DISCERNERE

Uno sguardo profetico sugli eventi

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I Dialoghi delle Carmelitane, un canto contro il terrore







Francis Poulenc (1899-1963), compositore francese dalla produzione eclettica, nei primi mesi del 1953 si mise a scrivere l’opera Dialoghi delle Carmelitane, di cui nel 2007 cadeva il 50° anniversario della prima rappresentazione, e che è tratta da una vicenda storica la quale può essere esemplare per comprendere a quali atrocità arrivò il furore rivoluzionario contro la Chiesa Cattolica.

di Tommaso Scandroglio

Durante la Rivoluzione Francese il secco schiocco della ghigliottina risuonò migliaia di volte in centinaia di piazze, facendo ruzzolare nel paniere le teste non solo di aristocratici, ma anche di borghesi, di popolani, di sacerdoti e di religiosi. Forse solo in questo la rivoluzione fu davvero “democratica”, non facendo per nulla discriminazioni di ceto. È comunque indubitabile che il terrore giacobino prediligeva una categoria molto invisa alle menti illuminate di allora: la categoria del clero e dei religiosi.

Voto di martirio

Il 15 dicembre 1789 l’Assemblea Nazionale vietò a tutti gli ordini religiosi di pronunciare nuovi voti e molti conventi furono fatti sfollare. Questa sorte toccò anche alle carmelitane di Compiègne, piccolo borgo a nord est di Parigi, le quali nel 1792 furono obbligate ad andarsene dal convento e smettere gli abiti da religiose.

Ma dato che il loro proponimento era quello di “vivere e morire da carmelitane”, si risolsero di continuare ad incontrarsi per pregare in comune, nonostante ciò fosse vietato. Così, divise in tre gruppi e alloggiate in abitazioni tra loro vicine, si trovavano quotidianamente per pregare di nascosto.
In una di queste riunioni segrete, su proposta della Superiora, fecero voto di martirio, un «atto di consacrazione per il quale la comunità si offre in sacrificio affinché cessino i mali che affliggono la Chiesa e il nostro Regno infelice», come si può leggere nei documenti di archivio.

Morire cantando le lodi al Redentore

Nel giugno del 1794 le carmelitane furono scoperte e arrestate «per aver tenuto conciliaboli antirivoluzionari, mantenuto corrispondenze fanatiche e conservato scritti liberticidi». Dapprima furono incarcerate nel locale convento della Visitazione e poi tradotte nella stessa prigione parigina dove fu detenuta Maria Antonietta. In questo luogo rimasero quattro giorni, tempo sufficiente affinché Suor Giulia componesse un inno al martirio da cantarsi sulla linea melodica della Marsigliese. I versi iniziali della prima strofa suonano così: «Disponiamo i nostri cuori all’allegrezza / Il giorno della gloria è arrivato / (…) Prepariamoci alla vittoria».

Giunte davanti al tribunale rivoluzionario, la Madre Superiora cercò di addossarsi tutte le colpe, ma il suo tentativo fu vano. Dal tribunale furono subito fatte salire su un carro che le avrebbe condotte al patibolo.

Durante il tragitto intonarono in coro il Miserere, il Salve Regina ed infine il Te Deum. La folla che assisteva al loro passaggio – di solito abituata ad inveire contro i condannati – rimase ammutolita per il coraggio dimostrato da costoro.
Arrivate al patibolo, ai piedi di esso, cantarono il Veni Creator. Poi furono chiamate una ad una per essere giustiziate. Sedici volte la lama scese per compiere, su quell’altare laico, un sacrificio di sangue così simile a quello sofferto da Cristo sul Calvario.

Dalla prima all’ultima esecuzione le sorelle non cessarono mai un istante di cantare il salmo Laudate Dominum omnes gentes. Il canto, man mano che l’eccidio si compiva, si affievoliva sempre più dato che le religiose non ancora giustiziate diminuivano progressivamente di numero.
L’ultima a trovare la morte fu la Madre Superiora che aveva chiesto al boia di essere giustiziata per ultima, affinché potesse sostenere le sue consorelle in quell’ora tremenda. Il canto con essa si spense definitivamente qui sulla terra, ma continuò in cielo per sempre. Infatti nel 1906 la Chiesa Cattolica beatificò le sedici martiri.

