DISCERNERE

Uno sguardo profetico sugli eventi

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Chiesa ortodossa russa, vicina ai cattolici, ma lontana dai protestanti

Il Patriarca di Mosca e di tutte le Russie Kirill riscontra la vicinanza tra Roma e Mosca sulle maggiori sfide della modernità: globalizzazione, secolarizzazione, erosione dei principi morali tradizionali. Aumentano invece le distanze con i protestanti accusati di tradire l’eredità cristiana adeguandosi agli standard del mondo.

Mosca (AsiaNews/Agenzie) – Mentre con la Chiesa cattolica riscontra una vicinanza di visioni almeno sulle maggiori sfide poste dalla contemporaneità, il Patriarcato di Mosca non può dire lo stesso dei protestanti. Parla così il Patriarca di Mosca e di tutte le Russie, Kirill, intervenendo all’incontro dei vescovi che si è svolto nella capitale il 2 febbraio scorso. “Con la Chiesa di Roma – ha detto – abbiamo posizioni simili su molti problemi che affrontano i cristiani nel mondo moderno. Come ad esempio la secolarizzazione, la globalizzazione e l’erosione dei principi morali tradizionali. Bisogna notare che in molte questioni Benedetto XVI ha preso posizioni vicine a quelle ortodosse”.

Sembrano, invece, aumentare le distanze con le varie denominazioni protestanti. Negli ultimi anni, “c’è stata una diminuzione della collaborazione delle comunità protestanti nello sforzo di preservare l’eredità cristiana” e questo a causa della “costante liberalizzazione” del loro mondo, ha spiegato Kirill. “Non solo – aggiunge il Patriarca – hanno fallito nel propagare in modo concreto i valori cristiani nella società laica, ma molte comunità protestanti preferiscono adeguarsi a quegli standard”. Il riferimento sembra essere alla recente elezioni della donna vescovo, Margot Kassmann, come capo della Chiesa evangelica in Germania.

Kirill spiega chiaramente che nel dialogo con i protestanti la Chiesa ortodossa deve cercare il modo di superare le differenze fondamentali e se questo non sarà possibile, “rimarranno molti altri importanti questioni, non direttamente legate al raggiungimento dell’unità nella fede e alla struttura ecumenica, ma importanti in termini di collaborazione per il bene della pace, della giustizia, del Creato e importanti per risolvere altri problemi che richiedono uno sforzo comune da parte di coloro che credono nella Trinità”.

Il Patriarca ortodosso russo Kirill: "con il Papa una visione comune sull'Europa"

“Tendenze positive” si sono registrate nell’anno appena trascorso, nel dialogo tra la Chiesa ortodossa russa e la Chiesa cattolica romana. E’ un bilancio positivo quello che il Patriarca di Mosca e di tutte le Russie Kirill I ha tracciato ieri parlando alla Conferenza dei vescovi che si è svolta a Mosca presso la Sala dei Concilii della cattedrale di Cristo Salvatore. Vi hanno partecipato i vescovi della Chiesa ortodossa giunti a Mosca per celebrare il primo anniversario della sua intronizzazione. Il Patriarca Kirill ha presentato ai vescovi un lungo Rapporto sulle attività, visite e viaggi che hanno caratterizzato questo suo primo anno di leadership riservando un dettagliato paragrafo anche ai rapporti con la Chiesa cattolica. A questo proposito, Kirill ha detto: “Attività comuni e i numerosi incontri avuti con i rappresentanti della Chiesa cattolica hanno confermato che le nostre posizioni coincidono su numerose questioni che interpellano i cristiani nel mondo moderno. Sono l’aggressiva secolarizzazione, la globalizzazione, l’erosione dei tradizionali principi etici. Vale la pena sottolineare che su questi temi papa Benedetto XVI ha preso posizioni molto vicine a quelle ortodosse. E ciò è dimostrato dai suoi discorsi, messaggi così come dalle opinioni di alti rappresentati della Chiesa cattolica romana con i quali abbiamo dei contatti”. Il Patriarca Kirill ha notato come “una visione comune della tutela della dignità umana in Europa” sia emersa anche durante l’incontro che l’arcivescovo Hilarion Volokolamsky ha avuto in settembre con il Papa e con altri leader della Curia romana. Nel suo discorso il Patriarca ha anche ricordato la decisione presa a novembre dalla Corte europea dei diritti dell’uomo sulla inammissibilità della presenza dei crocifissi nelle scuole italiane ed ha commentato: “è stato un chiaro attacco alle tradizioni cristiane europee”, per questo la Chiesa ortodossa russa ha espresso la sua solidarietà con la Chiesa cattolica in Italia”. Ed ha aggiunto: “Abbiamo ribadito che la civiltà europea ha radici cristiane per cui è assolutamente inaccettabile privare l’Europa e le sue istituzioni dei simboli della sua identità spirituale”. Nella relazione, il Patriarca non nasconde ”i problemi esistenti” nelle relazioni bilaterali a cui “si continua a lavorare”. Ed in particolare ha parlato della “difficile situazione in Ucraina” auspicando “passi concreti” da parte cattolica. Bilancio completamente diverso invece si registra nei rapporti tra la Chiesa ortodossa russa e le chiese protestanti e il nodo principale sta nella “liberalizzazione rapida del mondo protestante”. Sotto accusa sono in particolare le benedizioni alle unioni dello stesso sesso e le elezioni episcopali di vescovi dichiaratamente gay. Sono questi “i motivi – ha detto il Patriarca - per cui siamo stati costretti a interrompere il rapporto con la Chiesa episcopale degli Stati uniti e con al Chiesa luterana di Svezia”. Nel paragrafo riservato al mondo protestante, il Patriarca ricorda anche e con rammarico l’elezione del vescovo-donna Margot Kassmann come presidente del Consiglio della Chiesa evangelica in Germania. (R.P.)

Serbia, il nuovo Patriarca apre al Papa. E attacca l’Islam

Dialogo sì, ma non con tutte le religioni. Il patriarca Irinej, nuovo capo della chiesa ortodossa serba, inizia la sua missione all’insegna della contraddizione. Da una parte invita il papa a visitare il suo Paese per migliorare i rapporti con i cattolici. Dall’altra attacca i musulmani, accusandoli di essere oppressivi verso le altre confessioni. Una politica che riscuote successo in Vaticano, ma che ovviamente provoca irritazione nella comunità islamica.

Già prima della sua elezione, avvenuta lo scorso 22 gennaio, Irinej aveva espresso la speranza di ospitare Ratzinger nel 2013. Quella del Pontefice sarebbe una visita storica: oltre ad essere la prima volta di un papa in Serbia, potrebbe essere l’occasione per un incontro col Patriarca di Mosca e di tutte le Russie, Kirill. L’obiettivo, lontano ma possibile, è la “riunificazione delle due Chiese”, auspicata esplicitamente da Irinej e implicitamente da Benedetto XVI, che pochi giorni fa si è augurato “che i discepoli di Cristo possano essere nuovamente uniti”.

