Famiglia, vita, educazione. Poco, pochissimo. La persona umana è la grande assente di questa campagna elettorale. Qualcuno cerca di nascondere e riciclare un passato mai rinnegato, anzi, di aborti e altre mostruosità. Altri con la mano destra firmano patti con i cattolici, con la mano sinistra alleanze con gli anticlericali. E poi qualche dichiarazione sul fotofinish, qualche pennellata su famiglia e affini. Ma il cuore di questa politica batte in piazza, urla, strepita, è sconsolatamente autoreferenziale. Eppure i limiti della politica, di questa politica, emersi ancora una volta ci offrono la possibilità di distinguere alcuni criteri fondamentali. Per votare, e non solo. Per discernere nella vita. Questa campagna elettorale, in questa quaresima, può essere per tutti noi provvidenziale. Ci può aiutare a fare un esame di coscienza, guardando dentro di noi attraverso la cartina da tornasole che è questa competizione politica. Innanzi tutto comprendiamo che non possiamo chiedere alla politica quello che non essa non può darci. "Non si raccolgono fichi dai rovi o uva dalle spine...". In una conferenza stupenda che vi invito a leggere Mons. Caffarra, parlando di educazione religiosa diceva che "quando la nostra persona impegna radicalmene se stessa con la realtà e con la vita perché ne vuole scoprire il significato ultimo [il “fondo della realtà”] , allora mette in atto il senso religioso. Che cosa dunque è il senso religioso? È la capacità che la persona umana possiede di porre le domande ultime sulla realtà e sulla vita; di discernere l’apparenza dalla realtà... l’educazione religiosa consiste nell’educazione del senso religioso. Il che significa: educare la persona ad impegnarsi colla vita ricercandone il suo significato ultimo. Rifiutarsi di farlo significa rifiutare, impedire all’uomo di vivere interamente la sua umanità, l’intera ricchezza della sua umanità". In questa campagna elettorale abbiamo assistito proprio a questo rifiuto, allo slalom intorno a quello che realmente riguarda l'uomo. Non possiamo chiedere alla politica di educare al senso religioso, ma prevederne lo spazio, porre al centro del dibattito e delle linee programmatiche la persona umana, beh questo sarebbe lecito... Diceva Benedetto XVI lo scorso anno al convegno della Chiesa di Roma sulla famiglia, (un discorso da leggere assolutamente in questi giorni), che "la volontà di "liberare" la natura da Dio conduce a perdere di vista la realtà stessa della natura, compresa la natura dell’uomo, riducendola a un insieme di funzioni, di cui disporre a piacimento per costruire un presunto mondo migliore e una presunta umanità più felice".
Possiamo così trarre profitto da queste imminenti elezioni italiane, come da ogni altro fatto politico, anche da ciò che sta accadendo in Spagna ad esempio. Possiamo guardarci dentro e trarre profitto spirituale. Chiedendoci ad esempio, prima di votare, che cosa desidera davvero il nostro cuore. Quanto peso hanno dentro di noi le idee, gli ideali, le ideologie, gli slogan e le parole politiche ascoltate in questi giorni. Che eredità culturale portiamo in noi, che influenza esercita il passato con le vicende familiari. Che valore ha il DNA politico dell'ambiente nel quale siamo cresciuti. Che sguardo abbiamo di fronte alle ingiustizie, ai soprusi, alla povertà, agli scandali. Con che occhi guardiamo la croce piantata nella storia? Siamo davvero liberi di scegliere oggi? Sono domande molto importanti. Scrive il Papa che "All’inizio dell’essere cristiano non c’è una decisione etica o una grande idea, bensì l’incontro con un avvenimento, con una Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva" [Benedetto XVI, Lett. Enc. Deus caritas est 1]. Allora, proprio in questi giorni, possiamo chiederci se l'incontro con Cristo ha dato vita in ciascuno di noi ad un nuovo orizzonte e una decisiva direzione alla vita.
In concreto, di fronte alle elezioni, ho il cuore sgombro e libero da incrostazioni, ho chiaro davanti a me il Destino ultimo per il quale sono al mondo e per il quale tutti siamo nati? E' il senso religioso a guidarmi nel discernimento? "Incontrare Cristo come chiave interpretativa di tutta la vita. Gli stessi segni musicali cambiano suono se si cambia la chiave all’inizio del rigo. Sono gli stessi capitoli che compongono la biografia di un cristiano e di un ateo: ambedue nascono e muoiono; ambedue gioiscono e soffrono, ambedue lavorano e amano; ambedue vivono in una città, dentro una società politica. Il senso religioso entra in azione quando il soggetto si impegna fino al punto di mettersi alla ricerca di un senso ultimo positivo di tutto questo. L’educazione religiosa consiste nel guidare l’uomo in questa ricerca. L’educazione cristiana consiste nel guidare l’uomo ad incontrare ciò in cui la positività del reale, di ciò che viviamo, consiste e si fonda: Gesù Cristo. La vita umana cristianamente vissuta è la vita che nasce da questo incontro". ( Mons. Caffarra...)
C'è dunque un modo cristiano di vivere e di votare, con fede. La libertà di chi pone al di sopra di tutto la volontà di Dio, il suo compimento nella propria vita e in quella di ciascun uomo. In termini pratici, la volontà di Dio si manifesta anche attraverso le parole dei Pastori, le indicazioni della Chiesa sui temi che riguardano la nostra vita. Esse ci aiutano, ci illuminano per discernere. Seguirle, sostenuti dalla Grazia, è avere fede, è mettere Dio al primo posto nella propria vita, desiderare la Sua volontà. Queste elezioni sono allora un paradigma della nostra vita. Possiamo chiederci, andando a votare, se abbiamo fede. Non è un gioco, è qualcosa di molto serio. Non a caso si voterà la Domenica delle Palme, potremmo così chiederci se, nel cuore, desideriamo liberare, Gesù o Barabba. L'amore o la Giustizia, il Cielo o il mondo. E non per dire che uno schieramento o l'altro siano il bene o il male. No, E' dentro di noi che dobbiamo guardare. E cercare i criteri che diventano decisivi nel discernere sugli eventi. La politica, questa politica, ci parla di soldi, di lavoro, di qualità della vita, di sicurezza, di giustizia, di case. Il mondo. E tutto è confinato in questo immanentissimo appezzamento di terra dove si posano i nostri piedi. Potremmo chiederci allora se, essendo nel mondo, siamo suoi oppure no. Se i criteri per decidere e votare sono gli stessi che ci pongono innanzi i politici, allora la risposta è facile. Se le nostre passioni sono racchiuse nel grumo di slogan e di vere e presunte malefatte dei politici, allora il nostro cuore è ancora preda di questo mondo. Avere un po' di luce su questo sarebbe comunque già un buonissimo risultato. Sarebbe vincere le nostre personalissime elezioni. Magari perdendole e scoprendoci bisognosi di urgente conversione, di alzare lo sguardo al Cielo, e che Dio passi nella nostra vita e ci liberi da quello che ci lega al mondo. Dai retaggi del passato, dalle esperienze giovanili, da quanto di viscerale e passionale emerge dai nostri cuori quando si tocca la politica.
