volta ha detto: la perfezione, cioè l’essere buono, il vivere la fede e l’amore, è sostanzialmente una, ma in forme molto diverse. Molto diversa è la santità di un certosino e di un uomo politico, di uno scienziato o di un contadino, e via dicendo. E così per ogni uomo Dio ha il suo progetto e io devo trovare, nelle mie circostanze, il mio modo di vivere questa unica e comune volontà di Dio le cui grandi regole sono indicate in queste esplicazioni dell’amore. E cercare quindi anche di compiere ciò che è l’essenza dell’amore, cioè non prendere la vita per me, ma dare la vita; non "avere" la vita, ma fare della vita un dono, non cercare me stesso, ma dare agli altri. Questo è l’essenziale, e implica rinunce, cioè uscire da me stesso e non cercare me stesso. E proprio non cercando me stesso, ma dandomi per le grandi e vere cose, trovo la vera vita. Così ognuno troverà, nella sua vita, le diverse possibilità: impegnarsi nel volontariato, in una comunità di preghiera, in un movimento, nell’azione della sua parrocchia, nella propria professione. Trovare la mia vocazione e viverla in ogni posto è importante e fondamentale, sia io un grande scienziato, o un contadino. Tutto è importante agli occhi di Dio: è bello se è vissuto sino in fondo con quell’amore che realmente redime il mondo.

Alla fine vorrei raccontare una piccola storia di santa Giuseppina Bakhita, questa piccola santa africana che in Italia ha trovato Dio e Cristo, e che mi fa sempre una grande impressione. Era suora in un convento italiano; un giorno, il Vescovo del luogo fa visita a quel monastero, vede questa piccola suora nera, della quale sembra non avesse saputo nulla e dice: "Suora cosa fa lei qui?" E Bakhita risponde: "La stessa cosa che fa lei, eccellenza". Il vescovo visibilmente irritato dice: "Ma come, suora, fa la stessa cosa come me?", "Sì, – dice la suora – ambedue vogliamo fare la volontà di Dio, non è vero?". Infine questo è il punto essenziale: conoscere, con l’aiuto della Chiesa, della Parola di Dio e degli amici, la volontà di Dio, sia nelle sue grandi linee, comuni per tutti, sia nella concretezza della mia vita personale. Così la vita diventa forse non troppo facile, ma bella e felice. Preghiamo il Signore che ci aiuti sempre a trovare la sua volontà e a seguirla con gioia.

D. Il Vangelo ci ha detto che Gesù fissò quel giovane e lo amò. Padre Santo che vuol dire essere guardati con amore da Gesù; come possiamo fare anche noi oggi questa esperienza? Ma è davvero possibile vivere questa esperienza anche in questa vita di oggi?

Naturalmente direi di sì, perché il Signore è sempre presente e guarda ognuno di noi con amore. Solo che noi dobbiamo trovare questo sguardo e incontrarci con lui. Come fare? Direi che il primo punto per incontrarci con Gesù, per fare esperienza del suo amore è conoscerlo. Conoscere Gesù implica diverse vie. Una prima condizione è conoscere la figura di Gesù come ci appare nei Vangeli, che ci danno un ritratto molto ricco della figura di Gesù, nelle grandi parabole, pensiamo al figliol prodigo, al samaritano, a Lazzaro eccetera. In tutte le parabole, in tutte le sue parole, nel sermone della montagna, troviamo realmente il volto di Gesù, il volto di Dio fino alla croce dove, per amore di noi, si dà totalmente fino alla morte e può, alla fine, dire Nelle tue mani Padre, do la mia vita, la mia anima (cfr Lc 23,46).