Una conversione

La vicenda delle carmelitane di Compiègne per più di un secolo rimase sconosciuta, dal momento che costituiva cattiva pubblicità ai falsi ideali della Rivoluzione Francese e stonava non poco con il famigerato motto “Liberté, Égalité, Fraternitè”. La prima ad interessarsi di quei fatti madidi di sangue fu appunto Santa Romana Chiesa e poi il martirio delle carmelitane attirò anche l’attenzione della scrittrice Gertrud Von Le Fort che nel 1931 compose una novella dal titolo L’ultima al patibolo.

Successivamente, nel 1948, Georges Bernanos pubblicò il romanzo Dialoghi della Carmelitane, da cui prese spunto Poulenc per il suo dramma utilizzando il testo di Bernanos come libretto (nel ’59 e nell’83 furono girati anche due film sullo stesso canovaccio).
Il compositore fino all’età di 37 anni era rimasto abbastanza indifferente alla pratica cristiana; ma nel 1936, in seguito alla morte in un incidente stradale di un suo caro amico, Pierre Ferroud, volle recarsi in pellegrinaggio presso il santuario della Vergine Nera a Rocamadour.

Lì, per sua stessa ammissione, fece ritorno alla fede dell’infanzia, e sempre lì, ai piedi della Vergine Nera, successivamente pose sotto la protezione di Maria diverse sue opere tra cui i Dialoghi. La morte dell’amico non fu solo il detonatore che innescò la sua conversione, ma costituì una sorta di presagio e fonte di ispirazione per la realizzazione dei Dialoghi, opera che incominciò a scrivere solo 17 anni dopo. Infatti il suo amico, nell’incidente, morì decapitato.

La forza di Bianca

Poulenc rispettò sostanzialmente lo svolgersi dei fatti storici avvenuti nell’ultimo decennio del 1700, ma inserì nella trama un personaggio di fantasia, Bianca de la Force, già presente nello scritto della Von Le Fort. Bianca, decisa ad entrare in convento perché terrorizzata dal mondo, sperava di trovare tra quelle mura una vita protetta e sicura. La Seconda Guerra Mondiale era terminata da pochi anni e il musicista vedeva in Bianca la personificazione dell’uomo sopravvissuto a tale conflitto, smarrito e desideroso di pace interiore, atterrito ed anelante ad un vivere tranquillo e sereno. L’autore la descrive così: «l’incarnazione dell’angoscia umana posta di fronte a un’era che stava avanzando inesorabilmente verso la sua fine».

Quando entra nel Carmelo, quasi presaga del suo destino futuro, sceglie di prendere come nome da religiosa Suor Bianca dell’Agonia di Cristo. Anche lei aderirà al voto di martirio perché, come si legge nel libretto, «la preghiera è un dovere, il martirio una ricompensa. […] Non si muore mai ciascuno per sé, ma gli uni per gli altri, ed anche gli uni al posto degli altri».

Dopo che i commissari rivoluzionari hanno evacuato il convento, Bianca si rifugia nella casa paterna, ma apprende che il genitore è stato ghigliottinato, la casa ceduta e i nuovi inquilini decidono di tenerla presso di loro come serva. Intanto le carmelitane vengono arrestate e arriva il giorno dell’esecuzione della sentenza capitale. Tutte le monache salgono al patibolo intonando il Salve Regina (e non il Laudate Dominum come avvenne in realtà) e ricevendo dal cappellano l’assoluzione.

Bianca però non è tra loro, si nasconde tra la folla. È atterrita, ma ad un certo punto tutto cambia in lei e si fa avanti continuando il canto della consorella Costanza, canto interrotto dalla lama della ghigliottina.
Ecco le ultime battute del libretto in cui si descrive il martirio di Bianca, alla quale la ghigliottina troncherà sulle labbra la parola “Amen”: «(Bianca, con il viso spoglio di ogni timore, si apre un varco nella folla tra la quale è confusa) Costanza: “O clemens…”. (Costanza la scorge. Il suo volto si fa radioso di gioia. Si ferma un breve istante. Riprendendo la sua marcia verso il patibolo, ella sorride dolcemente a Bianca). Costanza: “O pia, o dulcis Virgo Ma…”. (Incredibilmente calma, Bianca si fa strada tra la folla stupita, e sale al supplizio). Bianca: “Deo Patri sit gloria/ Et filio qui a mortuis/ Surrexit ac Paraclito/ In saeculorum secula…”. (Improvvisamente, la voce tace, come hanno fatto, ad una ad una, le voci delle Suore. La folla si disperde lentamente)».


