DISCERNERE

Uno sguardo profetico sugli eventi

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Lasciate che i bambini vengano a me. L’amore di Cristo, l’amore della Chiesa.


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Chiariamolo subito. Amiamo i bambini. E siamo molto più che pedofili (dal tema greco πας, παιδός - bambino, e φιλία - amicizia, affetto). Il nostro è amore, agape (αγάπη), non amicizia. Ma che succede? C'è qualcosa di sinistro che trafigge l'aria di questi tempi, e sa terribilmente di menzogna. Tremiamo a parlare con un bambino, vorremmo sorridergli ma un brivido ci spegne il volto. Un solco sembra essersi aperto e sar: presto una voragine. E dentro, come un fiume di liquame che si insinua ovunque, sporcando e avvelenando. Prima i preti e le suore; poi i vescovi; a seguire il Papa; manca solo Gesù. Ma manca poco davvero, statene certi. Vengono i brividi ma è bell'e pronta la domandina ad effetto: Gesù era pedofilo? Noi anticipiamo, tanto per non rimanere spiazzati. A Gesù piacevano i bambini. Al punto di rimproverare chi voleva impedire che gli si avvicinassero. Per Lui i bambini sono l'immagine del cittadino celeste, esempio indicato a chiunque si volesse avviare sul sentiero della conversione. Un paradosso, il bambino è l'immagine perfetta del cristiano adulto. Inquieti, capricciosi, assillanti, egoisti, egocentrici, i bambini son questo e molto altro. A volte sanno essere cattivi, e ferire. Ma vivono abbandonati all'amore di padre e madre, da loro dipendono in tutto. Per questo dipingono l'icona del cristiano, povero, debole, peccatore, ma aggrappato istante dopo istante ad un amore più grande, come un malato alla maschera dell'ossigeno. Questo e nulla più, un cristiano vive dipendendo dall'amore e dalla misericordia di Dio, senza di essi muore. Ed è il capovolgimento dell'inganno mortale perpetrato nell'Eden, l'orgoglio di Adamo ed Eva presi nella rete di una presunta autosufficienza, diventar dio senza Dio. Per questo i bambini respirano l'aria del Cielo, perchè l'innocenza è in loro abbandono sicuro tra le braccia del padre.

Fin qui il fondamento. E, su questo, si dispiegano duemila anni di storia, Gesù Cristo vivo nel suo Corpo vivente che è la Chiesa, nei suoi Pastori e nel suo Popolo. Una storia d'amore, lo stesso amore. Attenzione, educazione, dedizione, difesa, aiuto, e una schiera immensa di bambini benedetti nel seno della Chiesa. Il primo atto d'amore, l'acqua del battesimo, la vita nuova, che non muore, a cancellare il peccato antico e ad aprire le porte del Cielo. E ancor prima di nascere l'amore infinito a quel progetto di vita che è già vita e che naviga nel seno della madre, mentre là fuori, i Romani decadenti e la loro progenie spalmata nei secoli, han sempre attentato alle viscere materne, per strapparne il frutto indesiderato. E poi l'educazione, ed il pane offerto gratuitamente raccattando teneramente brandelli d'infanzia ai margini delle strade e della storia; una teoria innumerevole di preti, suore, laici ad occuparsi di loro, i bambini, gli ultimi di ogni società. Duemila anni di storia e di santi e sante ad aprire una breccia nell'indifferenza e nel disprezzo culturale e cultuale, ed il miracolo d'un mondo che s'accorge finalmente dell'infanzia, dei suoi diritti, dei suoi respiri. Una storia d'amore che sacrifica esistenze intere nei bassifondi della terra, perchè i bambini non siano più sacrificati, agli dei pagani e alle ideologie assassine. I volti lucenti di piccole suore ad illuminare slums e favelas, le maniche riavvolte di preti gettati nei lebbrosari. E apostoli dolci e severi ad insegnare le parole, i conti e i mestieri della vita a bambini sino allora nascosti alla vita. E il Vangelo, lo splendore della Verità annunciato e compiuto nei sacramenti, il cuore della missione della Chiesa, l'amore più grande, la fede trasmessa ad ogni generazione. Catechismi, dottrina si diceva una volta, mattine, sere, sabati e domeniche, e prime comunioni come matrimoni, ricordi e memoriali indelebili della fede ancorata nei cuori che si fa roccia sempre più dura.