Quindi: conoscere, meditare Gesù insieme con gli amici, con la Chiesa e conoscere Gesù non solo in modo accademico, teorico, ma con il cuore, cioè parlare con Gesù nella preghiera. Una persona non la si può conoscere nello stesso modo in cui posso studiare la matematica. Per la matematica è necessaria e sufficiente la ragione, ma per conoscere una persona, anzitutto la grande persona di Gesù, Dio e uomo, ci vuole anche la ragione, ma, nello stesso tempo, anche il cuore. Solo con l’apertura del cuore a lui, solo con la conoscenza dell’insieme di quanto ha detto e di quanto ha fatto, con il nostro amore, con il nostro andare verso di lui, possiamo man mano conoscerlo sempre di più e così anche fare l’esperienza di essere amati. Quindi: ascoltare la Parola di Gesù, ascoltarla nella comunione della Chiesa, nella sua grande esperienza e rispondere con la nostra preghiera, con il nostro colloquio personale con Gesù, dove gli diciamo quanto non possiamo capire, i nostri bisogni, le nostre domande. In un vero colloquio, possiamo trovare sempre di più questa strada della conoscenza, che diventa amore. Naturalmente non solo pensare, non solo pregare, ma anche fare è una parte del cammino verso Gesù: fare le cose buone, impegnarsi per il prossimo. Ci sono diverse strade; ognuno conosce le proprie possibilità, nella parrocchia e nella comunità in cui vive, per impegnarsi anche con Cristo e per gli altri, per la vitalità della Chiesa, perché la fede sia veramente forza formativa del nostro ambiente, e così del nostro tempo. Quindi, direi questi elementi: ascoltare, rispondere, entrare nella comunità credente, comunione con Cristo nei sacramenti, dove si da a noi, sia nell’Eucaristia, sia nella Confessione eccetera, e, finalmente, fare, realizzare le parole della fede così che diventino forza della mia vita e appare veramente anche a me lo sguardo di Gesù e il suo amore mi aiuta, mi trasforma.

D. Gesù invitò il giovane ricco a lasciare tutto, e a seguirlo, ma lui se ne andò via triste. Anche io come lui faccio fatica a seguirlo, perché ho paura di lasciare le mie cose e talvolta la Chiesa mi chiede delle rinunce difficili. Padre Santo come posso trovare la forza per scelte coraggiose, e chi mi può aiutare?

Ecco, cominciamo con questa parola dura per noi: rinunce. Le rinunce sono possibili e, alla fine, diventano anche belle se hanno un perché e se questo perché giustifica poi anche la difficoltà della rinuncia. San Paolo ha usato, in questo contesto, l’immagine delle olimpiadi e degli atleti impegnati per le olimpiadi (cfr 1Cor 9,24-25). Dice: Loro, per arrivare finalmente alla medaglia - in quel tempo alla corona - devono vivere una disciplina molto dura, devono rinunciare a tante cose, devono esercitarsi nello sport che praticano e fanno grandi sacrifici e rinunce perché hanno una motivazione, ne vale la pena. Anche se alla fine, forse, non sono tra i vincitori, tuttavia è una bella cosa aver disciplinato se stesso ed essere stato capace di fare queste cose con una certa perfezione. La stessa cosa che vale, con questa immagine di san Paolo, per le olimpiadi, per tutto lo sport, vale anche per tutte le altre cose della vita. Una vita professionale buona non si può raggiungere senza rinunce, senza una preparazione adeguata, che sempre esige una disciplina, esige che si debba rinunciare a qualche cosa, e così via, anche nell’arte e in tutti gli elementi della vita. Noi tutti comprendiamo che per raggiungere uno scopo, sia professionale, sia sportivo, sia artistico, sia culturale, dobbiamo rinunciare, imparare per andare avanti. Proprio anche l’arte di vivere, di essere se stesso, l’arte di essere uomo esige rinunce, e le rinunce vere, che ci aiutano a trovare la strada della vita, l’arte della vita, ci sono indicate nella Parola di Dio e ci aiutano a non cadere – diciamo - nell’abisso della droga, dell’alcool, della schiavitù della sessualità, della schiavitù del denaro, della pigrizia. Tutte queste cose, in un primo momento, appaiono come azioni di libertà. In realtà, non sono azioni di libertà, ma inizio di una schiavitù che diventa sempre più insuperabile. Riuscire a rinunciare alla tentazione del momento, andare avanti verso il bene crea la vera libertà e fa preziosa la vita. In questo senso, mi sembra, dobbiamo vedere che senza un "no" a certe cose non cresce il grande "sì" alla vera vita, come la vediamo nelle figure dei santi. Pensiamo a san Francesco, pensiamo ai santi del nostro tempo, Madre Teresa, don Gnocchi e tanti altri, che hanno rinunciato e che hanno vinto e sono divenuti non solo liberi loro stessi ma anche una ricchezza per il mondo e ci mostrano come si può vivere. Così alla domanda "chi mi aiuta", direi che ci aiutano le grandi figure della storia della Chiesa, ci aiuta la Parola di Dio, ci aiuta la comunità parrocchiale, il movimento, il volontariato, eccetera. E ci aiutano le amicizie di uomini che "vanno avanti", che hanno già fatto progressi nella strada della vita e che possono convincermi che camminare così è la strada giusta. Preghiamo il Signore che ci doni sempre degli amici, delle comunità che ci aiutano a vedere la strada del bene e a trovare così la vita bella e gioiosa.

