DISCERNERE

Uno sguardo profetico sugli eventi

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Liberaci dal male! Satana, come essere personale e origine del male, è una verità di fede

«L’8 dicembre celebriamo una delle più belle feste della Beata Vergine Maria: la solennità della sua Immacolata Concezione. Ma che cosa significa che Maria è l’“Immacolata”? E che cosa dice a noi questo titolo? Anzitutto facciamo riferimento ai testi biblici della liturgia odierna, specialmente al grande “affresco” del capitolo terzo del Libero della Genesi e al racconto dell’Annunciazione del Vangelo di Luca. Dopo il peccato originale, Dio si rivolge al serpente, che rappresenta Satana, lo maledice e aggiunge una promessa: “Io porrò inimicizia tra te e la donna, / tra la tua stirpe e la sua stirpe: / questa ti schiaccerà la testa / e tu le insidierai il calcagno” (Gn 3,15). E’ l’annuncio di una rivincita: Satana ai primordi della creazione sembra avere la meglio, ma verrà un figlio di donna che gli schiaccerà la testa. Così, mediante la stirpe della donna, Dio stesso vincerà. Quella donna è la Vergine Maria, dalla quale è nato Gesù Cristo che, con il suo sacrificio, ha sconfitto una volta per sempre l’antico tentatore. Per questo, in tanti dipinti o statue dell’Immacolata, Ella è rappresentata nell’atto di schiacciare un serpente sotto il suo piede.
L’evangelista Luca, ci mostra la Vergine Maria che riceve l’annuncio del Messaggero celeste (Lc 1,26 – 38). Ella appare come l’umile e autentica figlia d’Israele, vera Sion in cui Dio vuole porre la sua dimora. E’ il virgulto dal quale deve nascere il Messia, il Re giusto e misericordioso. Nella semplicità della casa di Nazaret vive il “resto” puro d’Israele, dal quale Dio vuole far rinascere il suo popolo, come un nuovo albero che stenderà i suoi rami nel mondo intero, offrendo a tutti gli uomini frutti buoni di salvezza. A differenza di Adamo ed Eva, Maria rimane obbediente alla volontà del Signore, con tutta se stessa pronuncia il suo “sì” e si mette a disposizione del disegno divino. E’ la nuova Eva, vera “madre di tutti i viventi”, di quanti cioè per la fede in Cristo ricevono la vita eterna» [Benedetto XVI, Angelus, 8 dicembre 2009].

