DISCERNERE
Uno sguardo profetico sugli eventi
Contraccettivo low cost – Bill Gates: 1$ per ridurre la popolazione mondiale
Francia Socialisti all’assalto «Nei licei assegni per la contraccezione»
Il destinatario della petizione non è tuttavia il ministro dell’Istruzione, ma il presidente della Repubblica in persona, Nicolas Sarkozy. Nel testo inviato all’Eliseo si può leggere: «Le trasmetto questa petizione firmata da liceali, genitori di allievi e da professionisti della sanità chiedendole di rivedere la decisione del ministro dell’Istruzione e di autorizzare la distribuzione dei passcontraccezione da parte delle infermiere scolastiche». Il braccio di ferro solleva da tempo un gran polverone, sullo sfondo di accuse incrociate fra i sostenitori della Royal e il campo governativo neogollista. Da un punto di vista amministrativo, i licei rappresentano una competenza regionale. Ma le infermiere scolastiche, così come i presidi degli stessi licei, sono posti sotto la tutela dei provveditorati, dunque dello Stato. Il personale si è dunque trovato fra l’incudine e il martello.
Al di là di tutti i complessi e contorti risvolti giuridici del caso, tanto il ministero quanto molti osservatori indipendenti hanno ricordato che l’accesso alla contraccezione gratuita per gli studenti è già consentita da anni presso i centri di planning familiare, legati amministrativamente ai dipartimenti, l’equivalente transalpino delle nostre province. Ma allora perché tutte queste lunghe e strenue battaglie di trincea, visto che anche molti studenti già al corrente del dispositivo tradizionale si sono stupiti dell’iniziativa del Consiglio regionale? Da tempo, sono molti gli osservatori che accusano la Royal di un’azione ben poco ortodossa volta principalmente all’autopromozione politica, in vista soprattutto dell’ormai non lontana nuova corsa per l’Eliseo.
Daniele Zappalà
© Copyright Avvenire 13 maggio 2010
Cinquant’anni di Pillola non ci hanno portato la felicità. Giuliano Ferrara
Va bene, va bene. E’ anche vero che non si possono attribuire alla Pillola tutti gli squilibri di cui magari ci si potrebbe perfino lamentare, a voler essere bigotti e antimoderni. Non è colpa della Pillola se si registra una certa perdita di senso della famiglia biparentale tradizionale, del matrimonio e dell’educazione come progetto di vita e di successione delle generazioni, per non parlare dell’aborto e del nostro progressivo ottundimento morale nei suoi confronti. Inutile prendersela con lei, la Pillola, per la manipolazione genetica della vita come altra faccia dell’idea che i figli sono fabbricabili, sono prodotti facoltativi, compresa la deriva dell’eugenetica e della pianificazione familiare omicida come in Asia. Insomma, facciamo finta che l’unica conseguenza della Pillola sia stato un vento di liberazione, di autonomia, di presa di possesso di se stesse per le donne non più condannate al ruolo riproduttivo cosiddetto. Facciamo finta di niente, lasciamo che si compia il ciclo ideologico liberal, non roviniamo la festa di compleanno della Contraccezione.
Resta il fatto che il sesso senza conseguenze, avallato dal “primo medicinale assunto regolarmente per una ragione diversa dalla cura di una malattia” (Time), non ha prodotto quel mondo estatico, edonistico, eudaimonistico, quel mondo piacevole e felice che si era immaginato, e che sembrava suggellato dal sorriso stupefacente dei figli dei fiori o dalla carnalità metaconcertistica avvoltolata nel fango creativo di Woodstock. La mentalità femminista mette a buon diritto l’accento sull’angoscia del restare incinte sanata dalla Pillola insieme a molte altre preoccupazioni sociali e di sviluppo di una personalità libera. D’accordo. Ma le altre angosce? L’altro dolore?
Ernest Hemingway diceva che è moralmente cattivo un atto che non ti soddisfa, moralmente buono il suo contrario. Va bene, ammettiamo che sia così, che questo brocardo del relativismo esprima una relazione di causa ed effetto bronzea, necessaria, infallibile. Siamo soddisfatti? Cinquant’anni dopo la rivoluzione tecnomedica che ha separato il sesso dalle sue conseguenze, e l’eros dalla sua specifica virtù di carità e di amore, direi che sarebbe responsabile, e anche ragionevole, riflettere sul grado di soddisfazione media rintracciabile nelle società secolarizzate integralmente e spesso totalitariamente. Non mi sembra altissimo, francamente. I progressi ci sono stati, eppure non è l’incanto della libertà, ma il suo fantasma buñueliano, che ci segue come un’ombra. E se anche sarebbe impensabile tornare indietro, in un certo senso, ciascuno dentro di sé cerca lo spazio di coraggio e di curiosità per interrogarsi su come andare avanti. Thomas Mann diceva che l’umanità ha un “udito fine”, nonostante tutto, ed io ci credo. Si può fare di meglio, sembrerebbe, nell’ambizione di viver felici. Parecchio meglio.