E i genitori, iniziati alla fede perchè inizino i loro piccoli alla stessa fede. Anche questa è stata, per duemila anni, pura agape riversata sui bambini d'ogni razza e colore. La verità sul matrimonio, sulla famiglia, sulla sessualità, una luce attraverso i secoli, un bastione sui marosi montanti e rimontanti dell'empietà avventata sull'amore immagine dell'amore trinitario. Famiglie sante ad accogliere bambini santi, separati, consacrati per una missione impossibile, far risplendere il Cielo sulla terra. Uomini e donne, padri e madri allevati nella misericordia della Chiesa ad essere piccola e domestica Chiesa, fucina di fede, speranza e carità a forgiare cristiani i bambini affidati. Amore, limpido, puro, quello di Gesù trasfigurato nella sua Chiesa, e nei padri e nelle madri in essa formati.

E' per questo che ci piacciono i bambini, che li amiamo da morire, ed è un santo vanto, il pulsare lo stesso cuore di Cristo nei nostri cuori, e guardare con i suoi stessi occhi, e pensare con la sua stessa mente. Il nostro amore, il Suo amore, l'amore bimillenario della Chiesa. Ma tutto sembra in pericolo, tra lo sciame sismico di accuse e calunnie, e alcuni, troppi, accertati casi di cadute che ci trafiggono il cuore. Ma non può essere che per alcuni, troppi, peccati, il fango spruzzato ricopra la purezza d'un amore invincibile. E' tempo, serio, di conversione. Pregare, le ginocchia illividite dinnazi al tabernacolo, e dolore offerto, e una via crucis a espiare, i tanti per i pochi, perchè il dolore della mano affligge il corpo intero. Anche questo è uno spicchio dell'amore di Cristo ai bambini. Riparare, espiare, implorare, soffrire per il male inferto, a loro che son stati derubati dell'infanzia, come a tutti gli altri che han solo e solo e solo goduto del volto dolcissimo di Cristo impresso nella Chiesa.

Ma non possiamo e non vogliamo sottrarci allo zelo che ci brucia dentro, allo sguardo di Cristo che ci ha preso gli occhi e ci porta a guardare ad ogni bambino come ad un figlio del Regno, cui dare, senza posa, l'amore che Lui ci dona. Viviamo in missione, Giappone per la precisione, e non siamo soli. Con noi, e molto più di noi poveri preti, donano la vita annunciando il Vangelo tante famiglie, tanti bambini missionari sul fronte del Vangelo. Viviamo con loro, li accompagniamo ogni giorno, con la preghiera e la trepidazione, sui sentieri spesso aspri della missione. Sono loro ad aprire il cammino dell'evangelizzazione, ogni giorno sui banchi di scuola, stranieri non-stop, occhi azzurri e capelli biondi in un formicaio di occhi scuri e capelli neri. Stranieri piovuti dal Cielo, bambini che scrivono ogni giorno il Vangelo di duemila anni fa, il giogo leggero di chi è nel mondo pur non appartenendogli. Bambini in missione, un segno del Regno vergato sin dentro le profondità di questa società. Bambini con mamma e papà, stranieri tra bambini con famiglie a metà. Bambini cristiani, Dio prima d'ogni cosa, stranieri sui banchi di bambini che mai hanno sentito neanche parlare di Dio. Bambini che respirano e mangiano per la sola Provvidenza, stranieri tra bambini dalla vita programmata sin dalla nascita, sino alla morte. Viviamo con loro, e siamo preti per loro. Felici e grati di tanto onore. Dar loro il cibo spirituale della Parola e dei Sacramenti, accompagnare i loro genitori ad accompagnarli nel cammino della fede. E' amore, sì, è amore a ciascuno di questi bambini, e un brivido che ti toglie il respiro, vederci Dio dentro le loro vite appena abbozzate, un santuario di speranza per il mondo intero. Ed è come stare dinnanzi al tabernacolo, presenza viva del Signore, santa, immacolata, che si prepara a donarsi in un amore che non ha confini.

Li guardi questi bambini, e ti stupisci ancora. Li guardi e ti accorgi che son proprio loro a dirti, a dirci, che Dio non s'è dimenticato di nessuno, proprio di nessuno. Neanche ora, come ieri, come mai. Li amiamo i bambini, e li vogliamo ancora amare, nell'amore incorruttibile di Cristo, che tutti, loro perchè bambini, noi perchè incamminati a ridiventarlo, ci attira a sé per benedirci. Lui li ha chiamati duemila anni fa ed ogni giorno da quel giorno, nonostante ostacoli e mormorazioni. Ci siamo andati quando eravamo bambini, e il suo bene-dire di noi è diventato il nostro bene-dire di Lui. Così è stato, così sarà, perchè nulla può sporcare e fermare un amore che ha vinto la morte.