Una delle domande fondamentali, accanto a chi sono? da dove vengo e dove vado? cosa ci sarà dopo questa vita? è quella più difficile: «perché la presenza del male se Dio è amore?» Non certo da Dio viene il male che storicamente c’è, perché da Lui viene solo il bene. E nemmeno dalla permissione di Dio come spesso con una serie di ragionamenti filosofici che distinguono nella volontà di Dio tra l’“approvare” e il “permettere”, concludendo che Dio permette il male senza approvarlo e, dunque, senza volerlo: è una argomentazione continuamente ripetuta ma non convincente. Biblicamente Dio è sommamente buono, è Amore e non può che volere il bene. Altra storicamente è l’origine del male. Anzi il male morale e fisico si è abbattuto sull’uomo e quindi sul cosmo provocando doglie come di un parto non già per effetto della sua disobbedienza, ma per effetto della volontà dell’uomo stesso dietro istigazione e l’influsso di Satana, potendo non soccombere. Il peccato si colloca non nella cornice di una generica lotta tra il bene e il male, ma nello scontro tra Dio e Satana, tra il regno di Dio e l’azione contraria a Cristo di Satana. Lo stato di spogliazione dei beni della grazia e dei doni soprannaturali, in cui l’uomo è caduto per influsso di Satana, è non un atto di ogni uomo ma uno stato di vero peccato cioè di vera avversione a Dio e di schiavitù sotto la potestà di Satana in cui veniamo concepiti, salvo l’Immacolata. Ogni conseguenza del peccato, alla quale tuttora ogni singolo uomo e l’umanità nel suo insieme (Caritas in veritate, n. 34) alla quale tuttora noi sottostiamo, è sempre esercizio del potere di Satana sopra il mondo e sopra di noi. Tale signoria si evidenzia non solo nei nostri peccati personali, ma anche appunto in tentazioni di ogni sorta, nei fatti sociali e nella costruzione della società, in persecuzioni, tribolazioni, influssi nocivi degli elementi infraumani, infortuni, malattie di ogni genere. Nell’infinita scala dei mali fisici, psichici, morali, che noi siamo, e a cui è sottoposto il mondo, si manifesta effettivamente l’influsso di Satana, il suo potere, la sua lotta incessante contro il Regno di Dio in Cristo attraverso la Chiesa con la Sua Parola e i suoi Sacramenti. L’uomo, in virtù della grazia e dei doni preternaturali, originariamente godeva dell’immunità di tutti questi mali. La stessa redenzione di Cristo ci ridona la grazia di figli nel Figlio, ma non ancora i doni preternaturali; ci reintegra nuovamente sin d’ora nelle file del Regno di Dio, ma non ci sottrae ancora alla lotta e al possibile e continuo influsso di Satana e dei suoi “satelliti”, pur rimanendo liberi e responsabili. Tale influsso si esercita ogni volta che ci colpisce un qualsiasi male, fisico o morale. La nostra lotta non è solo contro la carne e il sangue cioè il male che storicamente viene dal libero arbitrio di ogni uomo e dai limiti della natura, ma – ci ricorda san Paolo – anzitutto da Satana e dagli angeli ribelli, che operano anche attraverso anche attraverso le molestie, chela carne e il sangue ci infliggono. “Esce dal quadro dell’insegnamento biblico ed ecclesiastico – Paolo VI, 15.11.1972 – chi si rifiuta di riconoscerlo esistente; ovvero chi ne fa un principio a sé stante, non avente esso pure, come ogni creatura, origine da Dio; oppure lo spiega come una pseudo realtà, una personificazione concettuale e fantastica delle cause ignote dei nostri malanni… Il demonio è all’origine della prima disgrazia dell’umanità. E’ il nemico numero uno, è il tentatore per eccellenza. Sappiamo così che questo essere oscuro e conturbante esiste davvero e con proditoria astuzia agisce ancora; è il nemico occulto che semina errori e sventure nella storia umana”. Nonostante la continua vittoria di Cristo su Satana, la sua opposizione dura ancora e si annida nell’incredulità dell’uomo: Satana non avrebbe più potere, è stato vinto da Cristo, se non trovasse connivenza nel cuore dell’uomo. Ecco perché nella preghiera insegnataci da Gesù: “Non abbandonarci nella tentazione… liberaci dal Male – Maligno”.

Autore: Oliosi, don Gino
Fonte: CulturaCattolica.it

Il Papa: ogni storia umana è una storia sacra, e richiede il più grande rispetto

DISCORSO DEL PAPA NELL'ATTO DI VENERAZIONE ALL'IMMACOLATA


ROMA, martedì, 8 dicembre 2009 (ZENIT.org).- Pubblichiamo le parole pronunciate da Benedetto XVI questo martedì pomeriggio in Piazza di Spagna a Roma per il tradizionale atto di venerazione all'Immacolata nella solennità dell'Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria.

* * *

Cari fratelli e sorelle!

Nel cuore delle città cristiane, Maria costituisce una presenza dolce e rassicurante. Con il suo stile discreto dona a tutti pace e speranza nei momenti lieti e tristi dell'esistenza. Nelle chiese, nelle cappelle, sulle pareti dei palazzi: un dipinto, un mosaico, una statua ricorda la presenza della Madre che veglia costantemente sui suoi figli. Anche qui, in Piazza di Spagna, Maria è posta in alto, quasi a vegliare su Roma.