© - FOGLIO QUOTIDIANO
Aids: il preservativo non preserva
Nello sconcerto causato dall’imperversare dell’epidemia di Aids i corifei della «libertà sessuale» si aggrappano al preservativo come ultima ancora di salvezza per salvare la loro ideologia dal naufragio. «I preservativi vi augurano buone vacanze», si leggeva quest’estate su parecchi cartelloni pubblicitari giganteggianti negli angoli d’Europa. Allo stesso tempo, con un’insistenza crescente, si ritorce la colpa dell’epidemia su chi, come il Magistero cattolico, non è disposto a raccomandare l’uso di questo mezzo profilattico, la cui diffusione è un’ulteriore spinta verso la degradazione della sessualità. Ma questo articolo del prof. Joannes P.M. Lelkens, emerito di anestesiologia all’Università di Maastricht e attualmente docente di fisiologia all’Istituto «Medo» di Kerkrade (Paesi Bassi) per la famiglia e l’educazione e membro del direttivo della fondazione «Medische Ethiek», mostra il volto sconosciuto di una campagna mondiale che, dietro gli enormi interessi economici in gioco, nasconde gravi limiti scientifici, in conseguenza dei quali il «magico» preservativo si rivelerebbe come la più grande bufala del secolo.
Ci scusiamo con i lettori per la crudezza di certi dettagli, ma, per smontare un mito, a volte non c’è altro mezzo che il nudo realismo.
Il governo olandese promuove fin dal 1987 campagne pubblicitarie intese a raccomandare ai giovani il «sesso sicuro», cioè l’uso del preservativo. A prescindere dalla valutazione morale che merita un govemo che si comporta così, è legittimo il sospetto che questo nmedio sia piuttosto un veicolo del contagio che un profilattico.
Come «sesso sicuro», oggigiomo, s’intendono gli atti sessuali compiuti in modo da impedire che diano luogo alla trasmissione dello Hiv (Human Immunodeficiency Virus), un virus che provoca l’Aids. L’Aids a sua volta non è propriamente una malattia, ma, come dice il nome (Acquired Immune Deficiency Syndrome) una sindrome. La vera malatti è l’infezione da Hiv, di cui l’Aids costituisce lo stadio finale. Chi ne è affetto ne resta per tutta la vita portatore; e risulta sempre più confermato che nella grande maggioranza dei casi questa infezione è mortale (la ricerca attualmente colloca la percentuale di mortalità accertata attomo all’80%). Pertanto i sieropositivi, cioè coloro nel cui sangue un apposito test rivela l’esistenza dello Hiv, anche se non mostrano ancora sintomi della malattia, non si possono dire «portatori sani»: sono «morituri», e rappresentano per giunta un pericolo mortale per i loro partner sessuali.
Adesso che in Olanda, oltre alla Commissione Nazionale Aids, sempre più organizzazioni, alcune addirittura cattoliche, si mettono a far propaganda del preservativo come toccasana per evitare l’infezione da Hiv, è urgente porsi la questione: «Il preservativo perde o non perde? E se perde, che cos’è che lascia o non lascia passare?». Sia chiaro che è una questione di vitale importanza quando ci sono di mezzo malattie veneree come un’infezione da Hiv, contro la quale in dodici anni di ricerca non è stata trovata alcuna terapia, e che, lungi dall’essere un pericolo esciusivo per gli omosessuali, ormai si diffonde rapidamente anche tra gli eterosessuali e fa sempre più vittime tra donne e bambini.
Fino al 1960 il preservativo veniva usato come il più importante anticoncezionale, accanto al «coitus interruptus», ma nel 1960 fu soppiantato dalla «pillola», grazie a una propaganda massiccia che strombazzò a dritta e a manca l’inaffidabilità del preservativo. Una propaganda tutt’altro che infondata, dal momento che la letteratura denuncia una probabilità di insuccesso dal 9% al 14%. Il che è come dire che su 100 coppie che per un anno come anticoncezionale usano esciusivamente il preservativo, circa 12 donne rimangono incinte. A proposito di questi «insuccessi», però, bisogna tener conto del fatto che anche senza preservativo la probabilità di contrarre gravidanza non è del 100%, ma dell’89%. Quindi 89 gravidanze su 100 coppie in un anno. Il rapporto 0,12/0,89 (=0,13) indica pertanto una probabilità di insuccesso del 13%, o, in altre parole, un’efficacia dell’87% nella prevenzione della gravidanza per mezzo di preservativi (1). E il 13% è una percentuale di insuccesso molto alta, se si tiene conto del fatto che una donna è feconda soltanto da 3 a 6 giorni a! mese (da 36 a 72 giorni all’anno), il che è come dire: dal 10% al 20% del tempo. Per quanto sia difficile immaginarselo, il preservativo è permeabile agli spermatozoi.