[© Copyright 2010 - Libreria Editrice Vaticana]



UN LAMPO DELLO SPIRITO NELLA NOTTE: I GIOVANI CON E PER IL PAPA, SEMPRE

MOLTO PIU' CHE SOLIDARIETA': ECCO L'AMORE AL PAPA, ALLA CHIESA, AD OGNI UOMO



In questi giorni difficili e tristi un lampo dello Spirito Santo ha squarciato il Cielo, i volti giovani di tante vite salvate, amate e curate dalla Chiesa. Un lampo d'amore al Papa, ad ogni Papa. Al grande Giovanni Paolo II che, per i giovani, ha voluto e portato avanti tenacemente le Giornate Mondiale della Gioventù, appuntamenti indimenticabili dove migliaia di giovani hanno scoperto e accolto la chiamata di Dio al presbiterato, al convento, a formare famiglie autenticamente cristiane. A Benedetto XVI, che li ha accolti e li accoglie ovunque con parole che son vampe di fuoco ad accenderne le esistenze. 25 anni ed oggi non si contano i sacerdoti, le suore, le famiglie ed i figli sbocciati ad ogni raduno, da ogni angolo della terra. Giovani afferrati dal Signore attraverso i carismi sorti dal Concilio Vaticano II, oggi incompreso e attaccato più che mai. Quelle giornate, come queste di questi giorni, rappresentano. in particolare, un crocevia fondamentale nella crescita dei giovani del Cammino Neocatecumenale. Figli dell'Humanae Vitae vissuta in obbedienza alla Chiesa dai loro genitori attraverso il Cammino, essi sono, oggi, i volti di speranza donati da Dio alla sua Chiesa e al mondo intero. Amore dunque a Paolo VI, al suo coraggio profetico che li ha tratti alla vita. E amore a Giovanni XXIII che ha indetto il Concilio Vaticano II, scrigno di Grazie per tutta la Chiesa, viscere che hanno accolto le loro vite e quelle dei loro genitori. Senza il Concilio e l'opera dello Spirito Santo confermata, guidata e sostenuta dai Pontefici, la maggior parte di essi non sarebbero nati, molte parrocchie e molte zone del mondo non li avrebbero avuti come sacerdoti, molti monasteri avrebbero letteralmente chiuso i battenti. Figli dell'apertura alla vita si sono sposati nella stessa apertura ed oggi molti di quelli che erano a San Pietro e al Divino Amore sono, aloro volta, figli di tanti che erano stati a Buenos Aires, a Roma, a Santiago de Compostela e negli altri appuntamenti mondiali. E' questa la risposta dello Spirito alla Chiesa, oggi, in questa tempesta che ne agita la navigazione. E' vero che dopo il Concilio vi sono stati fraintendimenti e deviazioni gravissime, il fumo di satana si è infilato tra le maglie della Chiesa. Ma una lettura della storia e del presente a senso unico, oltre che fuorviante, sarebbe sacrilega. Sì, perchè sarebbe sporcare l'opera stessa di Dio, dubitare dello Spirito Santo. Giovanni XXIII aveva visto molto più in là di quanto pensano frettolosi analisti. Lo Spirito aveva condotto i suoi occhi a questo lontano 2010, agli scandali e alle ferite d'una Chiesa che, lungi dall'essersi solamente accomodata nel mondo, ha peccato di paura e superbia autoreferente, spesso snobbando con supponenza i doni dello Spirito Santo. Escludendoli ed emarginandoli ha fatto il gioco del mondo. La secolarizzazione aveva messo la freccia, era dirompente, e la Chiesa, convocata a Concilio, ha ricevuto la Parola Divina che ne indicava il cammino per poter raccogliere le sfide dei cambiamenti