Cosa dice Maria alla città? Cosa ricorda a tutti con la sua presenza? Ricorda che "dove abbondò il peccato, sovrabbondò la grazia" (Rm 5,20) - come scrive l'apostolo Paolo. Ella è la Madre Immacolata che ripete anche agli uomini del nostro tempo: non abbiate paura, Gesù ha vinto il male; l'ha vinto alla radice, liberandoci dal suo dominio.

Quanto abbiamo bisogno di questa bella notizia! Ogni giorno, infatti, attraverso i giornali, la televisione, la radio, il male viene raccontato, ripetuto, amplificato, abituandoci alle cose più orribili, facendoci diventare insensibili e, in qualche maniera, intossicandoci, perché il negativo non viene pienamente smaltito e giorno per giorno si accumula. Il cuore si indurisce e i pensieri si incupiscono. Per questo la città ha bisogno di Maria, che con la sua presenza ci parla di Dio, ci ricorda la vittoria della Grazia sul peccato, e ci induce a sperare anche nelle situazioni umanamente più difficili.

Nella città vivono - o sopravvivono - persone invisibili, che ogni tanto balzano in prima pagina o sui teleschermi, e vengono sfruttate fino all'ultimo, finché la notizia e l'immagine attirano l'attenzione. E' un meccanismo perverso, al quale purtroppo si stenta a resistere. La città prima nasconde e poi espone al pubblico. Senza pietà, o con una falsa pietà. C'è invece in ogni uomo il desiderio di essere accolto come persona e considerato una realtà sacra, perché ogni storia umana è una storia sacra, e richiede il più grande rispetto.

La città, cari fratelli e sorelle, siamo tutti noi! Ciascuno contribuisce alla sua vita e al suo clima morale, in bene o in male. Nel cuore di ognuno di noi passa il confine tra il bene e il male e nessuno di noi deve sentirsi in diritto di giudicare gli altri, ma piuttosto ciascuno deve sentire il dovere di migliorare se stesso! I mass media tendono a farci sentire sempre "spettatori", come se il male riguardasse solamente gli altri, e certe cose a noi non potessero mai accadere. Invece siamo tutti "attori" e, nel male come nel bene, il nostro comportamento ha un influsso sugli altri.

Spesso ci lamentiamo dell'inquinamento dell'aria, che in certi luoghi della città è irrespirabile. E' vero: ci vuole l'impegno di tutti per rendere più pulita la città. E tuttavia c'è un altro inquinamento, meno percepibile ai sensi, ma altrettanto pericoloso. E' l'inquinamento dello spirito; è quello che rende i nostri volti meno sorridenti, più cupi, che ci porta a non salutarci tra di noi, a non guardarci in faccia... La città è fatta di volti, ma purtroppo le dinamiche collettive possono farci smarrire la percezione della loro profondità. Vediamo tutto in superficie. Le persone diventano dei corpi, e questi corpi perdono l'anima, diventano cose, oggetti senza volto, scambiabili e consumabili.

Maria Immacolata ci aiuta a riscoprire e difendere la profondità delle persone, perché in lei vi è perfetta trasparenza dell'anima nel corpo. E' la purezza in persona, nel senso che spirito, anima e corpo sono in lei pienamente coerenti tra di loro e con la volontà di Dio. La Madonna ci insegna ad aprirci all'azione di Dio, per guardare gli altri come li guarda Lui: a partire dal cuore. E a guardarli con misericordia, con amore, con tenerezza infinita, specialmente quelli più soli, disprezzati, sfruttati. "Dove abbondò il peccato, sovrabbondò la grazia".

Voglio rendere omaggio pubblicamente a tutti coloro che in silenzio, non a parole ma con i fatti, si sforzano di praticare questa legge evangelica dell'amore, che manda avanti il mondo. Sono tanti, anche qui a Roma, e raramente fanno notizia. Uomini e donne di ogni età, che hanno capito che non serve condannare, lamentarsi, recriminare, ma vale di più rispondere al male con il bene. Questo cambia le cose; o meglio, cambia le persone e, di conseguenza, migliora la società.