La «cortina di gomma»
Eppure — incredibile ma vero! — negli anni Ottanta, infierendo già l’epidemia di Aids, il preservativo tapino e vilipeso si vide proclamato rimedio per antonomasia contro la diffusione del virus; grazie a lui il sesso da allora in poi poteva dirsi «safe». Grande fu lo stupore e la preoccupazione degli «insiders», perché sapevano bene che il virus dell’Aids e più piccolo degli spermatozoi, e pertanto capace di superare ancor più facilmente la «cortina di gomma». Ma grande fu pure il sollievo di chi aveva temuto che l’Aids avrebbe messo il punto finale alla conquistata libertà sessuale e che adesso si sentiva dire, addirittura da fonti governative, che i preservativi sono sicuri. Giacché è questo che ci insegnano oggi in Olanda manifesti e spot televisivi: «Faccio l’amore sicuro o non lo faccio per niente», strategicamente piazzati dalla Fondazione «Affezioni a trasmissione sessuale» (Soa, «Sexueel Overdraagbare Aandoeningen») sovvenzionata dallo Stato. Il messaggio è chiaro: si fa vedere un uorno, impegnato in un atto sessuale, con in mano un pacchetto di preservativi che, stando al testo, dovrebbero offrire una difesa sicura contro la trasmissione dello Hiv.
A parte l’offesa che questa pubblicità comporta per alcuni settori della popolazione, viene da domandarsi se con l’illusione di diffondere un consiglio salutare non si stiano sperperando soldi dello Stato in una propaganda dagli effetti micidiali.
Nel frattempo in altri Paesi non si dà tanto per scontata la sicurezza dei preservativi. La Federal Drugs Administration (Fda), per esempio, l’ente che negli Stati Uniti controlla i medicinali, nota che il preservativo di gomma può fare qualcosa per prevenire le malattie veneree, ma non elimina il rischio (2).
Il contatto diretto con sperma infetto è la causa principale della trasmissione per via sessuale del virus dell’Aids. In una eiaculazione vengono emessi circa 3,5 milliuitri di sperma, e il liquido seminale di un uomo sieropositivo contiene più o meno 100.000 particelle di virus per microlitro (0,001 millilitri). Una caratteristica dei virus è proprio la loro dimensione incredibilmente ridotta. Al microscopio elettronico si è potuto costatare che ii virus Hiv è una pallina del diametro di appena 100 nm (nanometri), cioè 0,1 micron (1 micron = 0,001 mm e 1 nanometro è un miliardesimo di metro). Ciò significa che il diametro della parte più grossa dello spermatozoo, la testa, che è di 3 micron, è trenta volte più grande dello Hiv (3). Il che è come dire che, se lo spermatozoo ce la fa a oltrepassare la parete del preservativo, il transito è trenta volte più comodo per il virus. «Sì, però… i preservativi, non vengono testati?». Certo; e in Olanda si continua a pensare — ci credono pure il govemo e la Commissione Nazionale Aids — che si possa star sicuri di come vengono controllati prima di essere messi in vendita. Che siano impermeabili — si dice — basterebbe a dimostrarlo il fatto che non lasciano passare nemmeno una molecola d’acqua: «Figuriamoci se passa uno Hiv!».
Ma siamo proprio tanto sicuri che i preservativi non presentino pori abbastanza larghi (più di un 0,1 micron) da lasciar passare lo Hiv, e allo stesso tempo abbastanza piccoli da sfuggire al controllo dei test? Per rispondere a questa domanda la bibliografia medica ci aiuta poco. Dobbiamo rivolgerci ai manuali e alle nviste dell’industria della gomma.
La permeabilità dei preservativi viene valutata con il cosiddetto «test di permeabilità», noto con la sigla Astm D 3492-89. Questo test è basato sullo standard originale Astm, consistente nella percezione visiva di perdite (gocce d’acqua) su un preservativo appeso e riempito con 300 ml di acqua; altro elemento del test è il metodo, usato dalla Fda, di far rototare il preservativo su carta, in modo da scoprire più facilmente gocce d’acqua fuoriuscite. Se più dello 0,4% (4 per mille) della partita di preservativi esaminata mostra delle perdite, si scarta tutta la partita. È noto l’esito di un esperimento che fu fatto per scoprire se fosse possibile che, nonostante questa prova, piccole perdite passassero inosservate. Furono aperti, con l’aiuto di un microscopio elettronico, dei forellini di 1 micron in preservativi nuovi, di marche diverse, che avevano già superato il test (4). Di questi preservativi, con forellini dieci voile più grandi dello Hiv, il 90% (!) superò un secondo test, cioè non mostrò alcuna perdita di acqua.
In un altro esperimento vennero introdotte, in preservativi che avevano superato il test di permeabilità, microsfere fluorescenti di polistirene del diametro di 0,1 micron, cioè dello stesso diametro dello Hiv (5). Una volta riempiti, questi preservativi vennero esposti a variazioni fisiologiche di pressione, analoghe a quelle che si verificano durante un coito; dopodiché vennero contate le microsfere fuoriuscite. Risultò che un terzo di questi preservativi, pur testati e approvati, mostrava perdite di liquido di un volume tra gli 0,4 e gli 1,6 nanolitri. Si noti che la quantità di liquido minima percepibile a occhio nudo è di 1 microlitro (1 milionesimo di litro, pari a 1000 nanolitri). Il che è come dire che, se questo microlitro di liquido fosse di sperma di un uomo infetto da Hiv, ben centomila particelle di virus sfuggirebbero alla nostra osservazione. E questa è proprio la quantità media di particelle di virus che presenta per microlitro lo sperma infetto. Supponiamo che un coito duri in media 2 minuti, con un preservativo che perde 1 nanolitro per secondo. Il calcolo (1/1000 x 100.000 x 120) ci dà un prodotto pari a 12.000 virus che attaccano il partner, quando uno solo basta a infettarlo. Se, per ipotesi, un coito durasse 30 minuti arriveremmo a (15 x 12.000 =) 180.000 particelle.