incipienti. Chiudendosi ai reali moti dello Spirito ha lasciato spesso campo libero ai millantatori dello spirito cossiddeto conciliare, infarciti di cultura e pensiero mondano. Essi hanno azzannato la Chiesa alle fondamenta, i seminari e non solo, hanno chiuso i confessionali, hanno aperto la porta alla protestantizzazione nella liturgia e nella pastorale, ed il mondo ha avuto buon gioco. Ma Dio, attraverso l'opera imponente di Pietro si è andato preparando il Popolo con il quale avrebbe voluto far brillare il Vangelo in questa generazione. Giovanni XXIII, Paolo VI; Giovanni Paolo I, Giovanni Paolo II, Benedetto XVI, incarnazione di quell'ermeneutica della continuità che oggi, nei volti gioiosi di queste giovani vite donate all'Autore stesso della Vita, risplende dinnanzi a noi come un lampo nella notte. Non si tratta solo di esprimere solidarietà, di gridare al complotto, di scendere, dialetticamente, a patti con il mondo, usando le sue stesse sporche monete. Il Papa non l'ha fatto. Si tratta di convertirsi all'amore di Dio, di riconoscere umilmente peccati e mancanze, ed aprirsi all'azione dello Spirito Santo, messaggero ed attualizzatore della Volontà di Dio. Come questi giovani riuniti in Piazza San Pietro e al Divino Amore, frutti di un'apertura che ne ha dischiuso il cuore e le menti alla voce dello Spirito. E' da loro che la Chiesa è chiamata a ricominciare; dalla loro disponibilità senza riserve all'azione di Dio occorre imparare il cammino d'un autentico rinnovamento. Per la Chiesa e per il mondo, quello stesso che oggi attacca violentemente la Chiesa ma, che, inconsciamente, attende da Lei l'amore di una madre, quell'amore oltre la morte e il peccato che non conosce. Questi giovani saranno quel volto di madre che rigenererà alla vita incorruttibile, testimoni credibili della vittoria di Cristo, la Pasqua al di là della Croce, il destino per il quale ogni uomo è sbocciato in questo mondo.

Antonello Iapicca Pbro



Incontro Vocazionale dei giovani del Cammino Neocatecumenale
sulla spianata del Santuario del Divino Amore




Il Papa ai giovani: "il cristianesimo non è primariamente una morale, ma esperienza di Gesù Cristo, che ci ama personalmente, sempre

MESSAGGIO DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI PER LA XXV GIORNATA MONDIALE DELLA GIOVENTÙ (28 MARZO 2010)

Pubblichiamo di seguito il testo del Messaggio che il Santo Padre Benedetto XVI invia ai giovani e alle giovani del mondo, in occasione della XXV Giornata Mondiale della Gioventù che sarà celebrata il 28 marzo 2010, Domenica delle Palme, a livello diocesano:

  • MESSAGGIO DEL SANTO PADRE

    "Maestro buono, che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?" (Mc 10,17)

    Cari amici,

    ricorre quest’anno il venticinquesimo anniversario di istituzione della Giornata Mondiale della Gioventù, voluta dal Venerabile Giovanni Paolo II come appuntamento annuale dei giovani credenti del mondo intero. Fu una iniziativa profetica che ha portato frutti abbondanti, permettendo alle nuove generazioni cristiane di incontrarsi, di mettersi in ascolto della Parola di Dio, di scoprire la bellezza della Chiesa e di vivere esperienze forti di fede che hanno portato molti alla decisione di donarsi totalmente a Cristo.