Cari amici Romani, e voi tutti che vivete in questa città! Mentre siamo affaccendati nelle attività quotidiane, prestiamo orecchio alla voce di Maria. Ascoltiamo il suo appello silenzioso ma pressante. Ella dice ad ognuno di noi: dove ha abbondato il peccato, possa sovrabbondare la grazia, a partire proprio dal tuo cuore e dalla tua vita! E la città sarà più bella, più cristiana, più umana.

Grazie, Madre Santa, di questo tuo messaggio di speranza. Grazie della tua silenziosa ma eloquente presenza nel cuore della nostra città. Vergine Immacolata, Salus Populi Romani, prega per noi!

[© Copyright 2009 - Libreria Editrice Vaticana]

Il mistero dell'Immacolata e il peccato originale, Angelus di Benedetto XVI, 8 dicembre 2008

"Il mistero dell’Immacolata Concezione di Maria, che oggi solennemente celebriamo, ci ricorda due verità fondamentali della nostra fede: il peccato originale innanzitutto, e poi la vittoria su di esso della grazia di Cristo, vittoria che risplende in modo sublime in Maria Santissima. "L’esistenza di quello che la Chiesa chiama peccato originale è purtroppo di un’evidenza schiacciante, se solo guardiamo intorno a noi e prima di tutto dentro di noi. L’esperienza del male è infatti così consistente, da imporsi da sé e da suscitare in noi la domanda: da dove proviene? Specialmente per un credente, l’interrogativo è ancora più profondo: se Dio, che è Bontà assoluta, ha creato tutto, da dove viene il male? Le prime pagine della Bibbia (Genesi 1-3) rispondono proprio a questa domanda fondamentale, che interpella ogni generazione umana, con il racconto della creazione e della caduta dei progenitori: Dio ha creato tutto per l’esistenza, in particolare ha creato l’essere umano a propria immagine; non ha creato la morte, ma questa è entrata nel mondo per invidia del diavolo il quale, ribellatosi a Dio, ha attirato nell’inganno anche gli uomini, inducendoli alla ribellione (cfr. Sapienza 1, 13-14; 2, 23-24). È il dramma della libertà, che Dio accetta fino in fondo per amore, promettendo però che ci sarà un figlio di donna che schiaccerà la testa all’antico serpente (Genesi 3, 15).

"Fin dal principio, dunque, 'l’eterno consiglio' – come direbbe Dante (Paradiso, XXXIII, 3) – ha un 'termine fisso': la Donna predestinata a diventare madre del Redentore, madre di Colui che si è umiliato fino all’estremo per ricondurre noi alla nostra originaria dignità. Questa Donna, agli occhi di Dio, ha da sempre un volto e un nome: 'piena di grazia' (Luca 1, 28), come la chiamò l’Angelo visitandola a Nazareth. È la nuova Eva, sposa del nuovo Adamo, destinata ad essere madre di tutti i redenti. Così scriveva sant’Andrea di Creta: 'La Theotókos Maria, il comune rifugio di tutti i cristiani, è stata la prima ad essere liberata dalla primitiva caduta dei nostri progenitori' (Omelia IV sulla Natività, PG 97, 880 A). E la liturgia odierna afferma che Dio ha 'preparato una degna dimora per il suo Figlio e, in previsione della morte di Lui, l’ha preservata da ogni macchia di peccato' (Orazione Colletta).
"Carissimi, in Maria Immacolata noi contempliamo il riflesso della bellezza che salva il mondo: la bellezza di Dio che risplende sul volto di Cristo".

"QUALCOSA" O" QUALCUNO"? MASSABIELLE, UNA MAMMA DI NOVE BAMBINI E UNA GENERAZIONE PERDUTA.