Il test elettrico
A quanto pare dunque il test di permeabilità in uso per i preservativi non è abbastanza sensibile da rintracciare quei pori minimi che bastano a far passare i virus. L’apertura minima percepibile con il test di permeabilità è tra i 10 e i 12 micron, quindi cento volte piü grande del virus Hiv. Oltre al test di permeabilità ne esiste un altro, anch’esso di uso frequente: è un test elettrico, basato sulle capacità isolanti della gomma. Un preservativo viene infilato su una forma di metallo. Se gli viene avvicinato un elettrodo, dovrebbe passare corrente elettrica per quei punti in cui il preservativo presenta dei fori. Ma soltanto se ci sono aperture di una certa grandezza la resistenza non impedisce che si formi questa corrente; il che è escluso nel caso dei micropori. Anche questo test non è abbastanza sensibile e non serve quindi a rintracciare fori piccolissimi.
Costatato che i test in uso non riescono a scoprire aperture inferiori a 10 micron di larghezza, è importante studiare la natura di questi fori che si possono osservare nei preservativi e vedere se siano difetti inerenti al materiale usato, il latice. I preservativi di latice dell’albero della gomma hanno infatti da lungo tempo soppiantato quelli, piü cari, di intestino animale. È possibile produrli anche in gomma sintetica; ma non accade di frequente, perché la minore elasticità e altre caratteristiche li rendono meno attraenti per il consumatore.
La fabbricazione di preservativi di latice di gomma è abbastanza semplice. Si immerge una forma cilindrica di vetro in un serbatoio di latice liquido, che è una sospensione di particelle di gomma con un diametro variabile tra gli 0,1 e i 5 micron. Lo spessore dello strato di gomma che aderisce alla forma è determinato dalle sostanze solide contenute nella soluzione e dal tempo di immersione (generalmente si compiono due immersioni successive). Poi la forma viene tirata fuori e asciugata e vulcanizzata. La vulcanizzazione è un procedimento chimico durante il quale il latice di gomma, con l’aggiunta di zolfo e additivi minerali in soluzione, viene sottoposto a una temperatura di circa 140 °C per quattro o cinque ore. Da termoplastica la gomma diventa così elastica; la sua capacità di trazione aumenta e migliora la resistenza al calore. Successivamente il materiale viene lisciviato, in modo da eliminare sostanze idrosolubili. Alla fine il preservativo viene sfilato dalla forma. In pratica attualmente abbiamo fabbriche pressoché interamente automatizzate che immergono allo stesso tempo moltissime forme in enormi contenitori pieni di latice.
L’integrità strutturale del materiale di latice dipende dalla formazione di una pellicola di particelle di gomma saldate fra loro. Il materiale deve soddisfare a requisiti severissimi, se si vuole che formi una barriera per i virus, che sono incredibilmente piccoli. È possibile che talora la saldatura delle particelle di gomma sia impedita dalla presenza di sostanze idrosolubili, dando luogo, dope la lisciviatura, a strutture capillari. Per quanto l’intenzione dei produttori sia che queste strutture capillari dopo l’asciugatura della pehhicola si saldino tra loro, l’osservazione al microscopio elettronico dimostra che di fatto la pellicola continua a presentare, alla fine del processo, una grande quantità di pori.
Descrivendo questa ricerca in un articolo nella rivista specializzata Rubber World del 1993 (6), C.M. Roland, Capo della sezione «Proprietà dei polimeri» del Naval Research Laboratory di Washington, scrive: «Sulla superficie del preservativo la struttura onginale appare al microscopio come un insieme di crateri e pori. I crateri hanno un diametro di circa 15 micron e sono profondi 30 micron. Più importante per la trasmissione dei virus è la scoperta di canali del diametro medio di 5 micron, che trapassano la parete da parte a parte. Ciò significa un collegamento diretto tra l’interno e l’esterno del preservativo attraverso un condotto grande 50 voile il virus».
Questa scoperta portö Roland a scrivere una lettera allo Washington Post (7), nella quale raccomandava, come profilassi contro lo Hiv, di usare due preservatiVi, l’uno sopra l’altro.
La legge di Poisseulle
Alla luce della scoperta di questi canali fatta da Roland si può anche capire meglio perché mai questo test di permeabilità non sia affidabile. Infatti il test di permeabilità ha per oggetto il flusso di una certa quantità di liquido che, nel caso del preservativo, scorre attraverso un tubo breve e molto stretto. La legge di Poisseulle dice che la quantità «q» di liquido che fuoriesce è direttamente proporzionale alla quarta potenza del raggio «r» del tubo.