    La presente XXV Giornata rappresenta una tappa verso il prossimo Incontro Mondiale dei giovani, che avrà luogo nell'agosto 2011 a Madrid, dove spero sarete numerosi a vivere questo evento di grazia.

    Per prepararci a tale celebrazione, vorrei proporvi alcune riflessioni sul tema di quest’anno: "Maestro buono, che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?" (Mc 10,17), tratto dall’episodio evangelico dell'incontro di Gesù con il giovane ricco; un tema già affrontato, nel 1985, dal Papa Giovanni Paolo II in una bellissima Lettera, diretta per la prima volta ai giovani.

    1. Gesù incontra un giovane

    "Mentre [Gesù] andava per la strada, – racconta il Vangelo di San Marco - un tale gli corse incontro e, gettandosi in ginocchio davanti a lui, gli domandò: «Maestro buono, che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?». Gesù gli disse: «Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, se non Dio solo. Tu conosci i comandamenti: Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non testimoniare il falso, non frodare, onora tuo padre e tua madre». Egli allora gli disse: «Maestro, tutte queste cose le ho osservate fin dalla mia giovinezza». Allora Gesù fissò lo sguardo su di lui, lo amò e gli disse: «Una cosa sola ti manca: va', vendi quello che hai e dallo ai poveri, e avrai un tesoro in cielo; e vieni! Seguimi!». Ma a queste parole egli si fece scuro in volto e se ne andò rattristato; possedeva infatti molti beni" (Mc 10, 17-22).

    Questo racconto esprime in maniera efficace la grande attenzione di Gesù verso i giovani, verso di voi, verso le vostre attese, le vostre speranze, e mostra quanto sia grande il suo desiderio di incontrarvi personalmente e di aprire un dialogo con ciascuno di voi. Cristo, infatti, interrompe il suo cammino per rispondere alla domanda del suo interlocutore, manifestando piena disponibilità verso quel giovane, che è mosso da un ardente desiderio di parlare con il «Maestro buono», per imparare da Lui a percorrere la strada della vita. Con questo brano evangelico, il mio Predecessore voleva esortare ciascuno di voi a "sviluppare il proprio colloquio con Cristo - un colloquio che è d'importanza fondamentale ed essenziale per un giovane" (Lettera ai giovani, n. 2).

    2. Gesù lo guardò e lo amò

    Nel racconto evangelico, San Marco sottolinea come "Gesù fissò lo sguardo su di lui e lo amò" (cfr Mc 10,21). Nello sguardo del Signore c’è il cuore di questo specialissimo incontro e di tutta l’esperienza cristiana. Infatti il cristianesimo non è primariamente una morale, ma esperienza di Gesù Cristo, che ci ama personalmente, giovani o vecchi, poveri o ricchi; ci ama anche quando gli voltiamo le spalle.

    Commentando la scena, il Papa Giovanni Paolo II aggiungeva, rivolto a voi giovani: "Vi auguro di sperimentare uno sguardo così! Vi auguro di sperimentare la verità che egli, il Cristo, vi guarda con amore!" (Lettera ai giovani, n. 7). Un amore, manifestatosi sulla Croce in maniera così piena e totale, che fa scrivere a san Paolo, con stupore: "Mi ha amato e ha consegnato se stesso per me" (Gal 2,20). "La consapevolezza che il Padre ci ha da sempre amati nel suo Figlio, che il Cristo ama ognuno e sempre – scrive ancora il Papa Giovanni Paolo II -, diventa un fermo punto di sostegno per tutta la nostra esistenza umana" (Lettera ai giovani, n. 7), e ci permette di superare tutte le prove: la scoperta dei nostri peccati, la sofferenza, lo scoraggiamento.