Antonello Iapicca Pbro

Gesù o Barabba? Anche in queste elezioni occorre esserci, guardarsi dentro, e scegliere.

Non a caso si voterà la Domenica delle Palme, potremmo così chiederci se, nel cuore, desideriamo liberare, Gesù o Barabba. L'amore o la Giustizia, il Cielo o il mondo.


Famiglia, vita, educazione. Poco, pochissimo. La persona umana è la grande assente di questa campagna elettorale. Qualcuno cerca di nascondere e riciclare un passato mai rinnegato, anzi, di aborti e altre mostruosità. Altri con la mano destra firmano patti con i cattolici, con la mano sinistra alleanze con gli anticlericali. E poi qualche dichiarazione sul fotofinish, qualche pennellata su famiglia e affini. Ma il cuore di questa politica batte in piazza, urla, strepita, è sconsolatamente autoreferenziale. Eppure i limiti
della politica, di questa politica, emersi ancora una volta ci offrono la possibilità di distinguere alcuni criteri fondamentali. Per votare, e non solo. Per discernere nella vita. Questa campagna elettorale, in questa quaresima, può essere per tutti noi provvidenziale. Ci può aiutare a fare un esame di coscienza, guardando dentro di noi attraverso la cartina da tornasole che è questa competizione politica. Innanzi tutto comprendiamo che non possiamo chiedere alla politica quello che non essa non può darci. "Non si raccolgono fichi dai rovi o uva dalle spine...". In una conferenza stupenda che vi invito a leggere Mons. Caffarra, parlando di educazione religiosa diceva che "quando la nostra persona impegna radicalmene se stessa con la realtà e con la vita perché ne vuole scoprire il significato ultimo [il “fondo della realtà”] , allora mette in atto il senso religioso. Che cosa dunque è il senso religioso? È la capacità che la persona umana possiede di porre le domande ultime sulla realtà e sulla vita; di discernere l’apparenza dalla realtà... l’educazione religiosa consiste nell’educazione del senso religioso. Il che significa: educare la persona ad impegnarsi colla vita ricercandone il suo significato ultimo. Rifiutarsi di farlo significa rifiutare, impedire all’uomo di vivere interamente la sua umanità, l’intera ricchezza della sua umanità". In questa campagna elettorale abbiamo assistito proprio a questo rifiuto, allo slalom intorno a quello che realmente riguarda l'uomo. Non possiamo chiedere alla politica di educare al senso religioso, ma prevederne lo spazio, porre al centro del dibattito e delle linee programmatiche la persona umana, beh questo sarebbe lecito... Diceva Benedetto XVI lo scorso anno al convegno della Chiesa di Roma sulla famiglia, (un discorso da leggere assolutamente in questi giorni), che "la volontà di "liberare" la natura da Dio conduce a perdere di vista la realtà stessa della natura, compresa la natura dell’uomo, riducendola a un insieme di funzioni, di cui disporre a piacimento per costruire un presunto mondo migliore e una presunta umanità più felice".

Possiamo così trarre profitto da queste imminenti elezioni italiane, come da ogni altro fatto politico, anche da ciò che sta accadendo in Spagna ad esempio. Possiamo guardarci dentro e trarre profitto spirituale.
Chiedendoci ad esempio, prima di votare, che cosa desidera davvero il nostro cuore. Quanto peso hanno dentro di noi le idee, gli ideali, le ideologie, gli slogan e le parole politiche ascoltate in questi giorni. Che eredità culturale portiamo in noi, che influenza esercita il passato con le vicende familiari. Che valore ha il DNA politico dell'ambiente nel quale siamo cresciuti. Che sguardo abbiamo di fronte alle ingiustizie, ai soprusi, alla povertà, agli scandali. Con che occhi guardiamo la croce piantata nella storia? Siamo davvero liberi di scegliere oggi? Sono domande molto importanti. Scrive il Papa che "All’inizio dell’essere cristiano non c’è una decisione etica o una grande idea, bensì l’incontro con un avvenimento, con una Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva" [Benedetto XVI, Lett. Enc. Deus caritas est 1]. Allora, proprio in questi giorni, possiamo chiederci se l'incontro con Cristo ha dato vita in ciascuno di noi ad un nuovo orizzonte e una decisiva direzione alla vita.