(RC n. 32 - Febb/Marzo 2008)

La Chiesa cattolica accetta l'adesione di molti fedeli anglicani. Si creeranno ordinariati personali e conserveranno le loro tradizioni anglicane

CITTA' DEL VATICANO, martedì, 20 ottobre 2009 (ZENIT.org).- La Santa Sede ha annunciato questo martedì nel corso di una conferenza stampa la prossima pubblicazione di una Costituzione Apostolica di Benedetto XVI con cui la Chiesa cattolica accetta la richiesta di molti Vescovi, sacerdoti e fedeli anglicani di entrare in comunione piena e visibile.

Questa disposizione risponde alla domanda di adesione di un gran numero di anglicani (si è reso noto che tra 20 e 30 Vescovi hanno chiesto di entrare nella Chiesa cattolica) insoddisfatti per alcune modifiche realizzate all'interno di questa Comunione, tra cui l'ordinazione di donne al sacerdozio e all'episcopato, l'ordinazione di chierici omosessuali e la benedizione di coppie dello stesso sesso.

Nuova struttura

Durante l'incontro con i giornalisti, che ha avuto luogo nella Sala Stampa della Santa Sede, il Cardinale William Joseph Levada, prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, ha spiegato le ragioni di questa misura da parte della Chiesa cattolica.

“Gli anglicani che si sono messi in contatto con la Santa Sede hanno espresso chiaramente il loro desiderio per una piena e visibile comunione nella Chiesa una, santa, cattolica e apostolica. Nel contempo ci hanno parlato dell’importanza delle loro tradizioni anglicane relative alla spiritualità e al culto per il proprio cammino di fede”, ha detto il porporato.

Dopo la pubblicazione della Costituzione Apostolica, annunciata nella conferenza stampa per “i prossimi giorni”, il Papa introdurrà “una struttura canonica che provvede ad una tale riunione corporativa tramite l’istituzione di Ordinariati Personali, che permetteranno ai fedeli già anglicani di entrare nella piena comunione con la Chiesa Cattolica, conservando nel contempo elementi dello specifico patrimonio spirituale e liturgico anglicano”.

La figura degli ordinariati personali, che non dipendono dalle Diocesi, ricorda quella della “prelatura personale” (l'unica che esiste è l'Opus Dei) o i vicariati castrensi (Diocesi senza territorio in cui un Vescovo rappresenta l'autorità ecclesiastica per i militari o le forze dell'ordine cattolici e le loro famiglie, indipendentemente da dove si trovino).

La Costituzione Apostolica stabilisce che l'ordinario, il superiore, “possa essere o un sacerdote o un Vescovo non sposato” (i Vescovi anglicani che bussano alle porte della Chiesa cattolica in genere sono sposati).

Gli ex anglicani che vogliono aderire pienamente alla Chiesa faranno parte di questa struttura canonica, che avrà un proprio Vescovo e i propri sacerdoti, seminaristi e fedeli.

Sacerdoti sposati?

Tra gli adattamenti alla tradizione anglicana, la nuova Costituzione permetterà ai pastori anglicani sposati di diventare sacerdoti all'interno della Chiesa cattolica insieme alla moglie e alla famiglia.

Questa eccezione era già stata permessa dal 1994 quando, dopo la prima ordinazione di donne nella Chiesa anglicana, vari sacerdoti di questa confessione chiesero l'adesione alla Chiesa cattolica mantenendo il loro stato clericale, che venne concessa loro in modo individuale.

Da parte loro, i Vescovi sposati anglicani saranno accolti nella Chiesa cattolica, ma in qualità di presbiteri. Questa misura, secondo il Cardinale Levada, si applica per “motivi storici ed ecumenici”, perché per tradizione il ministero episcopale è legato al celibato.

Il Cardinale non è stato esplicito, ma secondo il costume i pastori anglicani accolti nella Chiesa come sacerdoti ricevono l'ordinazione sacerdotale da un Vescovo cattolico.