Spesso si è capaci di aprirsi alla vita e all'opera di Dio nella prorpia famiglia sino ad aver dieci figli o più, oppure a lasciare tutto e partire per evangelizzare, ma ci si ritrova schiavi delle passioni più carnali e mondane che si nascondono nell'agone politico. L'indagine del Foglio di qualche settimana fa è illuminante. Vecchi fantasmi, esperienze studentesche, brandelli di un "ego" che reclama autonomia almeno in qualcosa, e "la politica che vuoi che sia"... Che Dio ci liberi, ci faccia Suoi figli in ogni aspetto della vita, ci apra gli occhi su quello che per Lui è davvero importante anche nelle cose del mondo, ci doni la docilità dell'obbedienza alle indicazioni dei Suoi ministri, ci conceda la Grazia di rinnegare noi stessi, i principi che hanno animato le nostre calde adoloscenze, gli ideali di giustizia e di eguaglianza che hanno colorato le nostre irruenze giovanili.
Che Dio ci faccia semplici come colombe, e astuti come serpenti, anche dinnanzi al voto. E ci faccia cittadini celesti. Nella Chiesa primitiva, al termine del catecumenato di preparazione per ricevere il battesimo vi era l'utima tappa, che si chiamava "elezione". Gli eletti potevano passare all'acqua e diventare cristiani. Erano passati da questo mondo al Cielo, erano ormai cittadini della Patria celeste. La Lettera a Diogneto ne esprime bene le qualità, l'opera della Grazia nella debolezza della natura.
Nei dibattiti di questi giorni del Cielo non v'è traccia. Non lo possiamo chiedere, ma lo possiamo, lo dobbiamo cercare. Anche nel non detto dei politici, nel loro passato e nel loro presente, discernendo che cosa ne sia più vicino attraverso le indicazioni dei Pastori. Rimettendo la nostra vita nelle mani del Signore, anche attraverso queste elezioni, chiedendo a Dio la libertà dei Suoi figli, creature nuove che portano in sé le primizie della vita eterna, che al di sopra di tutto pongono quello che per Gesù, il loro Maestro, è davvero importante, irrinunciabile: "Tutela della vita in tutte le sue fasi, dal primo momento del concepimento fino alla morte naturale; riconoscimento e promozione della struttura naturale della famiglia, quale unione fra un uomo e una donna basata sul matrimonio, e sua difesa dai tentativi di renderla giuridicamente equivalente a forme radicalmente diverse di unione che, in realtà, la danneggiano e contribuiscono alla sua destabilizzazione, oscurando il suo carattere particolare e il suo insostituibile ruolo sociale; tutela del diritto dei genitori di educare i propri figli. Questi principi non sono verità di fede anche se ricevono ulteriore luce e conferma dalla fede. Essi sono iscritti nella natura umana stessa e quindi sono comuni a tutta l'umanità" (Benedetto XVI ai partecipanti al Convegno promosso dal PPE). Vita, famiglia ed educazione, valori non negoziabili. Che siano essi ben radicati nei nostri cuori, per diventare criteri fondanti per votare e per vivere ogni giorno. Da figli celesti del Padre celeste.
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DOCUMENTAZIONE
DISCORSO DI SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI
AI PARTECIPANTI AL CONVEGNO
PROMOSSO DAL PARTITO POPOLARE EUROPEO
Aula della Benedizione
Giovedì, 30 marzo 2006
Onorevoli Parlamentari,
Signore e Signori,
sono lieto di ricevervi in occasione delle Giornate di Studio sull'Europa organizzate dal vostro gruppo parlamentare. I Pontefici Romani hanno sempre prestato una particolare attenzione a questo continente. L'udienza di oggi è dunque opportuna e si inserisce in una lunga serie di incontri fra i miei predecessori e i movimenti politici di ispirazione cristiana. Ringrazio l'Onorevole Pöttering per le parole che mi ha rivolto a vostro nome ed estendo a lui e a tutti voi i miei saluti cordiali.
Attualmente, l'Europa deve affrontare questioni complesse di grande importanza come la crescita e lo sviluppo dell'integrazione europea, la definizione sempre più precisa della politica di prossimità in seno all'Unione e il dibattito sul suo modello sociale. Per raggiungere questi obiettivi, sarà importante trarre ispirazione, con fedeltà creativa, dall'eredità cristiana che ha contribuito in modo particolare a forgiare l'identità di questo continente. Apprezzando le sue radici cristiane, l'Europa sarà in grado di offrire un orientamento sicuro alle scelte dei suoi cittadini e delle sue popolazioni, rafforzerà la loro consapevolezza di appartenere a una civiltà comune, e alimenterà l'impegno di tutti ad affrontare le sfide del presente per il bene di un futuro migliore. Quindi apprezzo il riconoscimento da parte del vostro gruppo dell'eredità cristiana dell'Europa che offre preziosi orientamenti etici alla ricerca di un modello sociale che soddisfi adeguatamente le esigenze di un'economia già globalizzata e risponda ai mutamenti demografici, assicurando crescita e sviluppo, tutela della famiglia, pari opportunità nell'istruzione dei giovani e sollecitudine per i poveri.