In concreto, di fronte alle elezioni, ho il cuore sgombro e libero da incrostazioni, ho chiaro davanti a me il Destino ultimo per il quale sono al mondo e per il quale tutti siamo nati? E' il senso religioso a guidarmi nel discernimento? "Incontrare Cristo come chiave interpretativa di tutta la vita. Gli stessi segni musicali cambiano suono se si cambia la chiave all’inizio del rigo. Sono gli stessi capitoli che compongono la biografia di un cristiano e di un ateo: ambedue nascono e muoiono; ambedue gioiscono e soffrono, ambedue lavorano e amano; ambedue vivono in una città, dentro una società politica.
Il senso religioso entra in azione quando il soggetto si impegna fino al punto di mettersi alla ricerca di un senso ultimo positivo di tutto questo. L’educazione religiosa consiste nel guidare l’uomo in questa ricerca. L’educazione cristiana consiste nel guidare l’uomo ad incontrare ciò in cui la positività del reale, di ciò che viviamo, consiste e si fonda: Gesù Cristo. La vita umana cristianamente vissuta è la vita che nasce da questo incontro". ( Mons. Caffarra...)

C'è dunque un modo cristiano di vivere e di votare, con fede. La libertà di chi pone al di sopra di tutto la volontà di Dio, il suo compimento nella propria vita e in quella di ciascun uomo. In termini pratici, la volontà di Dio si manifesta anche attraverso le parole dei Pastori, le indicazioni della Chiesa sui temi che riguardano la nostra vita. Esse ci aiutano, ci illuminano per discernere. Seguirle, sostenuti dalla Grazia, è avere fede, è mettere Dio al primo posto nella propria vita, desiderare la Sua volontà. Queste elezioni sono allora un paradigma della nostra vita. Possiamo chiederci, andando a votare, se abbiamo fede. Non è un gioco, è qualcosa di molto serio. Non a caso si voterà la Domenica delle Palme, potremmo così chiederci se, nel cuore, desideriamo liberare, Gesù o Barabba. L'amore o la Giustizia, il Cielo o il mondo.
E non per dire che uno schieramento o l'altro siano il bene o il male. No, E' dentro di noi che dobbiamo guardare. E cercare i criteri che diventano decisivi nel discernere sugli eventi. La politica, questa politica, ci parla di soldi, di lavoro, di qualità della vita, di sicurezza, di giustizia, di case. Il mondo. E tutto è confinato in questo immanentissimo appezzamento di terra dove si posano i nostri piedi. Potremmo chiederci allora se, essendo nel mondo, siamo suoi oppure no. Se i criteri per decidere e votare sono gli stessi che ci pongono innanzi i politici, allora la risposta è facile. Se le nostre passioni sono racchiuse nel grumo di slogan e di vere e presunte malefatte dei politici, allora il nostro cuore è ancora preda di questo mondo. Avere un po' di luce su questo sarebbe comunque già un buonissimo risultato. Sarebbe vincere le nostre personalissime elezioni. Magari perdendole e scoprendoci bisognosi di urgente conversione, di alzare lo sguardo al Cielo, e che Dio passi nella nostra vita e ci liberi da quello che ci lega al mondo. Dai retaggi del passato, dalle esperienze giovanili, da quanto di viscerale e passionale emerge dai nostri cuori quando si tocca la politica.

Spesso si è capaci di aprirsi alla vita e all'opera di Dio nella prorpia famiglia sino ad aver dieci figli o più, oppure a lasciare tutto e partire per evangelizzare, ma ci si ritrova schiavi delle passioni più carnali e mondane che si nascondono nell'agone politico. L'indagine del Foglio di qualche settimana fa è illuminante. Vecchi fantasmi, esperienze studentesche, brandelli di un "ego" che reclama autonomia almeno in qualcosa, e "la politica che vuoi che sia"... Che Dio ci liberi, ci faccia Suoi figli in ogni aspetto della vita, ci apra gli occhi su quello che per Lui è davvero importante anche nelle cose del mondo, ci doni la docilità dell'obbedienza alle indicazioni dei Suoi ministri, ci conceda la Grazia di rinnegare noi stessi, i principi che hanno animato le nostre calde adoloscenze, gli ideali di giustizia e di eguaglianza che hanno colorato le nostre irruenze giovanili.