Visto che questo implicherà il fatto che questi ex pastori anglicani, entrando nella Chiesa cattolica, diventino sacerdoti cattolici sposati, alcuni giornalisti hanno chiesto al Cardinal Levada se questa misura non creerà confusione nella Chiesa cattolica di rito latino, dove il sacerdozio è legato al celibato.

Il porporato statunitense ha spiegato che la nuova struttura canonica permette questa eccezione, dovuta alla fede sincera di questi fedeli di origine anglicana, e ha considerato che se sarà spiegata correttamente verrà compresa da tutti i fedeli della Chiesa.


[Traduzione dallo spagnolo di Roberta Sciamplicotti]



Nota vaticana sugli Ordinariati personali per anglicani


CITTA' DEL VATICANO, martedì, 20 ottobre 2009 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito la nota informativa della Congregazione per la Dottrina della Fede circa gli Ordinariati personali per anglicani che entrano nella Chiesa cattolica.



* * *

Con la preparazione di una Costituzione Apostolica, la Chiesa Cattolica risponde alle numerose richieste che sono state sottoposte alla Santa Sede da gruppi di chierici e fedeli anglicani provenienti da diverse parti del mondo, i quali desiderano entrare nella piena e visibile comunione.

In questa Costituzione Apostolica il Santo Padre ha introdotto una struttura canonica che provvede ad una tale riunione corporativa tramite l’istituzione di Ordinariati Personali, che permetteranno ai fedeli già anglicani di entrare nella piena comunione con la Chiesa Cattolica, conservando nel contempo elementi dello specifico patrimonio spirituale e liturgico anglicano. Secondo il tenore della Costituzione Apostolica la sorveglianza e guida pastorale per tali gruppi di fedeli già anglicani sarà assicurata da un Ordinariato Personale, di cui l’Ordinario sarà usualmente nominato dal clero già anglicano.

La Costituzione Apostolica che sarà presto pubblicata, rappresenta una risposta ragionevole e perfino necessaria ad un fenomeno globale, offrendo un unico modello canonico per la Chiesa universale adattabile a diverse situazioni locali e, nella sua applicazione universale, equo per i già anglicani. Tale modello prevede la possibilità dell’ordinazione di chierici sposati già anglicani, come sacerdoti cattolici. Ragioni storiche ed ecumeniche non permettono l’ordinazione di uomini sposati a vescovi sia nella Chiesa Cattolica come in quelle Ortodosse. Pertanto, la Costituzione determina che l’Ordinario possa essere o un sacerdote o un vescovo non coniugato. I seminaristi dell’Ordinariato vengono preparati accanto ad altri seminaristi cattolici, anche se l’Ordinariato potrà aprire una casa di formazione al fine di rispondere ai particolari bisogni di formazione nel patrimonio anglicano. In questo modo, la Costituzione Apostolica cerca di creare un equilibrio tra l’interesse di conservare il prezioso patrimonio anglicano liturgico e spirituale da una parte, e la preoccupazione che questi gruppi e il loro clero siano incorporati nella Chiesa cattolica.

Il Cardinale William Levada, Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede che ha preparato tale provvedimento, ha affermato: "Abbiamo cercato di venire incontro in modo unitario ed equo, alle richieste per una piena unione che ci sono state sottoposte da parte di fedeli già anglicani provenienti da varie parti del mondo negli anni recenti. Con tale proposta la Chiesa intende rispondere alle legittime aspirazioni di questi gruppi anglicani per una comunione piena e visibile con il Vescovo di Roma, il successore di san Pietro."

Questi Ordinariati Personali saranno istituiti, secondo le necessità, previa consultazione con le Conferenze Episcopali locali, e le loro strutture saranno in qualche modo simili a quelle degli Ordinariati Militari, che sono stati eretti in tanti paesi per provvedere alla cura pastorale dei membri delle forze armate e dei loro dipendenti nel mondo intero. "Gli anglicani che si sono messi in contatto con la Santa Sede hanno espresso chiaramente il loro desiderio per una piena e visibile comunione nella Chiesa una, santa, cattolica e apostolica. Nel contempo ci hanno parlato dell’importanza delle loro tradizioni anglicane relative alla spiritualità e al culto per il proprio cammino di fede", ha affermato il Cardinale Levada.