Inoltre, il vostro sostegno all'eredità cristiana può contribuire in maniera significativa a sconfiggere quella cultura tanto ampiamente diffusa in Europa che relega alla sfera privata e soggettiva la manifestazione delle proprie convinzioni religiose. Le politiche elaborate partendo da questa base non solo implicano il ripudio del ruolo pubblico del cristianesimo, ma, più in generale, escludono l'impegno con la tradizione religiosa dell'Europa che è tanto chiara nonostante le sue variazioni confessionali, minacciando in tal modo la democrazia stessa, la cui forza dipende dai valori che promuove (cfr Evangelium vitae, n. 70). Dal momento che questa tradizione, proprio in ciò che possiamo definire la sua unione polifonica, trasmette valori che sono fondamentali per il bene della società, l'Unione Europea può solo ricevere un arricchimento dall'impegno con essa. Sarebbe un segno di immaturità, se non addirittura di debolezza, scegliere di opporvisi o di ignorarla, piuttosto che di dialogare con essa. In questo contesto bisogna riconoscere che una certa intransigenza secolare dimostra di essere nemica della tolleranza e di una sana visione secolare dello Stato e della società. Sono lieto, dunque, del fatto che il trattato costituzionale dell'Unione Europea preveda un rapporto strutturato e permanente con le comunità religiose, riconoscendo la loro identità e il loro contributo specifico. Soprattutto, confido nel fatto che la realizzazione efficace e corretta di questo rapporto cominci ora, con la cooperazione di tutti i movimenti politici indipendentemente dai loro orientamenti. Non bisogna dimenticare che, quando le Chiese o le comunità ecclesiali intervengono nel dibattito pubblico, esprimendo riserve o richiamando certi principi, ciò non costituisce una forma di intolleranza o un'interferenza poiché tali interventi sono volti solamente a illuminare le coscienze, permettendo loro di agire liberamente e responsabilmente secondo le esigenze autentiche di giustizia, anche quando ciò potrebbe confliggere con situazioni di potere e interessi personali.
Per quanto riguarda la Chiesa cattolica, l'interesse principale dei suoi interventi nell'arena pubblica è la tutela e la promozione della dignità della persona e quindi essa richiama consapevolmente una particolare attenzione su principi che non sono negoziabili. Fra questi ultimi, oggi emergono particolarmente i seguenti:
- tutela della vita in tutte le sue fasi, dal primo momento del concepimento fino alla morte naturale;
- riconoscimento e promozione della struttura naturale della famiglia, quale unione fra un uomo e una donna basata sul matrimonio, e sua difesa dai tentativi di renderla giuridicamente equivalente a forme radicalmente diverse di unione che, in realtà, la danneggiano e contribuiscono alla sua destabilizzazione, oscurando il suo carattere particolare e il suo insostituibile ruolo sociale;
- tutela del diritto dei genitori di educare i propri figli.
Questi principi non sono verità di fede anche se ricevono ulteriore luce e conferma dalla fede. Essi sono iscritti nella natura umana stessa e quindi sono comuni a tutta l'umanità. L'azione della Chiesa nel promuoverli non ha dunque carattere confessionale, ma è rivolta a tutte le persone, prescindendo dalla loro affiliazione religiosa. Al contrario, tale azione è tanto più necessaria quanto più questi principi vengono negati o mal compresi perché ciò costituisce un'offesa contro la verità della persona umana, una ferita grave inflitta alla giustizia stessa.
Cari amici, nell'esortarvi a essere credibili e coerenti testimoni di queste verità fondamentali attraverso la vostra attività politica e più basilarmente attraverso il vostro impegno a condurre una vita autentica e coerente, invoco su di voi e sulla vostra opera la permanente assistenza di Dio, nel cui nome imparto la mia Benedizione Apostolica su di voi e su quanti vi accompagnano.
© Copyright 2006 - Libreria Editrice Vaticana
Tratto dal sito della Chiesa di Bologna
Vi ringrazio di essere venuti numerosi a questo incontro che personalmente reputo di grande importanza per la “posta in gioco”: la persona dei nostri ragazzi. La vostra grande partecipazione indica quanto essa vi stia a cuore, e mostra la fiducia che voi nutrite nei confronti della capacità e competenza educativa della Chiesa. Come più volte vi ho detto ed oggi vi ripeto: deve essere sancito un vero e proprio patto educativo fra la chiesa e la famiglia.
Questa esigenza di stringere fra noi una vera e propria alleanza educativa è particolarmente evidente quando si affronta quell’aspetto dell’azione educativa che intendo affrontare con voi oggi: l’educazione religiosa.
Scandirò la mia riflessione nei seguenti due momenti: necessità di dare un’educazione religiosa ai nostri figli; come dare un’educazione religiosa ai nostri figli. Cercherò insomma di rispondere a due domande: perché dare un’educazione religiosa? come dare un’educazione religiosa?
Perché l’educazione religiosa.
Per costruire una solida risposta alla prima domanda devo partire un po’ da lontano iniziando a riflettere con voi sul senso religioso insito in ogni persona umana.
Siamo dotati di sensi corporei che ci consentono di percepire le qualità dei corpi. Distinguiamo i colori col senso della vista, i suoni col senso dell’udito, i profumi col senso dell’odorato, e così via.
Siamo anche dotati di sensi spirituali che ci consentono di percepire realtà che non hanno colore, suono…, ma che non per questo sono meno consistenti nel loro essere. Vi faccio qualche esempio. Di fronte all’esecuzione di un Notturno di Chopin noi in ciò che ascoltiamo colle nostre orecchie “sentiamo” una bellezza incomparabile che non percepiamo in ciò che ascoltiamo colle nostre orecchie se ci fermiamo in via Rizzoli nel momento di grande traffico. Sappiamo discernere un fastidioso rumore da una piacevole musica, perché sappiamo discernere ciò che è brutto da ciò che è bello: abbiamo il senso spirituale del bello, il senso estetico. Ugualmente di fronte ad una Madre Teresa, a S. Massimiliano Kolbe che dona la propria vita per salvare un compagno di prigionia, noi siamo profondamente commossi; ma siamo anche profondamente commossi di fronte al fatto che un bambino di pochi mesi è stato sequestrato. Ma sono due commozioni profondamente diverse: nella prima siamo attratti, affascinati perché in quelle persone vediamo lo splendore del bene; nella seconda siamo indignati, allontanati perché in quei sequestratori vediamo le tenebre del male. L’uomo, ogni uomo, possiede una capacità di discernere il bene dal male: ha il senso morale.