Che Dio ci faccia semplici come colombe, e astuti come serpenti, anche dinnanzi al voto. E ci faccia cittadini celesti. Nella Chiesa primitiva, al termine del catecumenato di preparazione per ricevere il battesimo vi era l'utima tappa, che si chiamava
"elezione". Gli eletti potevano passare all'acqua e diventare cristiani. Erano passati da questo mondo al Cielo, erano ormai cittadini della Patria celeste. La Lettera a Diogneto ne esprime bene le qualità, l'opera della Grazia nella debolezza della natura.

Nei dibattiti di questi giorni del Cielo non v'è traccia. Non lo possiamo chiedere, ma lo possiamo, lo dobbiamo cercare. Anche nel non detto dei politici, nel loro passato e nel loro presente, discernendo che cosa ne sia più vicino attraverso le indicazioni dei Pastori. Rimettendo la nostra vita nelle mani del Signore, anche attraverso queste elezioni, chiedendo a Dio la libertà dei Suoi figli, creature nuove che portano in sé le primizie della vita eterna, che al di sopra di tutto pongono quello che per Gesù, il loro Maestro, è davvero importante, irrinunciabile: "Tutela della vita in tutte le sue fasi, dal primo momento del concepimento fino alla morte naturale; riconoscimento e promozione della struttura naturale della famiglia, quale unione fra un uomo e una donna basata sul matrimonio, e sua difesa dai tentativi di renderla giuridicamente equivalente a forme radicalmente diverse di unione che, in realtà, la danneggiano e contribuiscono alla sua destabilizzazione, oscurando il suo carattere particolare e il suo insostituibile ruolo sociale; tutela del diritto dei genitori di educare i propri figli. Questi principi non sono verità di fede anche se ricevono ulteriore luce e conferma dalla fede. Essi sono iscritti nella natura umana stessa e quindi sono comuni a tutta l'umanità" (Benedetto XVI ai partecipanti al Convegno promosso dal PPE). Vita, famiglia ed educazione, valori non negoziabili. Che siano essi ben radicati nei nostri cuori, per diventare criteri fondanti per votare e per vivere ogni giorno. Da figli celesti del Padre celeste.






DOCUMENTAZIONE


DISCORSO DI SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI
AI PARTECIPANTI AL CONVEGNO
PROMOSSO DAL PARTITO POPOLARE EUROPEO

Aula della Benedizione
Giovedì, 30 marzo 2006

Onorevoli Parlamentari,
Signore e Signori,

sono lieto di ricevervi in occasione delle Giornate di Studio sull'Europa organizzate dal vostro gruppo parlamentare. I Pontefici Romani hanno sempre prestato una particolare attenzione a questo continente. L'udienza di oggi è dunque opportuna e si inserisce in una lunga serie di incontri fra i miei predecessori e i movimenti politici di ispirazione cristiana. Ringrazio l'Onorevole Pöttering per le parole che mi ha rivolto a vostro nome ed estendo a lui e a tutti voi i miei saluti cordiali.

Attualmente, l'Europa deve affrontare questioni complesse di grande importanza come la crescita e lo sviluppo dell'integrazione europea, la definizione sempre più precisa della politica di prossimità in seno all'Unione e il dibattito sul suo modello sociale. Per raggiungere questi obiettivi, sarà importante trarre ispirazione, con fedeltà creativa, dall'eredità cristiana che ha contribuito in modo particolare a forgiare l'identità di questo continente. Apprezzando le sue radici cristiane, l'Europa sarà in grado di offrire un orientamento sicuro alle scelte dei suoi cittadini e delle sue popolazioni, rafforzerà la loro consapevolezza di appartenere a una civiltà comune, e alimenterà l'impegno di tutti ad affrontare le sfide del presente per il bene di un futuro migliore. Quindi apprezzo il riconoscimento da parte del vostro gruppo dell'eredità cristiana dell'Europa che offre preziosi orientamenti etici alla ricerca di un modello sociale che soddisfi adeguatamente le esigenze di un'economia già globalizzata e risponda ai mutamenti demografici, assicurando crescita e sviluppo, tutela della famiglia, pari opportunità nell'istruzione dei giovani e sollecitudine per i poveri.