    In questo amore si trova la sorgente di tutta la vita cristiana e la ragione fondamentale dell'evangelizzazione: se abbiamo veramente incontrato Gesù, non possiamo fare a meno di testimoniarlo a coloro che non hanno ancora incrociato il suo sguardo!

    3. La scoperta del progetto di vita

    Nel giovane del Vangelo, possiamo scorgere una condizione molto simile a quella di ciascuno di voi. Anche voi siete ricchi di qualità, di energie, di sogni, di speranze: risorse che possedete in abbondanza! La stessa vostra età costituisce una grande ricchezza non soltanto per voi, ma anche per gli altri, per la Chiesa e per il mondo.

    Il giovane ricco chiede a Gesù: "Che cosa devo fare?". La stagione della vita in cui siete immersi è tempo di scoperta: dei doni che Dio vi ha elargito e delle vostre responsabilità. E’, altresì, tempo di scelte fondamentali per costruire il vostro progetto di vita. E’ il momento, quindi, di interrogarvi sul senso autentico dell’esistenza e di domandarvi: "Sono soddisfatto della mia vita? C'è qualcosa che manca?".

    Come il giovane del Vangelo, forse anche voi vivete situazioni di instabilità, di turbamento o di sofferenza, che vi portano ad aspirare ad una vita non mediocre e a chiedervi: in che consiste una vita riuscita? Che cosa devo fare? Quale potrebbe essere il mio progetto di vita? "Che cosa devo fare, affinché la mia vita abbia pieno valore e pieno senso?" (Ibid., n. 3).

    Non abbiate paura di affrontare queste domande! Lontano dal sopraffarvi, esse esprimono le grandi aspirazioni, che sono presenti nel vostro cuore. Pertanto, vanno ascoltate. Esse attendono risposte non superficiali, ma capaci di soddisfare le vostre autentiche attese di vita e di felicità.

    Per scoprire il progetto di vita che può rendervi pienamente felici, mettetevi in ascolto di Dio, che ha un suo disegno di amore su ciascuno di voi. Con fiducia, chiedetegli: "Signore, qual è il tuo disegno di Creatore e Padre sulla mia vita? Qual è la tua volontà? Io desidero compierla". Siate certi che vi risponderà. Non abbiate paura della sua risposta! "Dio è più grande del nostro cuore e conosce ogni cosa" (1Gv 3,20)!

    4. Vieni e seguimi!

    Gesù, invita il giovane ricco ad andare ben al di là della soddisfazione delle sue aspirazioni e dei suoi progetti personali, gli dice: "Vieni e seguimi!". La vocazione cristiana scaturisce da una proposta d’amore del Signore e può realizzarsi solo grazie a una risposta d’amore: "Gesù invita i suoi discepoli al dono totale della loro vita, senza calcolo e tornaconto umano, con una fiducia senza riserve in Dio. I santi accolgono quest'invito esigente, e si mettono con umile docilità alla sequela di Cristo crocifisso e risorto. La loro perfezione, nella logica della fede talora umanamente incomprensibile, consiste nel non mettere più al centro se stessi, ma nello scegliere di andare controcorrente vivendo secondo il Vangelo" (Benedetto XVI, Omelia in occasione delle Canonizzazioni: L’Osservatore Romano, 12-13 ottobre 2009, p. 6).

    Sull’esempio di tanti discepoli di Cristo, anche voi, cari amici, accogliete con gioia l’invito alla sequela, per vivere intensamente e con frutto in questo mondo. Con il Battesimo, infatti, egli chiama ciascuno a seguirlo con azioni concrete, ad amarlo sopra ogni cosa e a servirlo nei fratelli. Il giovane ricco, purtroppo, non accolse l’invito di Gesù e se ne andò rattristato. Non aveva trovato il coraggio di distaccarsi dai beni materiali per trovare il bene più grande proposto da Gesù.

    La tristezza del giovane ricco del Vangelo è quella che nasce nel cuore di ciascuno quando non si ha il coraggio di seguire Cristo, di compiere la scelta giusta. Ma non è mai troppo tardi per rispondergli!