Ma l’uomo possiede anche il senso religioso? E che cosa è il senso religioso? quale realtà l’uomo percepisce quando mette in atto il senso religioso? Stiamo arrivando al punto centrale del nostro discorso.
Durante una visita pastorale i giovani mi chiesero di incontrarmi per parlare e riflettere sulla presenza del male nella vita e nella storia umana. Ad un certo punto un giovane mi fece la seguente domanda: ma quale è il fondo della realtà? Con che nome lo devo chiamare? Quel giovane aveva posto la domanda religiosa, poiché si era interrogato sul significato ultimo della vita e del proprio esserci: in fondo di che cosa è fatta la realtà? Per che cosa vale veramente la pena che io viva?
Non è difficile trovandosi in via Rizzoli sentire il rumore del traffico: mettere in atto il senso dell’udito non impegna molto la nostra persona, e così degli altri sensi fisici.
Ben più difficile è sentire un Notturno di Chopin e gustarne l’intima bellezza: è necessaria attenzione, silenzio esterno ed interno. Mettere in atto il senso estetico impegna la nostra persona così come mettere in atto i sensi spirituali.
Quando la nostra persona impegna radicalmene se stessa con la realtà e con la vita perché ne vuole scoprire il significato ultimo [il “fondo della realtà”] , allora mette in atto il senso religioso. Che cosa dunque è il senso religioso? È la capacità che la persona umana possiede di porre le domande ultime sulla realtà e sulla vita; di discernere l’apparenza dalla realtà. In una sua poesia E. Montale scrive: «… Sotto l’azzurro fitto del cielo/ qualche uccello di mare se ne va/ né sosta mai/ perché tutte le immagini portano scritto “più in là”». Quando scriveva questi versi, Montale esercitava il suo senso religioso perché impegnava il proprio io nella richiesta e ricerca del fondo ultimo della realtà.
Possiamo dire, a questo punto, di aver raggiunto un guadagno importante: l’educazione religiosa consiste nell’educazione del senso religioso. Il che significa: educare la persona ad impegnarsi colla vita ricercandone il suo significato ultimo.
Ora siamo in grado di rispondere alla nostra prima domanda: è necessario educare il senso religioso insito in ogni persona umana? Perché dare un’educazione religiosa? Oserei dire che la risposta è facile.
È necessario educare il senso religioso poiché esso è parte costitutiva della persona umana. Rifiutarsi di farlo significa rifiutare, impedire all’uomo di vivere interamente la sua umanità, l’intera ricchezza della sua umanità.
Non solo, ma e soprattutto, se – come abbiamo visto - «il senso religioso è la capacità che la ragione ha di esprimere la propria natura profonda nell’interrogativo ultimo, è il “locus” della coscienza che l’uomo ha dell’esistenza» [L. Giussani], non educare il senso religioso dell’uomo significa impedire all’uomo di vivere una vita pienamente consapevole; significa privare l’uomo di ciò che costituisce la sua suprema grandezza.
Ma penso che ormai ci chiediamo tutti: ma che cosa vuol dire «educare il senso religioso» dei nostri figli, dei nostri bambini, dei nostri ragazzi, dei nostro giovani? È precisamente la seconda domanda che ci siamo fatti all’inizio: come dare un’educazione religiosa?
Come educare il senso religioso
Avrete notato che fino ad ora, pur parlando di senso religioso, non ho parlato di fede, di religione cristiana, della Chiesa. Ma ora è giunto il momento di farlo.
Che cosa è il cristianesimo? È la risposta data da Dio stesso alla domanda che l’uomo pone quando esercita il proprio senso religioso.
Fate bene attenzione a questa risposta. Purtroppo il poco tempo che abbiamo a disposizione non mi consente di fermarmi come si dovrebbe. Mi limito ad una duplice serie di riflessioni.
La prima. È Dio stesso che si è preso cura di parlare all’uomo, di rispondere alla domanda umana sul significato ultimo della vita. Il cristianesimo quindi non è opera, costruzione umana: è dono di Dio.
A ciò che dice Dio l’uomo può credere o non credere: la radice, il fondamento, il principio di tutta la vita cristiana è la fede intesa come assenso a quanto il Signore mi dice.
La seconda. La risposta che Dio dona è del tutto singolare. Egli la dona nella persona, nella vita, nelle parole di Gesù Cristo. Pertanto «All’inizio dell’essere cristiano non c’è una decisione etica o una grande idea, bensì l’incontro con un avvenimento, con una Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva» [Benedetto XVI, Lett. Enc. Deus caritas est 1].
L’educazione religiosa consiste principalmente nell’educare la persona umana non a regole etiche piuttosto che altre; non alla conoscenza di una teoria filosofica o scientifica della realtà. Significa condurla all’incontro con un avvenimento, con una Persona: un incontro tale che questa Persona diventa l’orizzonte ultimo entro cui si svolge tutta la vita. S. Paolo direbbe: vivere in Cristo; S. Giovanni direbbe: vivere in comunione con Cristo.
Ma ancora una volta a voi il discorso potrà sembrare astratto. È necessario concretizzarlo ulteriormente.
Direi che nei confronti della risposta cristiana alla domanda religiosa sono possibili in chi ha responsabilità educative ed istituisce un rapporto colla Chiesa, due attitudini fondamentali.
La prima è presente in chi è credente, in chi ritiene che la risposta cristiana sia vera e pone la sua vita, vive la sua esistenza nel suo orizzonte.
Egli istituisce un rapporto colla Chiesa di piena fiducia e di intima cooperazione educativa nel senso che chiede alla Chiesa di essere aiutato nella generazione dell’umanità del loro figlio, senza lasciarsi però surrogare da essa nelle inabdicabili responsabilità educative.