La moschea Bajrakli a Belgrado

All’apertura verso Roma non corrisponde un atteggiamento analogo nei confronti dell’Islam. “Sappiamo qual è la filosofia dei musulmani – ha detto Irinej il 27 gennaio. – Quando sono in minoranza, sanno comportarsi bene ed essere corretti. Quando sono in condizioni di parità alzano già la testa. Quando diventano maggioranza, cominciano a esercitare pressioni”. Elderin Asceric, segretario della Comunità islamica di Serbia, ha immediatamente annunciato una lettera di proteste diretta alla Chiesa di Irinej. “Le parole del nuovo patriarca – si legge nel testo – lasciano intendere che i musulmani sono tollerabili solo quando sono minoritari e sottomessi. Se il capo degli ortodossi serbi vuole un minimo di dialogo, ci aspettiamo delle scuse chiare e precise”.

Il 25 aprile Irinej sarà protagonista di una cerimonia di insediamento a Pec, in Kosovo. La neonata Repubblica, proclamatasi indipendente due anni fa e non riconosciuta da Belgrado, è a maggioranza islamica: su oltre due milioni di abitanti, solo 100 mila sono di religione ortodossa. Il nuovo patriarca serbo si è augurato che la sua presenza non venga interpretata come una provocazione: molto però dipenderà dal suo stesso atteggiamento, finora tanto aperto verso i cattolici quanto ostile verso i musulmani.

Gay: Patriarcato Mosca con Vaticano, Europa dica no a unioni omosessuali


Anche il Patriarcato di Mosca, attraverso il suo responsabile per le relazioni estere, l'arcivescovo Hilarion, ha indirizzato un messaggio ai partecipanti all'ultima sessione dell'assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa, tenutasi dal 25 fino al 29 gennaio, per testimoniare la propria opposizione alla risoluzione con la quale venivano condannate le discriminazioni basate sull'orientamento sessuale e si chiedeva il riconoscimento alle unioni fra persone dello stesso sesso. Solo che lo ha fatto con un documento pubblico, datato 26 gennaio.
Il Vaticano ha scelto un'altra strada, quella della lettera riservata inviata dal nunzio apostolico a Parigi, mons. Luigi Ventura, non a tutti i rappresentanti del Ppe presenti all'assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa, ma - secondo quanto apprende l'ADNKRONOS - solo a un gruppo selezionato di essi; fra questi alcuni francesi e olandesi, probabilmente anche alcun italiani.

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L’insegnamento della religione a scuola allontana i russi dall’ortodossia. Responsabili del risultato sono insegnanti impreparati e testi inadatti

Un sondaggio reso pubblico dal Ministero dell’istruzione evidenzia come più del 58% dei genitori hanno scelto per i figli etica laica, mentre solo il 19,1% ha optato per i fondamenti della cultura ortodossa. Responsabili del risultato sarebbero insegnanti impreparati e testi inadatti.

Mosca (AsiaNews) – L’insegnamento obbligatorio della religione nelle scuole medie russe non sta portando i risultati sperati dal Patriarcato di Mosca. In molti, invece di scegliere il corso di “fondamenti della cultura ortodossa” hanno scelto i più generici “culture religiose” ed “etica laica”. I corsi ortodossi, inoltre, sono affidati a insegnanti inesperti e a libri di testo redatti troppo in fretta per essere validi; così, notano osservatori russi, invece che avvicinare i ragazzi e le loro famiglie alla religione, l’effetto è quello di allontanarli.
Secondo un sondaggio reso pubblico dal ministero dell’Istruzione della regione di Krasnoiarsk, 14.646 famiglie, vale a dire il 58,2% del totale incluso nel programma sperimentale di insegnamento religioso, hanno scelto per i figli le lezioni di etica laica. Sono, invece, 5.417 (27%) i genitori che hanno scelto i fondamenti di culture religiose e un po’ meno quelli che hanno optato per i fondamenti della cultura ortodossa (4.804, pari al 19,1%). Solo l’1% degli intervistati invece si è espresso a favore dei rimanenti tre moduli: 231 famiglie (0,9%) per fondamenti di cultura islamica, 26 famiglie (0,1%) per fondamenti di cultura buddista e 22 famiglie (0,08%) per fondamenti di cultura ebraica.
Krasnoiarsk è il terzo territorio della Federazione, dopo Stavropol e Sverdlovsk, a confermare questa tendenza nella società. Gli analisti fanno notare che pur mantenendo una posizione stabile, la religione ortodossa (che il Patriarcato di Mosca sostiene essere la fede di circa l’80% della popolazione russa) è ancora vista con diffidenza dopo 70 anni di ateismo di Stato.
Secondo osservatori intervistati dal sito portal-credo.ru, queste cifre sono anche la dimostrazione che “invece di attrarre persone alla religione, l’insegnamento a scuola le allontana”. Per Lyudmila Alekseyeva, a capo del Helsinki Group di Mosca, “Non c’è modo migliore per allontanare la gente che lezioni tenute da insegnanti impreparati e su testi inadatti”.
Mentre sia la religione ortodossa che le altre ritenute “tradizionali” in Russia (ebraismo, buddismo e islam) avevano una base di testi già redatti in passato su cui strutturare i nuovi manuali scolastici, per “culture religiose” e “etica laica” si è partiti da zero e i libri sono stati redatti in modo veloce e sommario da persone non preparate, denuncia Svetlana Solodovnik su Ezhednevniy zhurnal. Che in un suo recente articolo parla anche di “intrusione” della Chiesa russo-ortodossa nella stesura di questi testi. “Il Patriarcato di Mosca - ricorda - ha sempre ritenuto importante che i fondamenti di etica laica rispecchino lo stesso sistema di valori dell’etica religiosa” (cioè quella cristiana ortodossa).
Andrei Sebentsov, che ha lavorato a lungo nella Commissione governativa per gli Affari religiosi, lo spiega col fatto che la Chiesa russo-ortodossa è stata l’unica promotrice dell’insegnamento della religione a scuola, attribuendosi un ruolo leader nella questione”. E c’è chi ora denuncia come il carattere laico di questo tipo di lezioni si stia perdendo a favore di un vero e proprio catechismo nelle scuole. “Ci sembra – racconta Marianna Shakhovic, capo del Dipartimento di filosofia e religione all’Università di San Pietroburgo – che invece di insegnare fondamenti di religione si insegni religione: un conto è spiegare chi era Cristo o cosa il Vangelo, un conto è far pregare i bambini come alcuni dal Patriarcato di Mosca già suggeriscono di fare”. (MA)