Alla vigilia della Solennità dell'Immacolata mi vengono in mente le parole di Ann-Marie MacDonald autrice di “Come vola il corvo”, romanzo di alcuni anni fa, incentrato su un modello aperto di famiglia, i Froelich: cinque figli adottati, e molto amati. La protagonista, Madeleine, sceglie di vivere con una donna... Rispondendo alla domanda su cosa fosse per lei la famiglia l'autrice rispose di pensare che "la famiglia nucleare sia un’invenzione della metà del secolo scorso, fatta proprio in Nord America. Una trasformazione che si è voluta far passare per naturale ma che in realtà non lo è. Le famiglie che presento nelle mie storie hanno tutte qualcosa in comune: amore, dedizione, impegno. Questi elementi sono per me già sinonimo di famiglia". (Il Messaggero 29 novembre 2004).
Avere "qualcosa in comune". E tanto basta. "Valori" che coinvolgono, "consumano" la vita, per usare un'espressione della stessa autrice. "Qualcosa", ma non "qualcuno". La differenza è abissale. Questa superficialità mascherata è la sabbia su cui si posa la globalizzata società d'inizio millennio. Dove anche le persone, quelle con cui si vive e per cui si vive, rientrano, "naturalmente", tra i "qualcosa in comune". Vi è, incancellabile, anche nell'uomo di oggi, un profondo desiderio di amare e di donarsi. Il demonio come al solito ha mascherato la realtà, ha "deviato" il cammino e ridefinito l'obiettivo. Qualcosa. Come dire mangio qualcosa, bevo qualcosa, faccio qualcosa. Amo qualcosa. Come la fede in "qualcosa" e non in "qualcuno", in un partito, in un ideale, in una squadra di calcio. E anche quando si sposta sul "qualcuno", è sempre così vago e sconosciuto da diventare presto un "qualcosa". "Me stesso", il "compagno", la "fidanzata", gli "amici", l'"embrione", il "diverso". Qui si gioca il dramma di questa epoca, frantumata in innumerevoli e indefiniti "qualcosa", molto più malleabili, addomesticabili. Sostituibili.
E' più semplice lasciare "qualcosa", dimenticare "qualcosa", buttare "qualcosa". Al massimo un "qualcosa" su mille può aspirare a diventare un feticcio, un simulacro, un totem, un idolo. E allora si tramuta in aguzzino feroce che trasforma chi lo "possiede" - oops, brutta parola, ma è il destino d'ogni "qualcosa" - in uno schiavo del tutto simile al proprio idolo. Che ha bocca ma non parla, ha orecchie ma non ode, ha mani ma non palpa. Non ha mente e non ha cuore. E' un peluche, o poco più. Non è di fronte ma sempre tra le mani, non interpella mai fino in fondo, non chiama. E' una proiezione. E' il destino di questa generazione, orfana di "qualcuno", che ha paura di guardare il passato, considerato un'invenzione borghese, che non ha radici.
Una generazione che per la paura di soffrire si abbandona a "qualcosa", consegna la propria vita a "qualcosa", in fondo sempre sulla difensiva. La famiglia è "qualcosa", e può essere dipinta con i colori che preferisco, la vita stessa è "qualcosa" da vivere seguendo i miti e le pulsioni del momento. E dove appare la sofferenza darsela a gambe, alla ricerca d'altri "qualcosa".
Mi vengono in mente le parole di Bernadette quando descriveva la Donna che le appariva a Massabielle: "Aquerò", "quella lì", una parola molto simile a "qualcosa", indefinita. Ma era una Donna, era Maria, e le indicava di scavare e cercare acqua. E sporcarsi. E Bernadette si è messa a scavare, è stata derisa dal principio delle visioni sino alla sua morte. Ha scavato e ha trovato. L'acqua della Vita. Maria, "Aquerò", l'aveva condotta al segreto nascosto agli angeli, alla perla preziosa, al tesoro, alla felicità incorruttibile. L'aveva condotta a "Qualcuno". A Cristo. Una ragazza semplice, ignorante, lontana dagli agorà culturali della tronfia Francia dei salotti e dell'anticlericalismo di fine '800. Ha scavato e ha trovato. "Aquerò" era Maria di Nazaret, e l' "acqua", quel "qualcosa" indispensabile alla vita, era Cristo. E su quella piccola fonte sono giunti pellegrini milioni di persone da tutto il mondo. Malati e sani, giovani e vecchi, tutti trasformati da quell'incontro.
Questa generazione dissipata dalle menzogne, incatenata da falsi miti e ideologie bislacche, costretta a guardare in basso verso un "qualcosa in comune", abbozzi abortiti di vero amore, questi ragazzi reali e vivi di oggi hanno bisogno di un incontro. Urgente bisogno di qualcuno. Di Cristo. L'unico che svela pienamente l'uomo all'uomo, che lo fa persona, capace di amare, di essere. Di perdere la vita. Per una famiglia, che non è solo avere "qualcosa in comune", ma molto di più. e di più bello. Essere uno in "Qualcuno", una sola carne in Cristo, e donare la vita, in due, diversi eppure uno, uomo e donna eppure un unico corpo nella stessa vita di Dio, attraverso la carne di Cristo. No, non sono parole, è il segreto della felicità, della verità che libera e fa felici. Essere quello per cui si è nati.
Parlavo ieri con un'amica madre di nove figli e mi raccontava come le fosse impossibile avere una propria vita. I figli le strappano anche i secondi, il più piccolo si intrufola persino in bagno. "Non ho tempo per fare la mia volontà, in ogni istante faccio la Volontà di un Altro, e questa è la mia pace". Lo diceva ieri la mia amica, lo diceva Papa Giovanni, lo hanno detto e vissuto milioni di persone raggiunte e salvate da Cristo. Come Bernadette.
E' irrinunciabile dunque annunciare Cristo ovunque, aprire in ogno luogo della terra cammini di conversione che conducano alla fonte delle acque della vita. Maria è immagine della Chiesa, e come ha condotto Bernadette a scavare così è irrinuciabile condurre oggi i piccoli e i poveri della terra, i sofferenti, e con loro ogni uomo a scavare, intraprendere un cammino di discesa al profondo di se stessi dove incontrare la sorgente della Vita. Condurre questa generazione all'incontro con "Qualcuno" che, solo, può salvare e fare felici. Eternamente. Cristo Gesù.