Come concretamente si realizza questa cooperazione educativa? Credo che non esistano ricette prefabbricare o comunque io non ne possiedo. Alcuni orientamenti fondamentali credo però di potere, di dovere darveli.
a) È all’interno della vita famigliare che deve avvenire il primo annuncio della fede cristiana, normalmente. Come? Viene fatto attraverso la preghiera fatta in famiglia; introducendo il bambino ed il ragazzo nella realtà aiutandolo a comprenderla alla luce della fede, prendendo spunto dai piccoli o grandi avvenimenti della vita; mostrando attraverso una vita famigliare armoniosa che il fondo della realtà è la bellezza insita nel volersi bene, nello stare uniti anche quando ci sarebbero mille ragioni per dividersi.
b) La famiglia poi ha il diritto di essere aiutata dalla Chiesa ad essere come il Signore l’ha pensata. La nostra Chiesa è seriamente impegnata in questo. La condivisione consapevole di questo identico impegno educativo deve continuamente crescere, attraverso più frequenti incontri specifici.
La seconda attitudine fondamentale è presente nelle persone che pur non avendo una fede viva, ritengono comunque che la fede cristiana offra una proposta di vita buona di cui non si può non beneficiare. Queste persone hanno fiducia nella Chiesa e le chiedono ancora i sacramenti per i propri figli. Esiste quindi ancora un patto educativo, anche se non raramente assai tenue. Vorrei ora rivolgermi a queste persone, offrendo loro alcune riflessioni.
a) Il bambino e il ragazzo oggi soffrono gravemente l’esperienzadi un vero e proprio sradicamento dal vincolo generazionale, da quel rapporto cioè genitori-figli nel quale viene condivisa una visione unitaria della vita. La proposta cristiana che viene fatta nella catechesi rischia di rimanere come un “appendice” alla grande narrazione della vita; rischia di non essere significativa al vivere. La rettitudine dell’intenzione con cui queste persone cui ci stiamo rivolgendo, danno fiducia alla Chiesa [“in fondo, la Chiesa educa al bene], rischia di essere vanificata se l’incontro che il ragazzo ha colla Chiesa, non ha una continuità nella famiglia.
b) Forse questi adulti, di cui sto parlando, sono loro stessi in una condizione di difficoltà e di incertezza precisamente in ordine al grande lavoro educativo. In questa condizione penso sia necessario recuperare le ragioni profonde di un rapporto, quello col proprio figlio, che è il fondamento ed il principio di ogni vera civiltà. Ritornano alla mente in questo momento le riflessioni che ho fatto nel primo punto della mia conversazione.
Non si tratta di insegnare teorie; non si tratta solo di trasmettere regole di vita. Si tratta di far trasparire nella propria vita famigliare – difficile, tribolata, forse anche conflittuale – la bellezza e la bontà di un ordine, di un senso definitivo.
Il fatto che diano ancora fiducia alla Chiesa potrebbe essere l’occasione per riscoprire, coll’aiuto della Chiesa, questo senso: la verità cioè della risposta cristiana alla domanda religiosa.
Conclusione
In sintesi, che cosa significa, in che cosa consiste l’educazione religiosa in senso cristiano? Fare incontrare Cristo come chiave interpretativa di tutta la vita.
Gli stessi segni musicali cambiano suono se si cambia la chiave all’inizio del rigo. Sono gli stessi capitoli che compongono la biografia di un cristiano e di un ateo: ambedue nascono e muoiono; ambedue gioiscono e soffrono, ambedue lavorano e amano; ambedue vivono in una città, dentro una società politica. Il senso religioso entra in azione quando il soggetto si impegna fino al punto di mettersi alla ricerca di un senso ultimo positivo di tutto questo. L’educazione religiosa consiste nel guidare l’uomo in questa ricerca. L’educazione cristiana consiste nel guidare l’uomo ad incontrare ciò in cui la positività del reale, di ciò che viviamo, consiste e si fonda: Gesù Cristo. La vita umana cristianamente vissuta è la vita che nasce da questo incontro.
Può essere che una persona che si impegna alla ricerca della risposta alle sue domande ultime, giunga a concludere che questa risposta non esiste: è l’esito ateo di questa ricerca. Meritevole di sommo rispetto è questa persona. La scelta peggiore è di chi non si mette neppure alla ricerca; di chi ignora il senso religioso del vivere umano.
Noi oggi ci siamo incontrati perché voi avete dato fiducia alla Chiesa; dall’altra parte la Chiesa non può fare senza di voi. L’incontro ha il carattere di un’alleanza la cui clausola fondamentale è la seguente: assieme vogliamo generare questi ragazzi fino alla pienezza della loro umanità, fino a che “Cristo sia formato in essi”. Ed a tutti dico: siatene certi, non può che essere un esito positivo questo, per il destino dei vostri figli.
A DIOGNETO
o LETTERA A DIOGNETO
Esordio
I. 1. Vedo, ottimo Diogneto, che tu ti accingi ad apprendere la religione dei cristiani e con molta saggezza e cura cerchi di sapere di loro. A quale Dio essi credono e come lo venerano, perché tutti disdegnano il mondo e disprezzano la morte, non considerano quelli che i greci ritengono dèi, non osservano la superstizione degli ebrei, quale amore si portano tra loro, e perché questa nuova stirpe e maniera di vivere siano comparsi al mondo ora e non prima. 2. Comprendo questo tuo desiderio e chiedo a Dio, che ci fa parlare e ascoltare, che sia concesso a me di parlarti perché tu ascoltando divenga migliore, e a te di ascoltare perché chi ti parla non abbia a pentirsi.