Ortodossia e modernità C'è sempre qualcosa di più importante della storia

di Roberto Morozzo della Rocca

Il protestantesimo insegue ammaliato la modernità, il cattolicesimo dialoga con la modernità. E l'ortodossia? L'ortodossia invece del dialogo con il mondo moderno, ne afferma la trasfigurazione. Invece di cambiare il mondo moderno, ne cerca la metamorfosi spirituale.
Secondo Giovanni Filoramo, le Chiese ortodosse innanzi alla modernità "hanno teso, insistendo sulla atemporalità della dimensione liturgica che le caratterizza, a vivere ai margini se non al di là della storia e delle sue contingenze". Il giudizio percepisce acutamente un'attitudine ortodossa. E l'interpreta alla stregua di un rigetto o quantomeno di un disinteresse verso la modernità. Non è propriamente così.
Le Chiese ortodosse non sono, in linea di principio, contro, né a favore della modernità. Piuttosto la rifiutano; oppure l'accettano secondo i suoi differenti aspetti e manifestazioni. In ogni caso l'interpretano alla luce del mistero cristiano, cercando in essa i segni del bene e del male, della croce e della resurrezione di Cristo. Come sosteneva Panayotis Nellas, la modernità va per l'appunto trasfigurata, non subita né combattuta.
In epoca sovietica, i giornalisti occidentali chiedevano agli ecclesiastici ortodossi come si rapportassero all'ateismo sovietico, ossia quale rapporto avessero con la storia e con la modernità dell'Unione Sovietica, e la risposta spesso era: "Noi celebriamo la liturgia". Una prima interpretazione di questa risposta concerne le difficoltà della storia. A lungo le Chiese ortodosse hanno vissuto situazioni storiche non facili. Si pensi alle dominazioni tatare, ottomane, oppure al Novecento sovietico. La loro età d'oro è stata l'impero bizantino, e non a caso, per secoli l'una e l'altra nazione ortodossa hanno successivamente vissuto nel mito di "Bisanzio dopo Bisanzio". In epoca moderna e contemporanea gli ortodossi hanno subito Stati e potestà aliene. Si trattava di sopravvivere restando fedeli alla propria identità e speranza cristiana. La liturgia si è rivelata più forte della storia, più forte degli dèi cari agli apparenti vincitori, fossero divinità religiose o scientifiche, fosse la forza bruta degli invasori asiatici, fosse il mito comunista del progresso. D'altra parte anche nell'ultramillenaria epoca bizantina i momenti migliori dell'ortodossia, in senso religioso, non corrispondono all'apogeo del potere imperiale, ma alla crisi del xiii e xiv secolo, che in reazione al decadimento politico del sistema bizantino produsse la rinascita spirituale dell'esicasmo, il rinnovamento del monachesimo, la spiritualità palamitica. Quasi l'ortodossia non si fidi della storia, della sua continua evoluzione, delle sempre nuove forme e ideologie di modernità.
Gli ortodossi, in quanto fondamentalmente orientali, non amano definire e classificare, e questo vale anche per la loro relazione con la modernità. Relazione la cui cifra, se proprio la si vuole enunciare, è la stessa con la quale parlano di se stessi; ossia l'antinomia, la compresenza degli opposti, la tensione dialettica irrisolvibile teoreticamente e, nondimeno, parte dell'esistenza reale dove i poli estremi coabitano felicemente. Così Lev Gillet: "Strana Chiesa ortodossa (...) Chiesa di contrasti, al tempo stesso così tradizionale e così libera, così arcaica e così vivente, così ritualista e così personalmente mistica; Chiesa in cui la perla di gran valore del Vangelo è preziosamente conservata, talvolta sotto una coltre di polvere (...) Chiesa che spesso non ha saputo agire, ma che sa cantare come nessuno sa la gioia di Pasqua".
La liturgia dunque come un'antistoria, un'antimodernità? Sarebbe troppo. Metropoliti, monaci, parroci dei Paesi sovietici si esprimevano con serenità quando parlavano di centralità liturgica ai giornalisti occidentali, spesso deludendoli perché sorvolavano sulle persecuzioni antireligiose e non si schieravano con il fronte del "dissenso" tanto enfatizzato dai media dell'Ovest. "Noi celebriamo la liturgia" significava sulla loro bocca che l'ortodossia non provava ansie dinanzi alla storia e alla modernità, nel loro caso la modernità di taglio sovietico. Né le ansie dell'adattamento o accomodamento, né le ansie della contrapposizione o del contrasto. Certamente quella risposta alle domande dei giornalisti veniva spontanea dato che la presenza pubblica della Chiesa nell'Unione Sovietica e nei Paesi satelliti era forzatamente ristretta allo spazio liturgico. Ma rivestiva un significato non contingente, che tutti gli ortodossi conoscono, in qualsiasi situazione si trovino. Il cristiano non decide il suo destino lasciandosi affascinare dalla storia e dalla modernità, e neanche rifiutandola. Ciò che conta è oltre. Il cristiano opera un superamento della storia, senza disprezzare e senza idealizzare le situazioni contingenti, mettendole in rapporto ai fini ultimi, all'èschaton, alla volontà divina, attraverso la fede, la preghiera, la liturgia, l'eucaristia.
Il rapporto dell'ortodossia con la storia e la modernità va cercato - giova ripeterlo - sul piano tipico del pensiero ortodosso, quello delle antinomie, delle antitesi, delle incompatibilità compatibili, delle sfumature e delle distinzioni. L'ortodossia non è contro la modernità e neanche a favore. Non la sprezza, ma neanche la considera essenziale. Invero le due ipotesi opposte - l'ortodossia nemica della modernità e l'ortodossia amica della modernità - potrebbero essere entrambe sostenute, ancorché mortificando la profondità e complessità del pensiero ortodosso.
La prima ipotesi: l'ortodossia antimoderna. Scrive Ignazio iv, patriarca di Antiochia: "Spesso gli ortodossi hanno paura della modernità. Hanno la sensazione sia qualcosa che viene loro imposto dall'esterno; che rappresenti un'intrusione brutale, se non addirittura crudele, di un Occidente sfigurato dall'eresia. Assistono non senza disperazione al crollo delle culture che la loro fede ha in una certa misura ispirato, tutta un'arte di vivere che viene meno di fronte alle devastazioni operate da una tecnica non orientata ad alcun fine; da un individualismo che distrugge le solidarietà tradizionali; da un edonismo spesso violento e grossolano che sembra voglia far dimenticare all'uomo la sua destinazione eterna. È vero che la modernità è in balia del nichilismo".