Se la differenza di pressione tra le estremità del tubo nmane uguale, come pure la viscosità del liquido e la lunghezza del tubo, è chiaro che se il tubo si restringe (=diminuzione del raggio «r») la sensibilità del test (=la quantità di liquido «q») diminuisce rapidissimamente (alla quarta potenza di «r») in tubetti dalle misure capillari, che cioè raggiungono rapidamente valori minori di 1 microlitro, che e il limite della percepibilità visiva. L’applicazione del test di permeabilità ai preservativi si fonda sulla supposizione erronea che preservativi che non lasciano passare l’acqua — per lo meno non in quantità visibili — impediranno anche il passaggio dello Hiv, dal momento che le molecole d’acqua sono più piccole del virus.
Il test di permeabilità, come lo si applica attualmente, riesce a rintracciare soltanto quelle perdite e rotture che sono così grandi che l’acqua fuoriuscitane è visibile a occhio nudo. A quanto pare l’hanno già capito i Centers for Disease Control (Cdc) americani, che hanno commissionato all’Università di Atlanta lo studio di un nuovo test per i preservativi. I canaletti individuati nelle pareti di preservativi e guanti di gomma sono vasi capillari; e nel passaggio di liquidi nei vasi capillari non agisce solo la pressione idrostatica, ma anche la tensione superficiale. Se si usano mezzi che riducono questa tensione superficiale, la permeabilità non farà che aumentare. È quello che succede quando i preservativi vengono bagnati con lubrificanti e spermicidi, che spesso sono composti di oli e grassi. Ecco perché alcuni produttori di preservativi raccomandano di usare per questo trattamento solo prodotti a base di acqua. Si sente talora obiettare che il virus Hiv non circola libero nello sperma ma si trattiene nei globuli bianchi (cellule «helper» Cd4); tutto dipenderebbe allora dalla risposta alla questione se queste cellule o linfociti, che sono piü grandi del virus, possano o no oltrepassare la parete del preservativo. La risposta è duplice. In primo luogo è vero che i virus contenuti nello sperma si trovano per lo più, come avviene pure nel sangue, rinchiusi in questi linfociti e non negli spermatozoi; ma solo per un tempo limitato. A un certo momento, infatti, le cellule ospitanti scoppiano e i virus si diffondono nel liquido seminale. In secondo luogo le cellule helper Cd4 sono fatte in modo tale da poter raggiungere qualsiasi punto del corpo, come i globuli rossi. Il loro diametro varia da 5 a 20 micron e possono quindi essere più grandi del diametro dei canaletti individuati in preservativi e guanti. Ma sono deformabili e possono passare pertanto attraverso le ramificazioni più sottili del sistema circolatorio, cioè vasi di diametro tra i 5 e i 10 micron; tali condizioni possono benissimo verificarsi pure nei preservativi.
Sara bene tener presente che tutte queste ricerche sono state eseguite su guanti e preservativi di recente fabbricazione, senza tener conto dello scadimento di qualità che sopravviene col passare del tempo. Per esempio la possibilità di lacerazioni aumenta dal 3,6% per i preservativi nuovi al 18,6% per i preservativi che hanno già un po’ di anni (8), e aumenta pure in ragione dell’aumento della temperatura ambientale; sbaglia pertanto chi pensa di combattere l’Aids in Africa stimolando l’uso del preservativo, dato che in molti Paesi di questo continente funestato dall’epidemia il clima è molto caldo.
Com’è la situazione di fatto? Questi risultati di ricerche di laboratorio trovano riscontro nel fallimento della prevenzione dell’Aids? Su questo argomento sono già state pubblicate molte statistiche e segnalate percentuali di insuccesso. Ma la maniera migliore per testare nella realtà la sicurezza offerta dai preservativi è lo studio della frequenza della trasmissione del virus tra coppie eterosessuali Hiv-discordi, cioè le coppie di marito e moglie nelle quali uno solo dei due è sieropositivo.
Una probabilità del 30%
Una sola ncerca (9) è stata fatta partendo da questo requisito e allo stesso tempo soddisfacendo alle condizioni che la sieropositività fosse stata costatata in base all’esame del sangue (test Elisa e Western Blot) e che i preservativi si usassero regolarmente nel corso di un anno. Furono esclusi dall’esperimento soggetti che si drogavano per via endovenosa e soggetti che avevano subito trasfusioni di sangue. I risultati hanno dimostrato che l’uso del preservativo diminuisce del 69% la probabilità di contrarre l’infezione da Hiv. Ma nei casi in cui entravano in gioco fattori come una notevole gravità delle condizioni del paziente, la pratica del coito anale, l’essere stati affetti da malattie a trasmissione sessuale, rapporti sessuali con un gran numero di partner diversi e l’uso della «spirale», non si poteva piü parlare di una diminuzione significativa del rischio per chi usava i preservativi (10). Quindi il preservativo diminuisce la possibilità di contrarre l’infezione da Hiv, ma non la esciude affatto. Quello che rende particolarmente significativa una tale ricerca, condotta su coppie di marito e moglie Hiv-discordi, è la certezza che due coniugi che sanno chi dei due è sieropositivo, il preservativo lo useranno con regolarità, per evitare che l’altro partner venga infettato.