Il provvedimento di questa nuova struttura è in linea con l’impegno per il dialogo ecumenico, che continua ad essere una priorità per la Chiesa Cattolica, in particolare attraverso gli sforzi del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani. "L’iniziativa proviene da vari gruppi di anglicani", ha aggiunto il Cardinale Levada. "Essi hanno dichiarato di condividere la comune fede cattolica, come espressa nel Catechismo della Chiesa Cattolica, e di accettare il ministero petrino come un elemento voluto da Cristo per la Chiesa. Per loro è venuto il tempo di esprimere tale unione implicita in una forma visibile di piena comunione."

Secondo il Cardinale Levada: "Il Santo Padre Benedetto XVI spera che i chierici e fedeli anglicani desiderosi dell’unione con la Chiesa Cattolica troveranno in questa struttura canonica l’opportunità di preservare quelle tradizioni anglicane che sono preziose per loro e conformi con la fede cattolica. In quanto esprimono in un modo distinto la fede professata comunemente, tali tradizioni sono un dono da condividere nella Chiesa universale. L’unione con la Chiesa non richiede l’uniformità che ignora le diversità culturali, come dimostra la storia del cristianesimo. Inoltre, le numerose e diverse tradizioni oggi presenti nella Chiesa Cattolica sono radicate tutte nel principio formulato da san Paolo nella sua Lettera agli Efesini: "Un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo" (4, 5). La nostra comunione è quindi rafforzata da simili diversità legittime, e siamo pertanto felici che questi uomini e donne offrono i loro contributi particolari alla nostra comune vita di fede."

Informazioni contestuali

Sin dal secolo XVI, quando il Re Enrico VIII dichiarò l’indipendenza della Chiesa d’Inghilterra dall’autorità del Papa, la Chiesa d’Inghilterra creò le proprie confessioni dottrinali, usanze liturgiche e pratiche pastorali, incorporando spesso idee della Riforma avvenuta sul continente europeo. L’espansione del Regno Britannico, congiunta all’apostolato missionario anglicano, comportò poi la nascita di una Comunione Anglicana a livello mondiale.

Nel corso dei 450 e più anni della sua storia, la questione della riunione tra anglicani e cattolici non è stata mai messa da parte. Nella metà del XIX secolo, il Movimento di Oxford (in Inghilterra) mostrò un rinnovato interesse per gli aspetti cattolici dell’anglicanesimo. All’inizio del XX secolo, il Cardinale Mercier, del Belgio, intraprese colloqui pubblici con anglicani al fine di esplorare la possibilità di una unione con la Chiesa Cattolica sotto la bandiera di un anglicanesimo "riunito ma non assorbito".

Il Concilio Vaticano II nutrì ulteriormente la speranza per una unione, in particolare con il Decreto sull’ecumenismo (n. 13), il quale facendo riferimento alle Comunità separate dalla Chiesa Cattolica nel tempo della Riforma, ribadì: "Tra quelle [comunioni] nelle quali continuano a sussistere in parte le tradizioni e le strutture cattoliche, occupa un posto speciale la Comunione Anglicana."

Sin dal Concilio i rapporti tra anglicani e cattolici romani hanno creato un migliore clima di comprensione e mutua cooperazione. La Anglican-Roman Catholic International Commission (ARCIC) ha prodotto una serie di dichiarazioni dottrinali nel corso degli anni, nella speranza di creare la base per una piena e visibile unione. Per molti appartenenti alle due Comunioni, le dichiarazioni dell’ARCIC hanno messo a disposizione uno strumento nel quale la comune espressione della fede può essere riconosciuta. È in questa cornice che si deve inquadrare il nuovo provvedimento.

Negli anni successivi al Concilio, alcuni anglicani hanno abbandonato la tradizione di conferire gli Ordini Sacri soltanto agli uomini chiamando al presbiterato e all’episcopato anche donne. Più recentemente, alcuni segmenti della Comunione Anglicana si sono allontanati dal comune insegnamento biblico circa la sessualità umana – già chiaramente espresso nel documento dell’ARCIC "Vita in Cristo" – conferendo gli Ordini Sacri a chierici apertamente omosessuali e benedicendo le unioni tra persone dello stesso sesso. Nondimeno, mentre la Comunione Anglicana deve affrontare queste nuove e difficili sfide, la Chiesa Cattolica rimane pienamente impegnata nel suo dialogo ecumenico con la Comunione Anglicana, in particolare attraverso l’attività del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani.