Inoltre, il vostro sostegno all'eredità cristiana può contribuire in maniera significativa a sconfiggere quella cultura tanto ampiamente diffusa in Europa che relega alla sfera privata e soggettiva la manifestazione delle proprie convinzioni religiose. Le politiche elaborate partendo da questa base non solo implicano il ripudio del ruolo pubblico del cristianesimo, ma, più in generale, escludono l'impegno con la tradizione religiosa dell'Europa che è tanto chiara nonostante le sue variazioni confessionali, minacciando in tal modo la democrazia stessa, la cui forza dipende dai valori che promuove (cfr Evangelium vitae, n. 70). Dal momento che questa tradizione, proprio in ciò che possiamo definire la sua unione polifonica, trasmette valori che sono fondamentali per il bene della società, l'Unione Europea può solo ricevere un arricchimento dall'impegno con essa. Sarebbe un segno di immaturità, se non addirittura di debolezza, scegliere di opporvisi o di ignorarla, piuttosto che di dialogare con essa. In questo contesto bisogna riconoscere che una certa intransigenza secolare dimostra di essere nemica della tolleranza e di una sana visione secolare dello Stato e della società. Sono lieto, dunque, del fatto che il trattato costituzionale dell'Unione Europea preveda un rapporto strutturato e permanente con le comunità religiose, riconoscendo la loro identità e il loro contributo specifico. Soprattutto, confido nel fatto che la realizzazione efficace e corretta di questo rapporto cominci ora, con la cooperazione di tutti i movimenti politici indipendentemente dai loro orientamenti. Non bisogna dimenticare che, quando le Chiese o le comunità ecclesiali intervengono nel dibattito pubblico, esprimendo riserve o richiamando certi principi, ciò non costituisce una forma di intolleranza o un'interferenza poiché tali interventi sono volti solamente a illuminare le coscienze, permettendo loro di agire liberamente e responsabilmente secondo le esigenze autentiche di giustizia, anche quando ciò potrebbe confliggere con situazioni di potere e interessi personali.

Per quanto riguarda la Chiesa cattolica, l'interesse principale dei suoi interventi nell'arena pubblica è la tutela e la promozione della dignità della persona e quindi essa richiama consapevolmente una particolare attenzione su principi che non sono negoziabili. Fra questi ultimi, oggi emergono particolarmente i seguenti:

- tutela della vita in tutte le sue fasi, dal primo momento del concepimento fino alla morte naturale;

- riconoscimento e promozione della struttura naturale della famiglia, quale unione fra un uomo e una donna basata sul matrimonio, e sua difesa dai tentativi di renderla giuridicamente equivalente a forme radicalmente diverse di unione che, in realtà, la danneggiano e contribuiscono alla sua destabilizzazione, oscurando il suo carattere particolare e il suo insostituibile ruolo sociale;

- tutela del diritto dei genitori di educare i propri figli.

Questi principi non sono verità di fede anche se ricevono ulteriore luce e conferma dalla fede. Essi sono iscritti nella natura umana stessa e quindi sono comuni a tutta l'umanità. L'azione della Chiesa nel promuoverli non ha dunque carattere confessionale, ma è rivolta a tutte le persone, prescindendo dalla loro affiliazione religiosa. Al contrario, tale azione è tanto più necessaria quanto più questi principi vengono negati o mal compresi perché ciò costituisce un'offesa contro la verità della persona umana, una ferita grave inflitta alla giustizia stessa.

Cari amici, nell'esortarvi a essere credibili e coerenti testimoni di queste verità fondamentali attraverso la vostra attività politica e più basilarmente attraverso il vostro impegno a condurre una vita autentica e coerente, invoco su di voi e sulla vostra opera la permanente assistenza di Dio, nel cui nome imparto la mia Benedizione Apostolica su di voi e su quanti vi accompagnano.

© Copyright 2006 - Libreria Editrice Vaticana






Educazione religiosa ed educazione

Incontro con i genitori dei cresimandi di Mons. Carlo Caffarra (arcivescovo di Bologna), tenuto a Bologna il 19 e il 26 marzo 2006


Tratto dal sito della Chiesa di Bologna

Vi ringrazio di essere venuti numerosi a questo incontro che personalmente reputo di grande importanza per la “posta in gioco”: la persona dei nostri ragazzi. La vostra grande partecipazione indica quanto essa vi stia a cuore, e mostra la fiducia che voi nutrite nei confronti della capacità e competenza educativa della Chiesa. Come più volte vi ho detto ed oggi vi ripeto: deve essere sancito un vero e proprio patto educativo fra la chiesa e la famiglia.