Sara un caso, ma la probabilità di infezione del 30% che risulta da questa ricerca coincide con l’esito della prova anteriormente descritta fatta con le microsfere fluorescenti, in cui la terza parte dei preservativi esaminati risultò permeabile per queste palline delle stesse dimensioni del virus Hiv.
Di che sicurezza gode, allora, chi segue il consiglio dello slogan olandese «Faccio l’amore sicuro o non lo faccio per niente» o obbedisce al più secco e imperativo «Mettitelo!» della campagna pubblicitaria dei nostri vicini belgi? Vediamo un po’ di pareri autorevoli.
La Dr. Helen Singer Kaplan, sessuologa e direttrice dello «Human Sexuality Program» del Medical Center della Cornell University di New York, dcrive nel suo libro The Real Truth about Women and Aids (Simon and Schuster, 1987): «Counting on condoms is flirting with death» («Contare sui preservativi è far la corte alla morte»).
La «Rivista Medica Olandese», 135 (1991), n. 41: «La pratica dimostra che c’è un grande bisogno di un mezzo che prevenga tanto lo Hiv quanto la gravidanza. Purtroppo la gente non si è ancora resa ben conto che questo mezzo non può essere il preservativo».
In una lettera di un medico del Ministero della Sanità olandese, datata 26 maggio 1993 e indirizzata a un cittadino che aveva manifestato la sua preoccupazione, si legge: «Le norme qualitative in Olanda sono esigenti. Le ricerche effettuate hanno dimostrato che la probabilità di perdite e lacerazioni è tra l’1% e il 13%. Ciò significa che il preservativo diminuisce notevolmente la possibilità di contrarre per via sessuale un’infezione da Hiv».
Un fax del 14 giugno 1993 di una fabbrica danese a un importatore olandese dice che i consumatori di preservativi possono aspettarsi nei prossimi anni «uno scadimento di qualità pari al 36%, come conseguenza dell’equiparazione delle direttive di fabbricazion in ambito Cee: i requisiti sono infatti molto meno severi in Paesi come la Spagna, il Portogallo e l’Italia che da noi».
Si potrà a questo punto obiettare che l’insuccesso del preservativo nella prevenzione della gravidanza e dell’infezione da Hiv non è dovuto esclusivamente a perdite. Ci sono infatti anche altre cause come le lacerazioni, l’uso sconsiderato, lo sfilamento, ecc. Ma con tutto ciò sarebbe irragionevole prescindere dai risultati delle ricerche sulle perdite dei preservativi, condotte da esperti nel campo della gomma. Tanto più che la pubblicazione delle loro conclusioni è prova della loro obiettività, dal momento che tali risultati non si può certo dire che depongano a favore dei prodotti della loro stessa industria. Al contrario, voci maliziose insinuano che, pubblicando questi risultati, l’industria della gomma cerchi di mettere le mani avanti per prevenire eventuali richieste di risarcimento di danni da parte di consumatori di preservativi che abbiano contratto l’infezione da Hiv.
In netto contrasto con quesste dichiarazioni e pubblicazioni, il Consiglio olandese per la pubblicità (Nederlandse Reclameraad), interpellato da un esposto che sosteneva il carattere mistificatorio e scandaloso dello slogan «Faccio l’amore sicuro o non lo faccio per niente» ha emesso l’11 agosto 1993 una decisione che suona così: «A giudizio del Consiglio la frase “faccio l’amore sicuro” non può essere intesa nel senso assoluto che questa parola ha secondo l’autore dell’esposto e secondo il “Grande vocabolario Van Dale della lingua neerlandese”. La sicurezza assoluta in pratica non esiste. [...] Nel contesto in cui viene usata, la parola “sicuro” (“veilig”) non la si può intendere altrimenti che nel senso che un preservativo offre un grado elevato di sicurezza, per cui il pericolo di infezione da virus dell’Aids viene notevolmente ridotto».
Ma a prescindere dalla presunzione del Reclameraad di ritenersi piü autorevole del Van Dale come interprete della lingua neerlandese, lo slogan contro cui si è sporto il reclamo, alla luce delle ricerche di cui abbiamo parlato, risulta essere tutt’altro che un consiglio sicuro.
Soprattutto per i giovani, che non pare si preoccupino tanto di che cosa ci sia di vero in questa millantata sicurezza, un simile consiglio può essere piuttosto uno stimolo a «provarci» ogni tanto. proprio perché invogliati da questa propaganda del preservativo. Un’infezione da Hiv è tuttora una malattia mortale, ma a chi mette in giro questa pubblicità col finanziamento, in questo caso, del Ministero della Sanità non pare che importi molto di avere cadaveri sulla coscienza. Sarebbe ora che non solo queste persone, ma tutti noi cominciassimo a capire che soltanto il recupero di una visione cristiana della vita e della concezione monogamica della sessualità garantiscono una difesa contro la diffusione dello Hiv. La vera causa delI’Aids sta infatti nella «Acquired “Integrity” Deficiency Syndrome», cioè nella perdita di integrità morale che ci ha regalato l’ideologia della «libertà» sessuale. Chi non arriva a capirlo o fa finta di non vederlo sappia per lo meno che di sicurezza, il preservativo, ne offre tanta quanta il tamburo di un revolver nella roulette russa.