Antonello Iapicca

Il Vangelo di oggi. 8 dicembre, Solennità dell'Immacolata Concezione

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"Ciò che dappertutto altrove richiede un esame
qui non è che l'effetto di un'inerme giovinezza.
Ciò che dappertutto altrove richiede un attestato
Qui non è che frutto di una povera tenerezza.
Ciò che dappertutto altrove richiede un tocco di destrezza
Qui non è che il frutto di un'umile inettudine.
Ciò che dappertutto altrove è costrizione e regola
Qui non è che un impeto e un'abbandono.
Ciò che dappertutto altrove è una dura penale
Qui non è che una debolezza che viene sollevata.
Ciò che dappertutto altrove sarebbe un duro sforzo
Qui non è che semplicità e quiete.
Ciò che dappertutto altrove è la scorza rugosa
Qui non è che la linfa e le lacrime del tralcio.
Ce ne han dette tante, o Regina degli Apostoli
Abbiamo perso il gusto per i discorsi
Non abbiamo più altari se non i vostri
Non sappiamo nient'altro che una preghiera semplice"

Charles Peguy

Lc 1,26-38


In quel tempo, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nazaret, a una vergine, sposa di un uomo della casa di Davide, chiamato Giuseppe.
La vergine si chiamava Maria.
Entrando da lei, disse: “Ti saluto, o piena di grazia, il Signore è con te”. A queste parole ella rimase turbata e si domandava che senso avesse un tale saluto. L’angelo le disse: “Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ecco concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine”.
Allora Maria disse all’angelo: “Come è possibile? Non conosco uomo”. Le rispose l’angelo: “Lo Spirito Santo scenderà su di te, su te stenderà la sua ombra la potenza dell’Altissimo. Colui che nascerà sarà dunque santo e chiamato Figlio di Dio. Vedi: anche Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia, ha concepito un figlio e questo è il sesto mese per lei, che tutti dicevano sterile: nulla è impossibile a Dio”.
Allora Maria disse: “Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto”. E l’angelo partì da lei.