Questa esigenza di stringere fra noi una vera e propria alleanza educativa è particolarmente evidente quando si affronta quell’aspetto dell’azione educativa che intendo affrontare con voi oggi: l’educazione religiosa.
Scandirò la mia riflessione nei seguenti due momenti: necessità di dare un’educazione religiosa ai nostri figli; come dare un’educazione religiosa ai nostri figli. Cercherò insomma di rispondere a due domande: perché dare un’educazione religiosa? come dare un’educazione religiosa?

Perché l’educazione religiosa.

Per costruire una solida risposta alla prima domanda devo partire un po’ da lontano iniziando a riflettere con voi sul senso religioso insito in ogni persona umana.
Siamo dotati di sensi corporei che ci consentono di percepire le qualità dei corpi. Distinguiamo i colori col senso della vista, i suoni col senso dell’udito, i profumi col senso dell’odorato, e così via.
Siamo anche dotati di sensi spirituali che ci consentono di percepire realtà che non hanno colore, suono…, ma che non per questo sono meno consistenti nel loro essere. Vi faccio qualche esempio. Di fronte all’esecuzione di un Notturno di Chopin noi in ciò che ascoltiamo colle nostre orecchie “sentiamo” una bellezza incomparabile che non percepiamo in ciò che ascoltiamo colle nostre orecchie se ci fermiamo in via Rizzoli nel momento di grande traffico. Sappiamo discernere un fastidioso rumore da una piacevole musica, perché sappiamo discernere ciò che è brutto da ciò che è bello: abbiamo il senso spirituale del bello, il senso estetico. Ugualmente di fronte ad una Madre Teresa, a S. Massimiliano Kolbe che dona la propria vita per salvare un compagno di prigionia, noi siamo profondamente commossi; ma siamo anche profondamente commossi di fronte al fatto che un bambino di pochi mesi è stato sequestrato. Ma sono due commozioni profondamente diverse: nella prima siamo attratti, affascinati perché in quelle persone vediamo lo splendore del bene; nella seconda siamo indignati, allontanati perché in quei sequestratori vediamo le tenebre del male. L’uomo, ogni uomo, possiede una capacità di discernere il bene dal male: ha il senso morale.
Ma l’uomo possiede anche il senso religioso? E che cosa è il senso religioso? quale realtà l’uomo percepisce quando mette in atto il senso religioso? Stiamo arrivando al punto centrale del nostro discorso.
Durante una visita pastorale i giovani mi chiesero di incontrarmi per parlare e riflettere sulla presenza del male nella vita e nella storia umana. Ad un certo punto un giovane mi fece la seguente domanda: ma quale è il fondo della realtà? Con che nome lo devo chiamare? Quel giovane aveva posto la domanda religiosa, poiché si era interrogato sul significato ultimo della vita e del proprio esserci: in fondo di che cosa è fatta la realtà? Per che cosa vale veramente la pena che io viva?
Non è difficile trovandosi in via Rizzoli sentire il rumore del traffico: mettere in atto il senso dell’udito non impegna molto la nostra persona, e così degli altri sensi fisici.
Ben più difficile è sentire un Notturno di Chopin e gustarne l’intima bellezza: è necessaria attenzione, silenzio esterno ed interno. Mettere in atto il senso estetico impegna la nostra persona così come mettere in atto i sensi spirituali.
Quando la nostra persona impegna radicalmene se stessa con la realtà e con la vita perché ne vuole scoprire il significato ultimo [il “fondo della realtà”] , allora mette in atto il senso religioso. Che cosa dunque è il senso religioso? È la capacità che la persona umana possiede di porre le domande ultime sulla realtà e sulla vita; di discernere l’apparenza dalla realtà. In una sua poesia E. Montale scrive: «… Sotto l’azzurro fitto del cielo/ qualche uccello di mare se ne va/ né sosta mai/ perché tutte le immagini portano scritto “più in là”». Quando scriveva questi versi, Montale esercitava il suo senso religioso perché impegnava il proprio io nella richiesta e ricerca del fondo ultimo della realtà.
Possiamo dire, a questo punto, di aver raggiunto un guadagno importante: l’educazione religiosa consiste nell’educazione del senso religioso. Il che significa: educare la persona ad impegnarsi colla vita ricercandone il suo significato ultimo.
Ora siamo in grado di rispondere alla nostra prima domanda: è necessario educare il senso religioso insito in ogni persona umana? Perché dare un’educazione religiosa? Oserei dire che la risposta è facile.
È necessario educare il senso religioso poiché esso è parte costitutiva della persona umana. Rifiutarsi di farlo significa rifiutare, impedire all’uomo di vivere interamente la sua umanità, l’intera ricchezza della sua umanità.
Non solo, ma e soprattutto, se – come abbiamo visto - «il senso religioso è la capacità che la ragione ha di esprimere la propria natura profonda nell’interrogativo ultimo, è il “locus” della coscienza che l’uomo ha dell’esistenza» [L. Giussani], non educare il senso religioso dell’uomo significa impedire all’uomo di vivere una vita pienamente consapevole; significa privare l’uomo di ciò che costituisce la sua suprema grandezza.
Ma penso che ormai ci chiediamo tutti: ma che cosa vuol dire «educare il senso religioso» dei nostri figli, dei nostri bambini, dei nostri ragazzi, dei nostro giovani? È precisamente la seconda domanda che ci siamo fatti all’inizio: come dare un’educazione religiosa?