Joannes P.M. Lelkens
Tratto da Contro la leggenda nera
EllaOne, basta la parola. Un “contraccettivo d’emergenza” che assomiglia molto a un abortivo
per distinguerla dalla pillola
del giorno dopo, rispetto alla quale
presenta il “vantaggio” di poter essere
usata fino a centoventi ore dopo il
rapporto sessuale a rischio di concepimento,
anziché fermarsi alle settantadue
ore del Norlevo. Il suo nome
commerciale è EllaOne, è già arrivata
in Francia, in Gran Bretagna e in Germania
e, grazie all’autorizzazione al
commercio concessa dall’Agenzia europea
per i farmaci (Emea), sembra
prossimo il suo sbarco anche in Italia,
fin dall’inizio previsto nella strategia
di lancio dell’azienda produttrice di
EllaOne, la francese HRA Pharma.
Ora, a parte che parlare di “contraccezione”,
sia pure “d’emergenza”,
per un preparato che agisce fino a cinque
giorni dopo il rapporto sessuale è
abbastanza ridicolo, scopriamo che il
princio attivo di EllaOne, l’ulipristal
acetato, è un antagonista del progesterone
dall’azione molto simile a
quella del mifepristone, un altro antagonista
del progesterone che costituisce
il principio attivo della pillola
abortiva Ru486. Succede, insomma,
che alla base della diversa tipologia
di registrazione di preparati dotati
della stessa azione, c’è sicuramente
un diverso dosaggio ma anche una diversa
strategia di mercato. EllaOne si
guarda bene dal proporsi come abortivo,
ma “nella fisiologia della riproduzione,
l’embrione a cinque giorni
dal concepimento è in utero per annidarsi”
(come scrive il ginecologo Lucio
Romano, presidente di Scienza e
Vita, nell’ultima newsletter dell’associazione).
EllaOne si presenta come
contraccettivo ma il suo principio attivo
è simile all’abortivo mifepristone.
D’altra parte, si sa che sono in corso
sperimentazioni per fare anche del
mifepristone, a dosi più basse che nella
Ru486, un bel “contraccettivo d’emergenza”.
Basta cambiare definizione
e si rassicura sulla natura non
abortiva ma “contraccettiva” di ciò
che, con ogni evidenza, impedisce a
un embrione di cinque giorni, già formato,
di annidarsi in utero.
Il Foglio 30 gennaio 2010
La contraccezione è lecita?
ROMA, domenica, 25 ottobre 2009 (ZENIT.org).- Fin dalla pubblicazione dell'Enciclica di Paolo VI Humanae Vitae, la contraccezione è stata al centro di un intenso dibattito. Nonostante i tanti pronunciamenti del magistero sulla questione, ancora oggi ci sono cattolici che ne sostengono la liceità.
Per rispondere a diversi quesiti che si ripropongono abitualmente, la bioeticista Angela Maria Cosentino ha scritto e pubblicato il libro "Verità che scottano - domande e risposte su questioni attuali di amore e di vita" (Effatà Editrice- 176 pagine 12,00 Euro).
Ne riportiamo la parte riguardante la Contraccezione.
di Angela Maria Cosentino
Quali sono i mezzi immorali per la regolazione delle nascite ?
E'intrinsecamente immorale ogni azione - come per esempio la sterilizzazione diretta o la contraccezione - che, o in previsione dell'atto coniugale o nel suo compimento o nello sviluppo delle sue conseguenze naturali, si proponga, come scopo o come mezzo, di impedire la procreazione [1].
Le circostanze e le intenzioni (anche se buone) non potranno mai trasformare un atto intrinsecamente disonesto per il suo oggetto in un atto "soggettivamente" onesto e difendibile come scelta [2].
Come agisce la pillola contraccettiva ?
A 4 livelli :
a livello del sistema nervoso centrale (con il blocco dell'ovulazione),
a livello del muco cervicale (per ostacolare la risalita degli spermatozoi all'interno delle vie genitali femminili,
a livello della tuba uterina (resa "sfasata" rispetto alla sincronia degli eventi orientati all'impianto in utero),
a livello dell'endometrio ( l'utero è reso "inadatto" all'impianto di un eventuale embrione).
I primi due meccanismi sono contraccettivi perché intervengono prima dell'incontro tra lo spermatozoo e la cellula uovo, il terzo e il quarto sono meccanismi che possono essere anche abortivi (qualora, in rari casi, si verifichi una ovulazione e un concepimento).
Perché la pillola contraccettiva, secondo un documento dei Medici Cattolici, lede 5 diritti ?