IL COMMENTO

Un appuntamento fissato prima che il mondo fosse. Quel giorno a Nazaret non fu tutto per caso. La Vergine Maria era stata concepita senza peccato, Immacolata concezione. Perchè tutto, ma proprio tutto di Lei fosse per il Signore. Da sempre, e da prima che il sempre fosse tempo. Non un secondo della sua vita separato dal Figlio che il suo seno avrebbe ospitato. Pura. Immacolata. E lei, verosimilmente, non ne sapeva nulla. Era una ragazza, ne conosciamo davvero poco, qualche apocrifo e qualche rivelazione patrimonio di alcuni santi. Ma Parola di Dio, nulla. Nulla prima di quel giorno durante il sesto mese della gravidanza di Elisabetta. Silenzio assoluto su chi fosse stata Maria. I suoi pensieri, i suoi desideri, le sue ansie. Le sue speranze. Nulla. Ad un tratto appare Gabriele sulle soglie d'una casa di Galilea ad "una ragazza di nome Maria". La promessa sposa di Giuseppe. Un nome ed un abbozzo di futuro, un progetto di vita. E all'improvviso, tra le ore d'una normalissima vita d'una normalissima ragazza di Galilea irrompe Dio. Un suo messaggero, poche parole, un tifone. La madre del Figlio di Dio. La madre dell'atteso da tutto Israele. Il Messia, il Salvatore. Non è possibile. No. Non è sposata Maria. V'è una promessa, un contratto certo, ma il matrimonio era solo un progetto. E' impossibile. Ma non per Dio. Non per il Suo Spirito. Non c'è nulla da temere, Dio l'ha colmata di Grazia, IMMACOLATA PER L'IMMACOLATO. Una storia senza inizio nè fine che si fa carne all'improvviso. Senza preavvisi. Un appuntamento segnato sul taccuino di Dio, un segreto serbato nel cuore dell'Altissimo. Con data ed ora vergati in rosso. Il giorno e l'ora di un annuncio. Una notizia e il mondo cambia e vira la storia. Dio si fa Uomo nel seno d'una donna. Solo una Parola: "Sarai Madre. E il Figlio sarà Dio. E salverà il mondo". Nessuna parola su quel che Maria dovrà fare, pensare, cambiare, attuare. Gabriele le annuncia quel che sarà, non quel che farà. Men che meno quel che dovrà fare. Semplicemente. E Maria farà quel che sarà. Farà la Madre del suo Figlio. Sino alla Croce, una spada a trapassarle il cuore. E lo farà perchè lo sarà.
Con il Figlio, sempre. Immacolata concezione per l'immacolata storia dell'Immacolato. Salvata da sempre per il Salvatore. Corredentrice del Redentore. Tutta pura del tutto Puro. Maria per Gesù. Maria e Gesù. Un incontro pensato prima dell'umano pensiero.
E noi frutto sbocciato in quest'incontro. Salvati per quest'appuntamento. La nostra storia incastonata nella loro storia. La nostra vita sgorgata dallo stesso seno. Noi tra Maria e Gesù. Per Maria e Gesù. Un appuntamento anche per noi. I nostri nomi sull'agenda di Dio. E le nostre vite percorse da un'attesa. Forse inconsapevoli. Come Maria. Le nostre giornate, le settimane, i mesi, gli anni scorrono dentro una storia di gioie e di dolori. Di peccati. Si, noi non siamo immacolati. Pesano le conseguenze dell'originale peccato, e la carne grava le nostre esistenze d'un peso spesso insopportabile. Schiavi d'un padrone che tiranneggia pensieri cuore e azioni. E all'improviso e senza preavviso un annuncio. Anche per noi. E