Osserva Dragan Nedeljkovic: "Il cristianesimo orientale, molto sublime e spiritualista, è nettamente teocentrico, divinista e antiumanista, soprastorico, statico e poco impegnato nella vita sociale". Per il cristianesimo orientale "che tutto osserva sub specie aeternitatis, i diritti dell'uomo, il parlamentarismo, la democrazia, e così via, sono problemi non essenziali in questo mondo effimero, passeggero, transitorio". Sostanziale sarebbe piuttosto "l'assoluto, la vita eterna dopo la morte, al di fuori della storia e della società dei mortali". Solov'ev scriveva un secolo fa che l'Oriente aveva tramandato integra la verità di Cristo, ma non aveva saputo creare, a differenza dell'Occidente, la "cultura cristiana". Sosteneva il filosofo che nell'ortodossia Dio era rimasto separato dal mondo, nel cristianesimo occidentale invece la verità di Cristo era stata adattata al mondo. Insomma, un'ortodossia teocentrica e verticale, a fronte di un cristianesimo occidentale antropocentrico e orizzontale. Pavel N. Evdokimov ha difeso una Chiesa ortodossa distaccata dalle realtà terrene: la sua pietà mistica, "apparentemente fuori del mondo", "la preserva dalla pressione del mondo secolarizzato e le permette di ignorare il modernismo, il progressismo, l'illuminismo disordinato delle sette o l'oscurantismo degli integralisti".
La seconda ipotesi: l'ortodossia conciliata con la storia e finanche promotrice della modernità.
Numerosi autori ortodossi sottolineano che la modernità, per quanto fuorviante dalla fede cristiana, avrebbe un'origine essa stessa cristiana. La recente dottrina sociale della Chiesa russa, tanto attenta a porre limiti allo strapotere tecnologico, premette sobriamente che "il cristianesimo, avendo superato i preconcetti pagani, ha demitologizzato la natura, contribuendo in tal modo allo sviluppo delle scienze naturali". Ignazio iv, sopracitato in senso opposto, insiste particolarmente su questa idea. La rivelazione cristiana avrebbe desacralizzato e disincantato la terra, strappandola alle magie pagane, alle cieche superstizioni, ai falsi miti. "Sembra proprio che solo la rivelazione biblica abbia reso possibile la scienza e la tecnica moderne: essa postula infatti che il mondo esiste, che è la creazione fondamentalmente buona di cui il Dio personale rende l'uomo personalmente responsabile".
E parecchi ortodossi ritengono che la modernità non si scelga e non si discuta, ma si viva come la realtà comune a tutti. È l'ambiente, il contesto quotidiano. Sintetizza Kallistos Ware: "La moderna tecnologia non è qualcosa che, come cristiani del ventesimo secolo, siamo liberi di accettare o rifiutare. È un fatto basilare nel nostro ambiente umano, e noi non possiamo optare al di fuori di esso. Invece di cercare vie di fuga, noi dovremmo cercare Dio dentro e attraverso la visione del mondo della scienza contemporanea".
L'ortodossia non è a favore e non è neanche contro la modernità. Sa che c'è, come un dato di fatto. Non è indifferente alla modernità. La considera un rischio e una chance al tempo stesso. Non esprime un giudizio definitivo, una condanna o un'assoluzione. Di volta in volta segnala quanto della modernità è bene e quanto è male, ma senza ansia di definire troppo, a meno che non siano in gioco valori ultimi. L'ortodossia non ama definire la Chiesa - "si vive per la Chiesa senza la necessità di definirla", dice Evdokimov. Anche la teologia suscita diffidenza se anziché porsi al servizio della liturgia e della spiritualità diventa sistematica. "Abbiamo voluto fare - deplorava il patriarca Atenagora - della teologia una scienza, proprio come abbiamo fatto della Chiesa una macchina (...) Questa meccanica dello spirito, lasciamola agli ingegneri!". Teologo, nell'ortodossia, è colui che prega, non colui che rende il mistero accessibile alla mente umana attraverso il ragionamento. Tanto meno allora l'ortodossia ha voglia di procedere a classificazioni e definizioni di realtà secolari, soggette alle incognite del tempo e della storia, come la modernità. Al più, si segnalerà la duplice valenza della modernità. Come fa Olivier Clément. Per il quale c'è il male della modernità: "Gli storici hanno rilevato che, nel XVIii secolo, l'affermazione di certe parole chiave, come progresso e felicità, ha coinciso con l'indebolirsi della fede nell'aldilà e nell'escatologia (...) Alla fine si è giunti a una società il cui unico scopo è quello di vivere meglio, quaggiù, la pienezza dell'esistenza presente. L'idea di resurrezione, il passaggio attraverso la croce si presentano in questo contesto come qualcosa di assurdo. E l'esito inevitabile è l'occultamento del messaggio pasquale (...) Tutto porta, così, al nichilismo e al vuoto in cui sprofondano le idolatrie: le apparenze, il mercato, l'erotismo, la violenza, la droga. La modernità, pur unificando materialmente il pianeta, sembra incapace di suddividerne le risorse con un minimo di giustizia, ed è altrettanto incapace di assumerne le diversità culturali: è di qui che viene l'attuale scontro tra Nord e Sud".
E c'è il bene della modernità: "La modernità si pone essa stessa in questione e non smette di cercare. Reca ancora, evidenti e numerose, le tracce delle sue origini greche e bibliche. La prodigiosa esplorazione dell'universo deve tutto il proprio slancio sia alla razionalità contemplativa dell'ellenismo antico sia all'affermazione biblica di una consistenza propria del creato, inteso come una realtà che è nello stesso tempo permeata dalla Sapienza divina e affidata alla responsabilità dell'uomo. Il rispetto dell'altro, la libertà dello spirito, ciò che v'è di meglio nella democrazia si radica nella rivelazione evangelica della persona e nella distinzione liberatrice fra Regno di Dio e Regno di Cesare. Così la modernità, in ciò che ha di positivo, non è estranea a noi cristiani (...) si pensi, ad esempio, al tema esemplare dei "diritti dell'uomo", tema in cui i cristiani sanno oggi riportare alla luce il mistero della persona irriducibile, a immagine di Dio".
Tuttavia per le Chiese ortodosse il sottoporre la modernità a continuo esame sarebbe tempo perduto. Esse sentono che la loro missione è un'altra: proclamare la rivelazione divina, trasmettere il messaggio evangelico, affermare i princìpi cristiani, difendere i diritti di Dio e quelli dell'uomo nel disegno divino. La fede ortodossa si muove istintivamente su piani diversi da quello in cui si dibattono pregi e difetti della modernità.