    Gesù non si stanca mai di volgere il suo sguardo di amore e chiamare ad essere suoi discepoli, ma Egli propone ad alcuni una scelta più radicale. In quest'Anno Sacerdotale, vorrei esortare i giovani e i ragazzi ad essere attenti se il Signore invita ad un dono più grande, nella via del Sacerdozio ministeriale, e a rendersi disponibili ad accogliere con generosità ed entusiasmo questo segno di speciale predilezione, intraprendendo con un sacerdote, con il direttore spirituale il necessario cammino di discernimento. Non abbiate paura, poi, cari giovani e care giovani, se il Signore vi chiama alla vita religiosa, monastica, missionaria o di speciale consacrazione: Egli sa donare gioia profonda a chi risponde con coraggio!

    Invito, inoltre, quanti sentono la vocazione al matrimonio ad accoglierla con fede, impegnandosi a porre basi solide per vivere un amore grande, fedele e aperto al dono della vita, che è ricchezza e grazia per la società e per la Chiesa.

    5. Orientati verso la vita eterna

    "Che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?". Questa domanda del giovane del Vangelo appare lontana dalle preoccupazioni di molti giovani contemporanei, poiché, come osservava il mio Predecessore, "non siamo noi la generazione, alla quale il mondo e il progresso temporale riempiono completamente l'orizzonte dell'esistenza?" (Lettera ai giovani, n. 5). Ma la domanda sulla "vita eterna" affiora in particolari momenti dolorosi dell’esistenza, quando subiamo la perdita di una persona vicina o quando viviamo l’esperienza dell’insuccesso.

    Ma cos’è la "vita eterna" cui si riferisce il giovane ricco? Ce lo illustra Gesù, quando, rivolto ai suoi discepoli, afferma: "Vi vedrò di nuovo e il vostro cuore si rallegrerà e nessuno potrà togliervi la vostra gioia" (Gv 16,22). Sono parole che indicano una proposta esaltante di felicità senza fine, della gioia di essere colmati dall'amore divino per sempre.

    Interrogarsi sul futuro definitivo che attende ciascuno di noi dà senso pieno all’esistenza, poiché orienta il progetto di vita verso orizzonti non limitati e passeggeri, ma ampi e profondi, che portano ad amare il mondo, da Dio stesso tanto amato, a dedicarci al suo sviluppo, ma sempre con la libertà e la gioia che nascono dalla fede e dalla speranza. Sono orizzonti che aiutano a non assolutizzare le realtà terrene, sentendo che Dio ci prepara una prospettiva più grande, e a ripetere con Sant’Agostino: "Desideriamo insieme la patria celeste, sospiriamo verso la patria celeste, sentiamoci pellegrini quaggiù" (Commento al Vangelo di San Giovanni, Omelia 35, 9). Tenendo fisso lo sguardo alla vita eterna, il Beato Pier Giorgio Frassati, morto nel 1925 all'età di 24 anni, diceva: "Voglio vivere e non vivacchiare!" e sulla foto di una scalata, inviata ad un amico, scriveva: "Verso l’alto", alludendo alla perfezione cristiana, ma anche alla vita eterna.

    Cari giovani, vi esorto a non dimenticare questa prospettiva nel vostro progetto di vita: siamo chiamati all’eternità. Dio ci ha creati per stare con Lui, per sempre. Essa vi aiuterà a dare un senso pieno alle vostre scelte e a dare qualità alla vostra esistenza.

    6. I comandamenti, via dell'amore autentico

    Gesù ricorda al giovane ricco i dieci comandamenti, come condizioni necessarie per "avere in eredità la vita eterna". Essi sono punti di riferimento essenziali per vivere nell’amore, per distinguere chiaramente il bene dal male e costruire un progetto di vita solido e duraturo. Anche a voi, Gesù chiede se conoscete i comandamenti, se vi preoccupate di formare la vostra coscienza secondo la legge divina e se li mettete in pratica.