cambia la vita. Nessuno ci aveva detto nulla, eravamo mendicanti sul ciglio d'una strada sperando un po' d'amore e qualcosa per non morir di fame. La mano tesa ad implorare aiuto. Lavoro, famiglia, viaggi, svaghi, sport, studio, cose. Tutto per sentirsi vivi. Ed accorgersi d'esser quasi morti. E Lui che appare all'improvviso. E in quell'istante cambia la vita. Il Suo sguardo, le Sue parole, poche: "Scendi, oggi mi fermo a casa tua". Oggi la mia, la nostra vita è la Sua casa. Senza tempo per riassettare. Oggi il Signore nella nostra vita d'oggi. In quest'oggi che porta tutti gli oggi passati, di me, di noi, della famiglia, degli ambienti, degli incontri. Dei nostri peccati. Quest'oggi partorito dai tanti ieri gravidi di futuro, è l'inizio d'un domani nuovo. Come la Croce è il seno glorioso della Risurrezione, e la morte in Cristo non è altro che l'utero benedetto della Vita che non muore. Cristo in noi, in ciascuno di noi. E cambia tutto. E tutto quel che è stato, i pezzi di storia passata, sconnessi, stonati, confusi brillano di luce nuova. V'era il Suo disegno dentro la nostra storia. Tutto diviene armonico, tutto di noi era per Lui. Da sempre per Lui. E non ne sapevamo nulla. Ci ha sorpreso il Signore, come sorprese la Vergine Maria.
E nell'Immacolata sua concezione c'era anche la nostra storia. Impura eppure immacolata. Peccati già gravidi di misericordia. La Sua Grazia per un appuntamento. Un annuncio ed è la salvezza. La pace. La gioia. La vita aveva un senso, i giorni conducevano ad un giorno. A questo giorno. E tutto diviene chiaro, solare. La luce della Grazia ad illuminare la vita. Eravamo per Lui. Da sempre. E non lo sapevamo. Tutto nella vita parlava di Lui. E non avevamo occhi. Ma in un momento la Sua Parola annunciata ci raggiunge come un fascio di luce e tutto brilla di luce nuova. La verità. Per Cristo. Con Cristo. In Cristo. Un pane e un calice levati, è questa la nostra vita. Siamo Suoi, e questo è tutto. Pensieri, parole, azioni, tutto sgorgherà poi naturale. Non più noi, ma Lui vivo in noi. E' questa la vita nostra. Non v'è n'è un altra, per quanto si pensi e si cerchi.
E' festa oggi. L'Immacolata Concezione ci svela il segreto d'un dogma arcano: come Lei e per Lei siamo di Gesù. Tutto di noi è per Lui. Come per Maria, ogni istante, passato, presente, futuro, tutto è in Lui ed in vista di Lui. Ogni cellula della nostra esistenza, ogni secondo è colmo di senso, orientato alla pienezza di Cristo in noi. Nulla è perduto. Nulla è annoiato. Tutto è santo, separato, eletto, sigillato per Lui. Tutto in noi prepara il parto benedetto, quell'istante che s'affaccia sulle nostre giornate, un insulto, una malattia, un fallimento. La Croce, la Città sopra il monte, il candelabro che illumina la notte del mondo. Le nostre notti gusci della luce di Cristo ad illuminare le tenebre del mondo. In noi la morte, nel mondo la vita. La missione di Maria, della Chiesa, di ciascuno di noi. Cristo vivo in noi e, per mezzo nostro, donato al mondo. Per questo siamo nati, ed in Lui esistiamo, ci muoviamo, pensiamo, viviamo. Per Lui. Tutto. Assolutamente. Come Maria. Con Maria. Da sempre e per sempre.