(©L'Osservatore Romano - 24 gennaio 2010)

Natale ortodosso: il Patriarca di Mosca presenta il rimedio alla crisi “La verità è il valore fondamentale dell'esistenza”

MOSCA, giovedì, 7 gennaio 2010 (ZENIT.org).- Il Patriarca ortodosso di Mosca ha presentato in occasione del Natale ortodosso, che si è celebrato questo giovedì (secondo l'antico calendario giuliano), il rimedio alla crisi globale che vive l'umanità: “La verità è il valore fondamentale dell'esistenza”.

E' questo il messaggio che Sua Beatitudine Kirill ha lasciato in questo periodo di crisi, che ha colpito seriamente la Russia e che, come ha spiegato, non è solo economica, ma anche e soprattutto morale.

L'atto centrale delle celebrazioni natalizie si è celebrato questo mercoledì sera nella Cattedrale di Cristo Salvatore, dove il Patriarca ha celebrato la sua prima Divina Liturgia di Natale (è stato eletto Patriarca il 27 gennaio 2009), trasmessa in diretta dalla televisione statale.

All'atto liturgico hanno partecipato il Presidente russo Dmitri Medvedev e sua moglie Svetlana, insieme ai seimila fedeli che affollavano il tempio.

In base ai sondaggi, due russi su tre hanno celebrato il Natale. Circa 135.000 credenti hanno assistito alle celebrazioni religiose nelle chiese di Mosca, il cui numero solo negli ultimi otto anni è aumentato passando da 400 a 800, e hanno anche celebrato Messe nei 30.000 templi della Chiesa ortodossa in tutta la Russia e in altri Paesi del mondo.

Il Primo Ministro ed ex Presidente russo Vladimir Putin ha approfittato delle feste per annunciare la restituzione alla Chiesa ortodossa russa dell'emblematico monastero di Novodevichiy, nel cui cimitero giacciono i resti dei più illustri personaggi russi e che attualmente è una filiale del Museo Storico Statale.

Nel messaggio che ha scritto per questo Natale, il Patriarca spiega che “la verità è il valore fondamentale dell'esistenza. Se alla base della nostra vita c'è la falsità, l'errore, allora la nostra vita non è realizzata”.

“E' la sostituzione dei veri valori con dei valori falsi che spiega ampiamente il significato sempre crescente del cosiddetto 'fattore umano' nei tragici eventi che si portano via centinaia di vite?”, si è chiesto il capo della Chiesa ortodossa russa.

“E' questo che spiega la crisi che ha avuto un impatto globale sull'economia, la politica, l'ambiente, la vita familiare, il gap generazionale e molti altri aspetti?”, ha aggiunto lasciando un messaggio che si ispira alle stesse radici evangeliche dell'ultima Enciclica di Benedetto XVI, la Caritas in Veritate.

Questo mercoledì, solennità dell'Epifania, il Papa ha porto i propri auguri alle Chiese ortodosse in occasione del Natale. Lo stesso Patriarca Kirill aveva presentato i suoi auguri a Benedetto XVI per il Natale occidentale e l'anno nuovo.

“Mi congratulo di cuore con voi nella grande festa della Natività di Cristo e dell'Anno Nuovo! Nelle condizioni della civiltà moderna, in cui molti perdono la bussola morale e spirituale, la Stella di Betlemme mostra ancora la via verso il Signore a tutti coloro che cercano la luce della Verità Divina”, ha detto il Patriarca nel suo messaggio, citato sul sito web ufficiale del Dipartimento per le Relazioni Ecclesiastiche Esterne del Patriarcato di Mosca.

Un'Isola per imparare a vivere, pregare e amare



UN'ISOLA COME LA GROTTA DI BETLEMME, COME LA CROCE GLORIOSA DI GERUSALEMME


"L'ISOLA" UNO DEI PIU' BEI FILM MAI VISTI.

PER IMPARARE A VIVERE, PER PREGARE, PER AMARE CRISTO






[L]Un film meraviglioso, senza alcuna enfasi. Da gustare e assaporare sino in fondo. La profonda conoscenza di se stesso, il primo grado dell'umiltà. E l'abbandono totale e senza condizioni all'amore e alla misericordia di Dio. Lo svelamento dei pensieri più profondi alla fine di un'esistenza vissuta con Cristo e con Lui nascosta in Dio. La vita semplice crocifissa con Cristo, la follia d'una sapienza che trapassa la carne e giunge sino all'essenza vera e autentica delle cose, dell'uomo e della storia. La santità che sgorga per pura Grazia in un uomo avvinto dall'amore e ad esso aggrappato come all'unica ancora di salvezza. La vita che diviene preghiera, quella preghiera incessante del cuore che si fa respiro dell'anima. Tutto ciò, e molto di più è questo film, da guardare con tutta la famiglia, e riguardare da soli, pregando, come dinnanzi ad un'icona. Sì, perchè l'icona della Gloria di Dio è l'uomo vivente, ed il protagonista di questo film è un uomo vivo nel fuoco dello Spirito Santo, anche se agli occhi mondani e superficialmente religiosi appare morto. E' il senso più profondo del Natale, la stoltezza che salva il mondo, i vagiti di un Bimbo che bagnano di misericordia le nostre povere esistenze sperdute. La grotta di Betlemme è la caldaia dove vive rintanato il Padre Anatoli, bambino apparentemente capriccioso per la sciapa mentalità moralista e legalista degli intelligenti che credono d'aver compreso tutto. Un bambino che conduce i suoi fratelli come in un cammino di conversione, un catecumenato al fondo della verità su stessi e su Dio, all'acqua del battesimo. A poco a poco, come attraversando una sorta di scrutini, i monaci suoi compagni saranno introdotti nello splendore dell'umiltà, la verità che si unisce prodigiosamente alla Verità che è Dio stesso. Impareranno a riconoscere le trappole del demonio, a guardare in faccia i peccati veri che avvelenano il cuore, la terribile mancanza d'amore e come l'amore non è sforzo ma una Grazia che procede dal sentirsi perdonati da Dio. Impareranno anche il combattimento quotidiano contro le insidie e le tentazioni del demonio, armati della sola invocazione del dolcissimo e onnipotente Nome di Gesù. Così come chiunque cerchi i miracoli di Padre Anatoli incontrerà piuttosto parabole urticanti che smascherano false pietà e alienazioni spirituali. Come nella Scrittura il miracolo solleva lo sguardo all'incontro e all'intimità con Cristo. Se così non fosse a nulla varrebbero i segni. Così è per il Natale, Festa che può facilmente scivolare nello sciapo sentimentalismo. Betlemme annuncia Gerusalemme, la mangiatoia indica la Croce. Il Bimbo prelude al Crocifisso. Per questo il film trasuda Natale e Pasqua, perché vivida brilla la Croce Gloriosa di Cristo. La vita dello stareč Padre Anatoli è infatti segnata da un evento lancinante come un chiodo che lo crocifigge. Tutta la sua vita sarà legata a quell'evento, e lui stesso percorrerà un cammino di umiltà e semplicità che lo consegnerà alla lode del Dies Natalis, alla veste bianca del battesimo eterno. Con Anatoli possiamo guardare alla nostra vita, agli eventi passati o presenti che ci inchiodano alla Croce, spesso muta e lancinante presenza che intristisce e angoscia le nostre vite. Con lui possiamo scoprire come proprio nell'esatto momento in cui i chiodi han trafitto le nostre carni - quell'evento che oggi, potendo, cancelleremmo dalla nostra storia, credendo che eliminandolo, potremmo vivere meglio e sereni - quell'istante che ci ha crocifissi è lo scrigno misterioso che custodisce la Verità, il seme di Grazia che ci tiene avvinti a Dio e ci fa bramare la salvezza. Quell'istante che ci ha crocifisso, come ogni momento in cui qualcuno o qualcosa perfora le nostre vite, sono ben altro di quel che crediamo. E' lì, in quell'istante che ha inizio la vera vita, come nella grotta di Betlemme, Dio fatto carne preparava la nostra carne ad entrare nel Cielo. Buona visione, e che Dio ci conceda vedere la luce nelle nostre storie, la Verità del suo amore in ogni piega della nostra vita, prodigio dischiuso sull'eterno amore di Dio come il sepolcro di Gerusalemme, come la scena che chiude il film.