    Certo, si tratta di domande controcorrente rispetto alla mentalità attuale, che propone una libertà svincolata da valori, da regole, da norme oggettive e invita a rifiutare ogni limite ai desideri del momento. Ma questo tipo di proposta invece di condurre alla vera libertà, porta l'uomo a diventare schiavo di se stesso, dei suoi desideri immediati, degli idoli come il potere, il denaro, il piacere sfrenato e le seduzioni del mondo, rendendolo incapace di seguire la sua nativa vocazione all'amore.

    Dio ci dà i comandamenti perché ci vuole educare alla vera libertà, perché vuole costruire con noi un Regno di amore, di giustizia e di pace. Ascoltarli e metterli in pratica non significa alienarsi, ma trovare il cammino della libertà e dell'amore autentici, perché i comandamenti non limitano la felicità, ma indicano come trovarla. Gesù all'inizio del dialogo con il giovane ricco, ricorda che la legge data da Dio è buona, perché "Dio è buono".

    7. Abbiamo bisogno di voi

    Chi vive oggi la condizione giovanile si trova ad affrontare molti problemi derivanti dalla disoccupazione, dalla mancanza di riferimenti ideali certi e di prospettive concrete per il futuro. Talora si può avere l'impressione di essere impotenti di fronte alle crisi e alle derive attuali. Nonostante le difficoltà, non lasciatevi scoraggiare e non rinunciate ai vostri sogni! Coltivate invece nel cuore desideri grandi di fraternità, di giustizia e di pace. Il futuro è nelle mani di chi sa cercare e trovare ragioni forti di vita e di speranza. Se vorrete, il futuro è nelle vostre mani, perché i doni e le ricchezze che il Signore ha rinchiuso nel cuore di ciascuno di voi, plasmati dall’incontro con Cristo, possono recare autentica speranza al mondo! È la fede nel suo amore che, rendendovi forti e generosi, vi darà il coraggio di affrontare con serenità il cammino della vita ed assumere responsabilità familiari e professionali. Impegnatevi a costruire il vostro futuro attraverso percorsi seri di formazione personale e di studio, per servire in maniera competente e generosa il bene comune.

    Nella mia recente Lettera enciclica sullo sviluppo umano integrale, Caritas in veritate, ho elencato alcune grandi sfide attuali, che sono urgenti ed essenziali per la vita di questo mondo: l'uso delle risorse della terra e il rispetto dell'ecologia, la giusta divisione dei beni e il controllo dei meccanismi finanziari, la solidarietà con i Paesi poveri nell'ambito della famiglia umana, la lotta contro la fame nel mondo, la promozione della dignità del lavoro umano, il servizio alla cultura della vita, la costruzione della pace tra i popoli, il dialogo interreligioso, il buon uso dei mezzi di comunicazione sociale.

    Sono sfide alle quali siete chiamati a rispondere per costruire un mondo più giusto e fraterno. Sono sfide che chiedono un progetto di vita esigente ed appassionante, nel quale mettere tutta la vostra ricchezza secondo il disegno che Dio ha su ciascuno di voi. Non si tratta di compiere gesti eroici né straordinari, ma di agire mettendo a frutto i propri talenti e le proprie possibilità, impegnandosi a progredire costantemente nella fede e nell'amore.

    In quest'Anno Sacerdotale, vi invito a conoscere la vita dei santi, in particolare quella dei santi sacerdoti. Vedrete che Dio li ha guidati e che hanno trovato la loro strada giorno dopo giorno, proprio nella fede, nella speranza e nell'amore. Cristo chiama ciascuno di voi a impegnarsi con Lui e ad assumersi le proprie responsabilità per costruire la civiltà dell’amore. Se seguirete la sua Parola, anche la vostra strada si illuminerà e vi condurrà a traguardi alti, che danno gioia e senso pieno alla vita.

    Che la Vergine Maria, Madre della Chiesa, vi accompagni con la sua protezione. Vi assicuro il mio ricordo nella preghiera e con grande affetto vi benedico.

    Dal Vaticano, 22 Febbraio 2010