La Federazione Internazionale dei Medici Cattolici, in occasione del sessantesimo anniversario della Dichiarazione dei Diritti dell'Uomo e a 40 anni dall'enciclica di Paolo VI Humane vitae, ha dichiarato in un Documento [3] che i mezzi contraccettivi violano almeno cinque importanti diritti: il diritto alla vita (perché, con i nuovi prodotti chimici, è sempre più sfumato il limite tra contraccezione e aborto), il diritto alla salute (perché la pillola non cura e presenta effetti secondari importanti), il diritto all'educazione (perché i metodi naturali sono poco o mal presentati), il diritto all'informazione (perché non sono illustrati i reali effetti della pillola sulla salute e sull'inquinamento ambientale e la sua diffusione avviene a discapito dell'informazione sui metodi naturali) e il diritto all'uguaglianza fra i sessi (perché il peso dei contraccettivi ricade quasi sempre sulla donna).
Cosa si intende per "sesso sicuro"?
Termine inesatto per indicare l'uso del profilattico se il "rischio " da evitare sono le malattie sessualmente trasmesse, uso della pillola se il "rischio" da evitare è il bambino [4]. In realtà non esiste alcun mezzo sicuro al 100% per evitare la gravidanza e le malattie a trasmissione sessuale. Il profilattico riduce ma non annulla la trasmissione del virus dell'AIDS e la pillola contraccettiva orale non preserva dalle malattie.
Solo un'educazione orientata all'astinenza prematrimoniale e alla fedeltà coniugale rappresenta la strada "controcorrente" più sicura per tutelare l'amore e la salute procreativa: uno stile di vita che si può imparare, fin da giovani. La riduzione dell'AIDS non si risolve con i preservativi che anzi possono incoraggiare l'esercizio precoce e promiscuo della sessualità [5]. Comprendere che la vita ha un senso per cui occorre proteggere quella personale e quella degli altri affinché non si ammali rappresenta un passaggio educativo fondamentale.
In alcuni Paesi africani, come l'Uganda, il dilagare dell'AIDS è stato arginato con l'educazione all'umanizzazione della sessualità [6]. L'uomo ha la ragione e può vivere da uomo. È importante, accanto all'educazione [7], poter disporre, di fronte alla malattia, di "cure gratuite" e di moderni cirenei che aiutino a portare la croce, nella speranza di poter " resuscitare un giorno con il Signore" [8].
[1] Cfr. PaoloVI, Humanae vitae, 14; Giovanni Paolo II, Familiari Consortio, 32; CCC Compendio, 497.
[2] Giovanni Paolo II, Veritatis Splendor, 81.
[3] Cfr. Appendice A, p. 161, L'Humanae vitae. Una profezia scientifica, L'Osservatore Romano, 4 gennaio 2009.
[4] In riferimento ad una vita, è opportuno non utilizzare il termine "rischio" che assume un'accezione negativa. Il figlio, anche quando arriva e non è ricercato, rappresenta un dono da accogliere e non un "rischio " da eliminare.
[5] E' noto l'effetto risk compensation , compensazione del rischio, che indica l'annullamento dei benefici ipotizzati dall'uso del profilattico a causa della maggiore sicurezza percepita che si accompagna ad una condotta più rischiosa.
[6] La posizione cattolica sui condoms n riferimento alla prevenzione dell'epidemia di AIDS è la più ragionevole e la più solida scientificamente. Secondo dati internazionali, in Uganda, paese simbolo dell'Africa per la riduzione della sieropositivi scesa dal 20 % al 6% l'approccio "ABC" all'AIDS (A= Abstain, B= Be faithful, C= use Condoms, cioè Astinenza, Fedeltà, Preservativi) è stato centrato su A e B e i dati avvalorano questa scelta come migliore rispetto ad altri Paesi nei quali è stato usato solo il profilattico.
Dopo 20 anni di pandemia, non c'è alcuna evidenza che più preservativi portino meno AIDS.. Anche la rivista "Science" ha riconosciuto nel 2004 che la parte del programma più riuscita in Uganda è stata quella relativa al cambiamento di comportamento sessuale, che comporta l'esclusione del profilattico ( la cui efficacia , se correttamente utilizzato, è circa del 70-80%).
Tale operazione culturale è costata solo 23 centesimi a persona. Ma l'interessante caso dell'Uganda è stato accantonato, sacrificato ai grandi interessi economici ( anche il programma di Green sarà chiuso perché contrasta con interessi economici, politici e antropologici).
Secondo dati internazionali, il 27 % delle organizzazioni impegnate nell'educazione e nella cura dell'AIDS sono cattoliche , il 44% sono governative e utilizzano fondi pubblici, l'8% sono di altre religioni .
[7] La logica della "riduzione del danno" sostenuta da una certa corrente culturale non è educativa. "I no che fanno crescere " , come dimostra il documentatissimo fallimento di ogni educazione permissiva , sono un atto d'amore.
[8] Dal Discorso di Benedetto XVI in Camerun, L'Osservatore Romano , 20 marzo 2009.
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