Antonello Iapicca Pbro








SPIRITUALITA' ORTODOSSA























Le Meteore. Vita e ascesi nei monasteri ortodossi. Esicasmo. Video molto interessanti






Intervista al protagonista di Ostrov (L’isola)


mamonov.jpgIn esclusiva presentiamo l’intervista al protagonista del film russo Ostrov (L’Isola), Petr Mamonov, che interpreta il ruolo dello stareč Padre Anatoli.
L’intervista, in russo, è tratta dal sito ufficiale del film ostrov-film.ru ed è stata tradotta per Nati dallo Spirito da Tamouna
Pataridze alla quale vanno tutti i miei più sinceri ringraziamenti.
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Il regista Pavel Lunguin ha invitato per le riprese del suo film l’attore Petr Mamonov, un ex musicista celebre ai tempi del gruppo rock Zvuki mu «Звуки Му». Molti anni fa questo musicista aveva interpretato il ruolo in un primo film di Lunguin: Taxi bluesТакси-блюз»).
Petr Mamonov è di origine moscovita, un uomo misterioso. E’ da più di dieci anni che vive da eremita nel villaggio di Reviakino (Ревякино). Va in città attirato unicamente dalla prospettiva di presentare uno spettacolo al teatro Staniskavskyi. Soltanto molto di rado accorda interviste.

- Ha esitato molto prima di accettare di collaborare a questo progetto?

- Sì, molto a lungo. Per me tutto è semplice. La fede mi è giunta molto tardi, all’età di 45 anni. Prima di allora vagabondavo, correvo dietro alle cose, bevevo vodka ecc. In più, sa, quando si ha un talento si è sbilanciati una volta da questa parte e una volta dall’altra. E poi la fede, come un colpo d’ascia. La fede è sempre dono di Dio. Non è che se fai uno sforzo crederai, no. Questo modo non dà risultati. Poi, sono evoluto lentamente. Sono già undici anni che sono nella fede.
Insomma, ho ricevuto questa proposta. Pavel Semoinovich mi ha chiamato e mi ha detto «Petenka [1], senza di te non girerò il film. Ho assoluto bisogno di te». E io ho risposto: «Pash [2], no, no, no, come è possibile … interpretare uno stareč [3] santo?». E allora lui mi ha detto: «Mica farai decidere al mio spirito fumoso!». Io ho un padre spirituale, il parroco del nostro paesino. Sono andato da lui e gli ho detto: «Ecco di cosa si tratta, io e uno stareč santo… visto che voi conoscete la mia vita, che sapete che sono un peccatore, che faccio?». Ed egli mi ha detto: «Non ci pensare nemmeno. E’ il tuo lavoro. Fallo!».


- Alcuni dicono che questa storia è in parte autobiografica.


- Si dice sempre così se il ruolo è ben interpretato. Si dice spesso: ecco, l’attore ha interpretato se stesso. Ma che vuol dire? Provate a interpretare voi stessi! Molto semplicemente, come si dice oggi, ero in linea con l’argomento. Io credo in Dio, cerco di cambiare la mia vita, cado, inciampo, mi rialzo e cado di nuovo, mille volte al giorno. Ma per me non c’è più altro cammino, io sono un uomo maturo, ho 55 anni. Non ho altre possibilità, basta così, lo so certamente. Non sta a me dire ora: «No, sono solo deliri, fantasie e racconti. Dio non esiste, vivo come prima». Ovviamente no, non posso fare questo sapendo, per esperienza personale, che il Signore esiste. Ho già sentito come mi aiuta, ho ricevuto il Suo soccorso e la sua potente benevolenza.


- Riesce ad essere neutro sul film e sul suo lavoro e dire ciò che è riuscito e ciò che non lo è?


- Certo che posso è per questo che sono artista. Sa, a questo proposito Antonyi Surojskyi (Антоний Сурожский) [4] dice una cosa molto interessante: se un artista credente si mette a cantare o a dipingere soggetti divini, generalmente produce cose false. Lavori come vuole, seguendo la sua intuizione: la sua fede e il suo Dio resteranno sempre in lui in una maniera o nell’altra. Questo è molto logico e molto importante per me e l’ho imparato quando ho esitato domandandomi se avrei peccato accettando questo progetto. Guardando tutto questo da lontano, posso dirle che per me la moderazione e l’esitazione dell’artista, del regista, dell’attore o del cantante sono segni delle loro prestazioni e competenze. Questo mi piace.

Ho sentito dire ciò a proposito di Visočkyi (Высоцкий): pur essendo un grande maestro, veniva ogni volta sul set come fosse la prima volta, con modestia. Questo è un segno di potenza. Ciò che mi piace del nostro film, che mi piaceva mentre lo giravamo e che mi piace anche nel risultato finale è che è un film molto discreto. Se ci ha fatto caso, non ci sono certezze ostinate, nessuna pretesa che questa cosa è così. Lei sa che c’è un delirio che pretende che soltanto nell’ortodossia ci sia la salvezza, e che tutte le altre denominazioni periranno: i cattolici e gli altri. E’ una cretinata! Da dove proviene ciò? Tu credi, benissimo. Dio per te è così, benissimo. Basta, non scocciare gli altri. Questa modestia è palpabile nel film…
Sono contento del regista che conosco da tanto tempo. Abbiamo lavorato insieme a Taxi Blues. Dopodiché ha fatto dei film, francamente, di tutti i tipi, lei capisce di cosa parlo. Di conseguenza mi sono avvicinato con molta prudenza a questo film. Ho iniziato a imporgli delle mie esigenze, per orgoglio. Pensavo che io capissi tutto e lui no. Uno degli appellativi del diavolo è il Separatore e quando gli uomini sono divisi su qualche cosa, ognuno pensando di possedere la verità, be’ entrambi hanno torto su ciò che li divide. E questo film, in questo lavoro non c’è questa separazione. C’è forse incertezza: ‘cosa abbiamo prodotto?’ ‘com’è il risultato?’ Ma non c’è insistenza, lo spettatore ha spazio per vagare. Mi capisce? E’ molto importante per un artista esprimere la sua posizione ma anche lasciare qualcosa da dire, di non chiudere, lasciare lo spazio allo spettatore, al lettore di modo che avanzi. Se dico tutto, allora sono come quelli che si ritengono degli spiriti lucidi – li ho passati tutti al setaccio – Bergman, Tarkovskyi (Тарковский), Godard perché mi impongono con rigore la loro opinione. A che mi serve? L’arte non è che interrogativi.