L'idolatria
II. 1. Purìficati da ogni pregiudizio che ha ingombrato la tua mente e spògliati dell'abitudine ingannatrice e fatti come un uomo nuovo da principio, per essere discepolo di una dottrina anche nuova come tu stesso hai ammesso. Non solo con gli occhi, ma anche con la mente considera di quale sostanza e di quale forma siano quelli che voi chiamate e ritenete dèi. 2. Non (sono essi) pietra come quella che si calpesta, bronzo non migliore degli utensili fusi per l'uso, legno già marcio, argento che ha bisogno di un uomo che lo guardi perché non venga rubato, ferro consunto dalla ruggine, argilla non più scelta di quella preparata a vile servizio? 3. Non (sono) tutti questi (idoli) di materia corruttibile? Non sono fatti con il ferro e con il fuoco? Non li foggiò lo scalpellino, il fabbro, l'argentiere o il vasaio? Prima che con le loro arti li foggiassero, ciascuno di questi (idoli) non era trasformabile, e non lo può (essere) anche ora? E quelli che ora sono gli utensili della stessa materia non potrebbero forse diventare simili ad essi se trovassero gli stessi artigiani? 4. E per l'opposto, questi da voi adorati non potrebbero diventare, ad opera degli uomini, suppellettili uguali alle altre? Non sono cose sorde, cieche, inanimate, insensibili, immobili? Non tutte corruttibili? Non tutte distruttibili? 5. Queste cose chiamate dèi, a queste servite, a queste supplicate, infine ad esse vi assimilate. 6. Perciò odiate i cristiani perché non le credono dèi. 7. Ma voi che li pensate e li immaginate tali non li disprezzate più di loro? Non li deridete e li oltraggiate più voi che venerate quelli di pietra e di creta senza custodi, mentre chiudete a chiave di notte quelli di argento e di oro, e di giorno mettete le guardie perché non vengano rubati? 8. Con gli onori che credete di rendere loro, se hanno sensibilità, siete piuttosto a punirli. Se non hanno i sensi siete voi a svergognarli con sacrificio di sangue e di grassi fumanti. 9. Provi qualcuno di voi queste cose, permetta che gli vengano fatte. Ma l'uomo di propria volontà non sopporterebbe tale supplizio perché ha sensibilità e intelligenza; ma la pietra lo tollera perché non sente. 10. Molte altre cose potrei dirti perché i cristiani non servono questi dèi. Se a qualcuno ciò non sembra sufficiente, credo inutile parlare anche di più.
Il culto giudaico
III. 1. Inoltre, credo che tu piuttosto desideri sapere perché essi non adorano Dio secondo gli ebrei. 2. Gli ebrei hanno ragione quando rigettano l'idolatria, di cui abbiamo parlato, e venerano un solo Dio e lo ritengono padrone di tutte le cose. Ma sbagliano se gli tributano un culto simile a quello dei pagani. 3. Come i greci, sacrificando a cose insensibili e sorde dimostrano stoltezza, così essi, pensando di offrire a Dio come ne avesse bisogno, compiono qualche cosa che è simile alla follia, non un atto di culto. 4. «Chi ha fatto il cielo e la terra e tutto ciò che è in essi», e provvede tutti noi delle cose che occorrono, non ha bisogno di quei beni. Egli stesso li fornisce a coloro che credono di offrirli a lui. 5. Quelli che con sangue, grasso e olocausti credono di fargli sacrifici e con questi atti venerarlo, non mi pare che differiscano da coloro che tributano riverenza ad oggetti sordi che non possono partecipare al culto. Immaginarsi poi di fare le offerte a chi non ha bisogno di nulla!
Il ritualismo giudaico
IV. 1. Non penso che tu abbia bisogno di sapere da me intorno ai loro scrupoli per certi cibi, alla superstizione per il sabato, al vanto per la circoncisione, e alla osservanza del digiuno e del novilunio: tutte cose ridicole, non meritevoli di discorso alcuno. 2. Non è ingiusto accettare alcuna delle cose create da Dio ad uso degli uomini, come bellamente create e ricusarne altre come inutili e superflue? 3. Non è empietà mentire intorno a Dio come di chi impedisce di fare il bene di sabato? 4. Non è degno di scherno vantarsi della mutilazione del corpo, come si fosse particolarmente amati da Dio? 5. Chi non crederebbe prova di follia e non di devozione inseguire le stelle e la luna per calcolare i mesi e gli anni, per distinguere le disposizioni divine e dividere i cambiamenti delle stagioni secondo i desideri, alcuni per le feste, altri per il dolore? 6. Penso che ora tu abbia abbastanza capito perché i cristiani a ragione si astengono dalla vanità, dall'impostura, dal formalismo e dalla vanteria dei giudei. Non credere di poter imparare dall'uomo il mistero della loro particolare religione.
Il mistero cristiano
V. 1. I cristiani né per regione, né per voce, né per costumi sono da distinguere dagli altri uomini. 2. Infatti, non abitano città proprie, né usano un gergo che si differenzia, né conducono un genere di vita speciale. 3. La loro dottrina non è nella scoperta del pensiero di uomini multiformi, né essi aderiscono ad una corrente filosofica umana, come fanno gli altri. 4. Vivendo in città greche e barbare, come a ciascuno è capitato, e adeguandosi ai costumi del luogo nel vestito, nel cibo e nel resto, testimoniano un metodo di vita sociale mirabile e indubbiamente paradossale. 5. Vivono nella loro patria, ma come forestieri; partecipano a tutto come cittadini e da tutto sono distaccati come stranieri. Ogni patria straniera è patria loro, e ogni patria è straniera. 6. Si sposano come tutti e generano figli, ma non gettano i neonati. 7. Mettono in comune la mensa, ma non il letto. 8. Sono nella carne, ma non vivono secondo la carne. 9. Dimorano nella terra, ma hanno la loro cittadinanza nel cielo. 10. Obbediscono alle leggi stabilite, e con la loro vita superano le leggi. 11. Amano tutti, e da tutti vengono perseguitati. 12. Non sono conosciuti, e vengono condannati. Sono uccisi, e riprendono a vivere. 13. Sono poveri, e fanno ricchi molti; mancano di tutto, e di tutto abbondano. 14. Sono disprezzati, e nei disprezzi hanno gloria. Sono oltraggiati e proclamati giusti. 15. Sono ingiuriati e benedicono; sono maltrattati ed onorano. 16. Facendo del bene vengono puniti come malfattori; condannati gioiscono come se ricevessero la vita. 17. Dai giudei sono combattuti come stranieri, e dai greci perseguitati, e coloro che li odiano non saprebbero dire il motivo dell'odio.