Nel frattempo molti anglicani sono entrati individualmente nella piena comunione con la Chiesa Cattolica. Talvolta sono entrati anche gruppi di anglicani, conservando una certa struttura "corporativa". Ciò è avvenuto, ad esempio, per la diocesi anglicana di Amritsar in India e per alcune singole parrocchie negli Stati Uniti che, pur mantenendo un’identità anglicana, sono entrate nella Chiesa Cattolica nel quadro di un cosiddetto "provvedimento pastorale", adottato dalla Congregazione per la Dottrina della Fede e approvato da Papa Giovanni Paolo II nel 1982. In questi casi, la Chiesa Cattolica ha frequentemente dispensato dal requisito del celibato ammettendo che quei chierici anglicani coniugati che desiderano continuare il servizio ministeriale come sacerdoti cattolici siano ordinati nella Chiesa Cattolica.

In questo contesto, gli Ordinariati Personali istituiti secondo la suddetta Costituzione Apostolica possono essere visti come un ulteriore passo verso la realizzazione dell’aspirazione per la piena e visibile unione nella unica Chiesa, che è uno dei fini principali del movimento ecumenico.


Arcivescovo di Canterbury: il passaggio di oggi, frutto dell'ecumenismo


Si dice d'accordo con la soluzione adottata dalla Santa Sede


LONDRA, martedì, 20 ottobre 2009 (ZENIT.org).- L'Arcivescovo di Canterbury e primate della Chiesa d'Inghilterra, Rowan Williams, si è mostrato a favore della creazione di una struttura canonica particolare rivolta agli anglicani che vogliono aderire alla fede cattolica.

Lo ha affermato in una dichiarazione congiunta con l'Arcivescovo cattolico di Westminster, Vincent Gerard Nichols, diffusa simultaneamente a Londra e in Vaticano quando è stata annunciata la prossima pubblicazione di una Costituzione Apostolica per la creazione di un “Ordinariato Personale” che permetterà ai membri della Chiesa anglicana che lo desiderano di entrare in piena comunione con la Chiesa cattolica conservando alcuni elementi del patrimonio e della liturgia della tradizione anglicana.

Secondo la dichiarazione, questo annuncio pone fine “a un periodo di incertezza per questi gruppi che hanno nutrito speranze di nuove modalità per ottenere l'unità con la Chiesa cattolica”.

“La Costituzione apostolica è un ulteriore riconoscimento della sostanziale coincidenza nella fede, nella dottrina e nella spiritualità della Chiesa cattolica e della tradizione anglicana”, indicano i due presuli.

“Senza i dialoghi degli scorsi quarant'anni, questo riconoscimento non sarebbe stato possibile né si sarebbero nutrite speranze di unità piena e visibile”, aggiungono.

In questo senso, prosegue il comunicato, “questa Costituzione apostolica è una conseguenza del dialogo ecumenico fra la Chiesa cattolica e la Comunione anglicana”.

“Il dialogo ufficiale in corso fra la Chiesa cattolica e la Comunione anglicana offre la base per una cooperazione permanente”. “Con la grazia di Dio e la preghiera siamo determinati a far sì che il nostro continuo impegno reciproco e le nostre consultazioni su queste e su altre materie continuino a essere rafforzati”.

“Questa stretta cooperazione proseguirà man mano che cresceremo insieme nell'unità e nella missione, nella testimonianza del Vangelo nel nostro Paese e nella Chiesa in generale”, conclude il comunicato.


ANGLICANI: DA SCISMA ENRICO VIII A ORDINAZIONI OMOSEX

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 20 ott.