- Secondo lei, questo film si inscrive nel nostro tempo o appartiene a un mondo falso e cinico?


- Trovo che riguarda il nostro tempo. Perché il mondo non è simile a quanto lei ha descritto. Le do un piccolo esempio. In un autobus entra un ubriaco fradicio e ti sembra impossibile rimanere su quel bus. Ma ci sono altre 40 persone che sono sedute beatamente senza farci caso. Questo è il nostro mondo oggi. Sembra impossibile viverci ma la gente si sveglia alle 7 e va a lavoro, da da mangiare ai figli, fa tutto tranquillamente, lentamente, ed è invisibile, noi non la vediamo. E’ per questo che la gente si sente male a vivere. E’ per questo che voglio dar loro forza, offrir loro un piccolo aiuto, un minuscolo punto d’appoggio, non so neanche come dire. Io sono il loro deputato, il deputato di una ragazza che fa il controllore a 30 gradi sotto zero, tutta la giornata: «Biglietti, biglietti prego. I vostri biglietti prego». E lo fa per 5000 rubri. Io sono con loro.


- Una domanda: quando penso al suo personaggio, mi sembra che per un uomo che ha commesso un peccato così grande, la possibilità che si penta sia molto debole. La vita vorrebbe che un tale uomo ricadesse ancora. Un uomo oppresso da un peccato simile o non ci pensa più, o scende ancora più in basso, ruba, uccide ecc.


- Le rispondo con una citazione. Efrem il Siro disse nel IV secolo: «La chiesa è un’assemblea di peccatori che si pentono». Ecco cos’è la chiesa. Tutti i nostri peccati in un oceano di misericordia divina fanno un granello di sabbia. Il Signore accoglie tutti e perdona tutti: gli assassini, le persone più spaventose, se soltanto il nostro cuore si rivolge totalmente a lui. Nella vita ciò accade spesso e vicinissimo a noi. E’ successo a me, a colui che è di fronte a lei. Ecco la ragione della mia certezza quando ne parlo. Facevo un sacco di scemenze e poi il mio cuore si è completamente rivolto a Dio. Il Signore mi ha perdonato tutto e mi ha ricoperto del suo amore. Poi, disarmato, stupefatto, mi sono fermato.





RECENSIONE

Un marinaio russo scampato all'affondamento della sua imbarcazione, trova rifugio in un convento di monaci e diventa uno di loro.

Presentato al Festival di Venezia 2006, L’isola inizia in Unione Sovietica, durante la II Guerra Mondiale, quando una chiatta che porta carbone lungo il Volga viene catturata dai tedeschi. Questi obbligano Anatoly, l’unico marinaio, a sparare al suo capitano, poi fanno saltare in aria il battello. Abbandonato su una piccola isola dello sterminato fiume, il marinaio scampato viene soccorso dai monaci del monastero, unica costruzione dell’isola, e lì rimane, diventando poco a poco uno iurodivy, un “folle di Dio”. Ossessionato dalla sua colpa, Anatoly trascorre gli anni pregando e vivendo in solitudine nel locale delle caldaie del monastero, spalando carbone. Ha un carattere brusco, è sempre sporco di fuliggine, parla quasi solo citando i Vangeli; con i suoi modi e il suo stile di vita suscita scandalo nei confratelli, anche se il Priore lo stima e gli vuole bene. Col passare del tempo e nonostante i suoi modi, la sua fama di uomo santo si sparge, portando sull’isola persone che cercano il suo conforto o reclamano un miracolo. Che spesso accade. L’isola in certi momenti sembra tratto da un romanzo di Dostoevskij o da “I racconti di un pellegrino russo” (ma alcuni aneddoti ricordano anche le vite di molti santi occidentali), per il totale abbandono del monaco alla misericordia di Dio, ma soprattutto nelle descrizioni del suo rapporto coi questuanti e i confratelli. Anatoly sa riconoscere il peccato o la tentazione: siano i comodi stivali del Priore, una donna che rifiuta i sacramenti per paura di perdere il posto di lavoro o la sottile invidia di chi vede che la gente cerca solo lui. Fino a un finale inaspettato e commovente, nel quale tutta la vita e la permanenza dell’uomo sull’isola trovano compimento. Girato con gran cura, in una natura fredda e silenziosa, L’isola si offre allo spettatore occidentale come una grande testimonianza della fede e della tradizione ortodossa.

http://www.sentieridelcinema.it




“Amare è camminare con qualcuno per sostenerlo” di Pyotr Mamonov (protagonista di Ostrov) - 


Di seguito alcuni estratti da un discorso che Pyotr Mamonov, protagonista del film russo Ostrov (L’Isola), fece nel 2006 a Sotsi, sul Mar Nero. Da queste poche frasi si evince chiaramente quanto Mamonov, fine attore e musicista, conosca la vita spirituale e quanto il suo ruolo nel film di Lounguine non fosse affatto casuale.

+ Che tempo perverso è il nostro! I critici hanno recentemente discusso il film di Pavel Lounguine Ostrov e hanno parlato della Chiesa come qualcosa di mitico, come se si trattasse di Ilya Muromets [eroe mitico russo].

+ Come vivrai se non credi a qualcosa? Sono circondato da tutte le parti da gente disorientata.

+ Quando hai fede, malgrado tu possa essere spossato, darai il tuo posto a un’anziana signora su un autobus. Anche questo è cristianesimo. Vai a lavare i piatti senza che nessuno te lo chieda. Questa è un’azione cristiana? Lo è.

+ Non insistere continuamente che hai ragione. Non urlare “la cena è fredda”. Sii paziente due minuti e ti verrà riscaldata. La tua povera moglie può farlo velocemente per te. Anche lei è stanca. Ognuno ha i propri tempi e le proprie preoccupazioni. Perché insistere sul fatto che “la moglie è obbligata a fare questo…” o “il marito merita questo…” ecc.?

+ Amare è camminare con qualcuno per sostenerlo. Se vediamo qualcuno con la faccia a terra, pensiamo subito che sia ubriaco. E se avesse subito un infarto? Foss’anche ubriaco, aiutalo ad alzarsi e dagli protezione perché non si congeli. Ma no, noi continuiamo per la nostra via. Scappiamo persino da noi stessi.