L'anima del mondo
VI. 1. A dirla in breve, come è l'anima nel corpo, così nel mondo sono i cristiani. 2. L'anima è diffusa in tutte le parti del corpo e i cristiani nelle città della terra. 3. L'anima abita nel corpo, ma non è del corpo; i cristiani abitano nel mondo, ma non sono del mondo. L'anima invisibile è racchiusa in un corpo visibile; i cristiani si vedono nel mondo, ma la loro religione è invisibile. 5. La carne odia l'anima e la combatte pur non avendo ricevuto ingiuria, perché impedisce di prendersi dei piaceri; il mondo che pur non ha avuto ingiustizia dai cristiani li odia perché si oppongono ai piaceri. 6. L'anima ama la carne che la odia e le membra; anche i cristiani amano coloro che li odiano. 7. L'anima è racchiusa nel corpo, ma essa sostiene il corpo; anche i cristiani sono nel mondo come in una prigione, ma essi sostengono il mondo. 8. L'anima immortale abita in una dimora mortale; anche i cristiani vivono come stranieri tra le cose che si corrompono, aspettando l'incorruttibilità nei cieli. 9. Maltrattata nei cibi e nelle bevande l'anima si raffina; anche i cristiani maltrattati, ogni giorno più si moltiplicano. 10. Dio li ha messi in un posto tale che ad essi non è lecito abbandonare.
Dio e il Verbo
VII. 1. Infatti, come ebbi a dire, non è una scoperta terrena da loro tramandata, né stimano di custodire con tanta cura un pensiero terreno né credono all'economia dei misteri umani. 2. Ma quello che è veramente signore e creatore di tutto e Dio invisibile, egli stesso fece scendere dal cielo, tra gli uomini, la verità, la parola santa e incomprensibile e l'ha riposta nei loro cuori. Non già mandando, come qualcuno potrebbe pensare, qualche suo servo o angelo o principe o uno di coloro che sono preposti alle cose terrene o abitano nei cieli, ma mandando lo stesso artefice e fattore di tutte le cose, per cui creò i cieli e chiuse il mare nelle sue sponde e per cui tutti gli elementi fedelmente custodiscono i misteri. Da lui il sole ebbe da osservare la misura del suo corso quotidiano, a lui obbediscono la luna che splende nella notte e le stelle che seguono il giro della luna; da lui tutto fu ordinato, delimitato e disposto, i cieli e le cose nei cieli, la terra e le cose nella terra, il mare e le cose nel mare, il fuoco, l'aria, l'abisso, quello che sta in alto, quello che sta nel profondo, quello che sta nel mezzo; lui Dio mandò ad essi. 3. Forse, come qualcuno potrebbe pensare, lo inviò per la tirannide, il timore e la prostrazione? 4. No certo. Ma nella mitezza e nella bontà come un re manda suo figlio, lo inviò come Dio e come uomo per gli uomini; lo mandò come chi salva, per persuadere, non per far violenza. A Dio non si addice la violenza. 5. Lo mandò per chiamare non per perseguitare; lo mandò per amore non per giudicare. 6. Lo manderà a giudicare, e chi potrà sostenere la sua presenza? 7. Non vedi (i cristiani) che gettati alle fiere perché rinneghino il Signore, non si lasciano vincere? 8. Non vedi, quanto più sono puniti, tanto più crescono gli altri? 9. Questo non pare opera dell'uomo, ma è potenza di Dio, prova della sua presenza.
L'incarnazione
VIII. 1. Chi fra tutti gli uomini sapeva perfettamente che cosa è Dio, prima che egli venisse? 2. Vorrai accettare i discorsi vuoti e sciocchi dei filosofi degni di fede? Alcuni affermavano che Dio è il fuoco, ove andranno essi chiamandolo Dio, altri dicevano che è l'acqua, altri che è uno degli elementi da Dio creati. 3. Certo, se qualche loro affermazione è da accettare si potrebbe anche asserire che ciascuna di tutte le creature ugualmente manifesta Dio. 4. Ma tutte queste cose sono ciarle e favole da ciarlatani. 5. Nessun uomo lo vide e lo conobbe, ma egli stesso si rivelò a noi. 6. Si rivelò mediante la fede, con la quale solo è concesso vedere Dio. 7. Dio, signore e creatore dell'universo, che ha fatto tutte le cose e le ha stabilite in ordine, non solo si mostrò amico degli uomini, ma anche magnanimo. 8. Tale fu sempre, è e sarà: eccellente, buono, mite e veritiero, il solo buono. 9. Avendo pensato un piano grande e ineffabile lo comunicò solo al Figlio. 10. Finché lo teneva nel mistero e custodiva il suo saggio volere, pareva che non si curasse e non pensasse a noi. 11. Dopo che per mezzo del suo Figlio diletto rivelò e manifestò ciò che aveva stabilito sin dall'inizio, ci concesse insieme ogni cosa, cioè di partecipare ai suoi benefici, di vederli e di comprenderli. Chi di noi se lo sarebbe aspettato?
L'economia divina
IX. 1. (Dio) dunque avendo da sé tutto disposto con il Figlio, permise che noi fino all'ultimo, trascinati dai piaceri e dalle brame come volevamo, fossimo travolti dai piaceri e dalle passioni. Non si compiaceva affatto dei nostri peccati, ma ci sopportava e non approvava quel tempo di ingiustizia. Invece, preparava il tempo della giustizia perché noi fossimo convinti che in quel periodo, per le nostre opere, eravamo indegni della vita, e ora solo per bontà di Dio ne siamo degni, e dimostrassimo, per quanto fosse in noi, che era impossibile entrare nel regno di Dio e che solo per sua potenza ne diventiamo capaci. 2. Dopo che la nostra ingiustizia giunse al colmo e fu dimostrato chiaramente che come suo guadagno spettava il castigo e la morte, venne il tempo che Dio aveva stabilito per manifestare la sua bontà e la sua potenza. O immensa bontà e amore di Dio. Non ci odiò, non ci respinse e non si vendicò, ma fu magnanimo e ci sopportò e con misericordia si addossò i nostri peccati e mandò suo Figlio per il nostro riscatto; il santo per gli empi, l'innocente per i malvagi, il giusto per gli ingiusti, l'incorruttibile per i corrotti, l'immortale per i mortali. 3. Quale altra cosa poteva coprire i nostri peccati se non la sua giustizia? 4. In chi avremmo potuto essere giustificati noi, ingiusti ed empi, se non nel solo Figlio di Dio? 5. Dolce sostituzione, opera inscrutabile, benefici insospettati! L'ingiustizia di molti viene riparata da un solo giusto e la giustizia di uno solo rende giusti molti. 6. Egli, che prima ci convinse dell'impotenza della nostra natura per avere la vita, ora ci mostra il salvatore capace di salvare anche l'impossibile. Con queste due cose ha voluto che ci fidiamo della sua bontà e lo consideriamo nostro sostentatore, padre, maestro, consigliere, medico, mente, luce, onore, gloria, forza, vita, senza preoccuparsi del vestito e del cibo.