Sin dal secolo XVI, quando il Re Enrico VIII dichiaro' l'indipendenza della Chiesa d'Inghilterra dall'autorita' del Papa, la Chiesa d'Inghilterra creo' le proprie confessioni dottrinali, usanze liturgiche e pratiche pastorali, incorporando spesso idee della Riforma avvenuta sul continente europeo.
L'espansione del Regno Britannico, congiunta all'apostolato missionario anglicano, comporto' poi la nascita di una Comunione Anglicana a livello mondiale.
Ma, afferma una nota diffusa oggi dalla Congregazione della Dottrina della Fede a commento della decisione di Benedetto XVI di promulgare una Costituzione Apostolica allo scopo di accogliere i fedeli e chierici che vogliono entrare nella piena comunione con Roma, ''nel corso dei 450e piu' anni della sua storia, la questione della riunione tra anglicani e cattolici non e' stata mai messa da parte''. ''Nella meta' del XIX secolo, il Movimento di Oxford (in Inghilterra) mostro' - ricorda la nota - un rinnovato interesse per gli aspetti cattolici dell'anglicanesimo. E gia' all'inizio del XX secolo si intrapresero colloqui pubblici con anglicani ''al fine di esplorare la possibilita' di una unione con la Chiesa Cattolica sotto la bandiera di un anglicanesimo 'riunito ma non assorbito'''.
''Il Concilio Vaticano II - sottolinea ancora la nota - nutri' ulteriormente la speranza per una unione, in particolare con il
Decreto sull'ecumenismo, il quale facendo riferimento alle Comunita' separate dalla Chiesa Cattolica nel tempo della Riforma e ribadi' che tra quelle comunioni nelle quali continuano a sussistere in parte le tradizioni e le strutture cattoliche, occupa un posto speciale la Comunione Anglicana''.
Dopo il Concilio poi i rapporti tra anglicani e cattolici romani hanno vissuto, assicura la Santa Sede, ''un migliore clima di comprensione e mutua cooperazione'' e ''la Anglican-Roman Catholic International Commission ha prodotto una serie di dichiarazioni dottrinali nel corso degli anni, nella speranza di creare la base per una piena e visibile unione''. Tanto che ''per molti appartenenti alle due Comunioni, le dichiarazioni hanno messo a disposizione uno strumento nel quale la comune espressione della fede puo' essere riconosciuta''.
Secondo la Congregazione per la Dottrina della Fede, ''e' in questa cornice che si deve inquadrare il nuovo provvedimento''.
Resta pero', e lo ammette la nota, che ''negli anni successivi al Concilio, alcuni anglicani hanno abbandonato la tradizione di conferire gli Ordini Sacri soltanto agli uomini chiamando al presbiterato e all'episcopato anche donne''. E inolre, ''recentemente, alcuni segmenti della Comunione Anglicana si sono allontanati dal comune insegnamento biblico circa la sessualita' umana conferendo gli Ordini Sacri a chierici apertamente omosessuali e benedicendo le unioni tra persone dello stesso sesso''.
Tutto questo ha portato ad abbandoni nelle fila degli anglicani ma ugualmente, precisa la nota, ''la Chiesa Cattolica rimane
pienamente impegnata nel suo dialogo ecumenico con la Comunione Anglicana - che deve affrontare queste nuove e difficili sfide - in particolare attraverso l'attivita' del Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unita' dei Cristiani''.
''Nel frattempo - rivela la Congregazione vaticana per la Dottrina della Fede - molti anglicani sono entrati individualmente nella piena comunione con la Chiesa Cattolica. Talvolta sono entrati anche gruppi di anglicani, conservando una certa struttura
'corporativa'''.
Cio' e' avvenuto, ad esempio, per la diocesi anglicana di Amritsar in India e per alcune singole parrocchie negli Stati Uniti che, pur mantenendo un'identita' anglicana, sono entrate nella Chiesa Cattolica nel quadro di un cosiddetto ''provvedimento pastorale'', adottato dalla Congregazione per la Dottrina della Fede e approvato da Papa Giovanni Paolo II nel 1982. E gia' in questi casi, sottolinea il testo diffuso oggi dalla Congregazione, ''la Chiesa Cattolica ha frequentemente dispensato dal requisito del celibato
ammettendo che quei chierici anglicani coniugati che desiderano continuare il servizio ministeriale come sacerdoti cattolici siano ordinati nella Chiesa Cattolica''.

© Copyright (AGI)


Il patrono della nuova decisione papale per gli anglicani: John H. Newman presto Beato (Cantuale Antonianum)

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