+ Dovremmo vivere non dicendo “dammi” ma “prendi”. Molti non capiscono cosa significa dare la camicia che stanno indossando. Ci siamo abituati a vivere nel passato.

+ Qualunque cosa è gradita a Dio, noi la rifiutiamo.


+ Non esitare ad aiutare i deboli. Per noi, il contrario è vero – noi ce li “inghiottiamo”. I ricchi prendono dai poveri anche quel poco che hanno. Essi rubano più possibile e si nascondono dietro altre staccionate, di modo che gli altri non si prendano le sue cose.

+ Abbiamo una percezione distorta del cristianesimo. Le cose sono semplici. Quanto sangue sei disposto a dare per una persona? E’ scritto: “Ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me” (Mt 25,40).

+ Sedersi il più tempo possibile al capezzale della propria madre sofferente per l’età e la malattia: questo è il luogo e la maniera di morire quotidianamente!

+ Proprio come i ragazzi inviati in Cecenia. Un cretino gettò una granada e un colonnello ci cadde sopra. Non aveva esitato e fu ammazzato. Era comunista, non battezzato. Ma pensava come un cristiano.

+ A cosa serve andare in chiesa se il tuo cuore è ancora vuoto? Vuoto di azioni cristiane? Visiti tutte le Sacre Montagne e veneri tutte le reliquie e poi quando vedi un povero derelitto pensi “deve essere uno di quegli imbroglioni mostrati in televisione”. Dagli 50 kopeck [1/100 di un rublo]. Non diventerai povero. La vera mafia sono quei cinque o sei che manipolano le masse con la televisione.

+ Non dovremmo interrompere gli altri mentre parlano. I Santi Padri ci insegnano a stare di fronte agli altri come se stessimo davanti a un’antica icona.

+ Cosa significa non giudicare? Non condannare. Siamo obbligati ad avere opinioni. Cristo tentò di chiarire certe idee ai Farisei e la sua rabbia era giusta. Fai bene ad arrabbiarti con te stesso perché – per esempio – l’altra notte ti sei ubriacato. Odia il tuo peccato, le tue passioni, e ciò che ti tortura e troverai un rimedio. Soltanto se odi profondamente il peccato puoi provare il gusto della vittoria.

+ Anche se sono adulto, ogni giorno cerco di imparare.

+ Ogni giorno, vado in autobus a Mosca. Due ore di fila. Di fronte a me, una volta, erano seduti due ragazzi, ubriachi. Stavano spergiurando e parlando molto malamente. Stavo rabbrividendo all’idea di dover sopportare questa scena per due ore. Poi ho pensato “Vediamo un po’, chi sono questi giovani? Sono cresciuti in un villaggio? Cosa hanno visto laggiù? Il padre forse era alcolizzato, la madre li picchiava e spergiurava. La televisione era sempre accesa. Questa è la nuova generazione. Cosa gli si può chiedere? Ho forse insegnato loro qualcosa? Ho forse varcato la soglia di casa loro? Ho letto loro un libro?”. Mentre uscivo dal labirinto di questi miei pensieri, ero arrivato a destinazione…

+ Tutto dipende da noi: da come sentiamo, se i nostri occhi sono puri, se le nostre orecchie sono chiuse, se la nostra anima è aperta, se la nostra coscienza è pulita. Abbiamo bisogno di pensare a queste cose.

+ I santi ci insegnano a realizzare la nostra propria salvezza, e questo basta per una vita intera.

+ Qual è il tuo piano d’azione? Avanza, anche solo di un millimetro. Quel millimetro ti porterà maggior luce. Se rimaniamo con solo ciò che troviamo, nulla cambierà. [...]

+ Quando dimentichiamo che il peccato è assenza di luce, gli diamo forma e lo rendiamo tangibile – con le nostre irritazioni, la nostra mancanza di rispetto per gli altri ecc.

+ Cos’è il paradiso e cos’è l’inferno? I nostri Padri ci insegnano che ovunque c’è un oceano di amore divino. Chiunque compia il male è punito dalla sferza dell’amore. Pensaci: un oceano di amore divino in cui il mondo intero è amato. Questo è quello che ci manca nella vita: l’amore. Questo è quindi l’inferno: l’assenza di amore. E se l’oscurità è assenza di luce, l’anima oscura, quando è esposta alla luce, si scioglie.

+ L’unica cosa che voglio offrire è qualcosa che sia tratto dalla mia esperienza personale. Io sono come tutti: debole. Ma sento una certa esigenza. Sento la Verità come qualcosa di urgente, come un nodo in gola. Uno dei nomi di Cristo è “Sole di Verità”. Dobbiamo avvicinarsi a questo sole.

+ Ho letto da qualche parte: “Non viviamo mai il momento. Anche quando ci sediamo a tavola, i pensieri prendono il volo, verso i cetrioli, verso il kvas, verso la zuppa. Prova, almeno per un minuto al giorno, quando non hai null’altro da fare, a raccoglierti in te stesso e ‘vivi il momento’ in quel preciso minuto. E’ difficilissimo. Ma con quello sforzo potrai sentire la presenza di Dio”.

+ Mi sento un attore? Sono Pyotr Nikolaevich Mamonov. Cerco di fare il mio lavoro al meglio. In ogni momento do tutto ciò che posso. Tra cinque anni quando mi guarderò indietro dirò: “Come facevi a recitare così male?”. Ma avrò la coscienza a posto, perché in quello momento ho fatto ciò che potevo. Questo è quello che è capitato con Ostrov. Ha fatto successo. Ho cercato di aiutare me stesso e quelli che mi erano intorno. Quando Cristo entrò a Gerusalemme su un asino, lo ricevettero con i fiori e lo salutarono con acclamazioni. L’animale credette che i fiori e le acclamazioni fossero indirizzate a lui. Anche noi spesso ci comportiamo come quell’asino che portò Cristo. Ho molti talenti ma li ho forse per i miei meriti? Una mano generosa li ha piantati… e io vivo con essi. Cerco di non dimenticarmelo e di non tradire questo. Non ho orgasmi con il mio “ego”. Capisco che io, Pyotr Mamonov, non ho fatto niente per mio merito. Di cosa dovrei vantarmi? Dio richiede tutto ciò che dà.

+ Dobbiamo vivere tutti nel modo più puro possibile.

Il personaggio interpretato da Pyotr Mamonov, padre Anatoli, è basato sulla vita di un santo, un “pazzo per Cristo”, il beato Feofil del monastero delle grotte di Kiev. Una breve biografia del santo a questo link (in inglese): http://www.roca.org/OA/53-54/53e.htm

tradotto da johnsanidopoulos.com

- See more at: http://www.natidallospirito.com/2010/06/01/amare-e-camminare-pyotr-mamonov-protagonista-ostrov/#sthash.IwzBi4HG.dpuf




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