La carità
1. Se anche tu desideri questa fede, per prima otterrai la conoscenza del Padre. 2. Dio, infatti, ha amato gli uomini. Per loro creò il mondo, a loro sottomise tutte le cose che sono sulla terra, a loro diede la parola e la ragione, solo a loro concesse di guardarlo, lo plasmò secondo la sua immagine, per loro mandò suo figlio unigenito, loro annunziò il Regno nel cielo e lo darà a quelli che l'hanno amato. 3. Una volta conosciutolo, hai idea di qual gioia sarai colmato? Come non amerai colui che tanto ti ha amato? 4. Ad amarlo diventerai imitatore della sua bontà, e non ti meravigliare se un uomo può diventare imitatore di Dio: lo può volendolo lui (l'uomo). 5. Non si è felici nell'opprimere il prossimo, nel voler ottenere più dei deboli, arricchirsi e tiranneggiare gli inferiori. In questo nessuno può imitare Dio, sono cose lontane dalla Sua grandezza! 6. Ma chi prende su di sé il peso del prossimo e in ciò che è superiore cerca di beneficare l'inferiore; chi, dando ai bisognosi ciò che ha ricevuto da Dio, è come un Dio per i beneficati, egli è imitatore di Dio. 7. Allora stando sulla terra contemplerai perché Dio regna nei cieli, allora incomincerai a parlare dei misteri di Dio, allora amerai e ammirerai quelli che sono puniti per non voler rinnegare Dio. Condannerai l'inganno e l'errore del mondo quando conoscerai veramente la vita nel cielo, quando disprezzerai quella che qui pare morte e temerai la morte vera, riservata ai dannati al fuoco eterno che tormenta sino alla fine coloro che gli saranno consegnati. 8. Se conoscerai quel fuoco ammirerai e chiamerai beati quelli che sopportarono per la giustizia il fuoco temporaneo.
Il loro maestro
XI. 1. Non dico stranezze né cerco il falso, ma, divenuto discepolo degli apostoli, divento maestro delle genti e trasmetto in maniera degna le cose tramandate a quelli che si son fatti discepoli della verità. 2. Chi infatti, rettamente istruito e fattosi amico del Verbo, non cerca di imparare saggiamente le cose che dal Verbo furono chiaramente mostrate ai discepoli? Non apparve ad essi il Verbo, manifestandosi e parlando liberamente, quando dagli increduli non fu compreso, ma guidando i discepoli che, da lui ritenuti fedeli, conobbero i misteri del Padre? 3. Egli mandò il Verbo come sua grazia, perché si manifestasse al mondo. Disprezzato dal popolo, annunziato dagli apostoli, fu creduto dai pagani. 4. Egli fin dal principio apparve nuovo ed era antico, e ognora diviene nuovo nei cuori dei fedeli. 5. Egli eterno, in eterno viene considerato figlio. Per mezzo suo la Chiesa si arricchisce e la grazia diffondendosi nei fedeli si moltiplica. Essa ispira saggezza, svela i misteri, preannuncia i tempi, si rallegra per i fedeli, si dona a quelli che la cercano, senza infrangere i giuramenti della fede né oltrepassare i limiti dei padri. 6. Si celebra poi il timore della legge, si riconosce la grazia dei profeti, si conserva la fede dei Vangeli, si conserva la tradizione degli apostoli e la grazia della Chiesa esulta. 7. Non contristando tale grazia, saprai ciò che il Verbo dice per mezzo di quelli che vuole, quando vuole. 8. Per amore delle cose rivelateci vi facciamo partecipi di tutto quanto; per la volontà del Verbo che lo ordina, fummo spinti a parlare con zelo.
La vera scienza
XII. 1. Attendendo e ascoltando con cura, conoscerete quali cose Dio prepara a quelli che lo amano rettamente. Diventano un paradiso di delizie e producono in se stessi, ornati di frutti vari, un albero fruttuoso e rigoglioso. 2. In questo luogo, infatti, fu piantato l'albero della scienza e l'albero della vita; non l'albero della scienza, ma la disubbidienza uccide. 3. Non è oscuro ciò che fu scritto: che Dio da principio piantò in mezzo al paradiso l'albero della scienza e l'albero della vita, indicando la vita con la scienza. Quelli che da principio non la usarono con chiarezza, per l'inganno del serpente furono denudati. 4. Non si ha vita senza scienza, né scienza sicura senza vita vera, perciò i due alberi furono piantati vicino. 5. L'apostolo, comprendendo questa forza e biasimando la scienza che si esercita sulla vita senza la norma della verità, dice: «La scienza gonfia, la carità, invece, edifica». 6. Chi crede di sapere qualche cosa, senza la vera scienza testimoniata dalla vita, non sa: viene ingannato dal serpente, non avendo amato la vita. Lui, invece, con timore conosce e cerca la vita, pianta nella speranza aspettando il frutto. 7. La scienza sia il tuo cuore e la vita la parola vera recepita. 8. Portandone l'albero e cogliendone il frutto abbonderai sempre delle cose che si desiderano davanti a Dio, che il serpente non tocca e l'inganno non avvince; Eva non è corrotta ma è riconosciuta vergine. Si addita la salvezza, gli apostoli sono compresi, la Pasqua del Signore si avvicina, si compiono i tempi e si dispongono in ordine, e il Verbo che ammaestra i santi si rallegra. Per lui il Padre è glorificato; a lui la gloria nei secoli. Amen.