Come educare il senso religioso

Avrete notato che fino ad ora, pur parlando di senso religioso, non ho parlato di fede, di religione cristiana, della Chiesa. Ma ora è giunto il momento di farlo.
Che cosa è il cristianesimo? È la risposta data da Dio stesso alla domanda che l’uomo pone quando esercita il proprio senso religioso.
Fate bene attenzione a questa risposta. Purtroppo il poco tempo che abbiamo a disposizione non mi consente di fermarmi come si dovrebbe. Mi limito ad una duplice serie di riflessioni.
La prima. È Dio stesso che si è preso cura di parlare all’uomo, di rispondere alla domanda umana sul significato ultimo della vita. Il cristianesimo quindi non è opera, costruzione umana: è dono di Dio.
A ciò che dice Dio l’uomo può credere o non credere: la radice, il fondamento, il principio di tutta la vita cristiana è la fede intesa come assenso a quanto il Signore mi dice.
La seconda. La risposta che Dio dona è del tutto singolare. Egli la dona nella persona, nella vita, nelle parole di Gesù Cristo. Pertanto «All’inizio dell’essere cristiano non c’è una decisione etica o una grande idea, bensì l’incontro con un avvenimento, con una Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva» [Benedetto XVI, Lett. Enc. Deus caritas est 1].
L’educazione religiosa consiste principalmente nell’educare la persona umana non a regole etiche piuttosto che altre; non alla conoscenza di una teoria filosofica o scientifica della realtà. Significa condurla all’incontro con un avvenimento, con una Persona: un incontro tale che questa Persona diventa l’orizzonte ultimo entro cui si svolge tutta la vita. S. Paolo direbbe: vivere in Cristo; S. Giovanni direbbe: vivere in comunione con Cristo.
Ma ancora una volta a voi il discorso potrà sembrare astratto. È necessario concretizzarlo ulteriormente.
Direi che nei confronti della risposta cristiana alla domanda religiosa sono possibili in chi ha responsabilità educative ed istituisce un rapporto colla Chiesa, due attitudini fondamentali.
La prima è presente in chi è credente, in chi ritiene che la risposta cristiana sia vera e pone la sua vita, vive la sua esistenza nel suo orizzonte.
Egli istituisce un rapporto colla Chiesa di piena fiducia e di intima cooperazione educativa nel senso che chiede alla Chiesa di essere aiutato nella generazione dell’umanità del loro figlio, senza lasciarsi però surrogare da essa nelle inabdicabili responsabilità educative.
Come concretamente si realizza questa cooperazione educativa? Credo che non esistano ricette prefabbricare o comunque io non ne possiedo. Alcuni orientamenti fondamentali credo però di potere, di dovere darveli.
a) È all’interno della vita famigliare che deve avvenire il primo annuncio della fede cristiana, normalmente. Come? Viene fatto attraverso la preghiera fatta in famiglia; introducendo il bambino ed il ragazzo nella realtà aiutandolo a comprenderla alla luce della fede, prendendo spunto dai piccoli o grandi avvenimenti della vita; mostrando attraverso una vita famigliare armoniosa che il fondo della realtà è la bellezza insita nel volersi bene, nello stare uniti anche quando ci sarebbero mille ragioni per dividersi.
b) La famiglia poi ha il diritto di essere aiutata dalla Chiesa ad essere come il Signore l’ha pensata. La nostra Chiesa è seriamente impegnata in questo. La condivisione consapevole di questo identico impegno educativo deve continuamente crescere, attraverso più frequenti incontri specifici.
La seconda attitudine fondamentale è presente nelle persone che pur non avendo una fede viva, ritengono comunque che la fede cristiana offra una proposta di vita buona di cui non si può non beneficiare. Queste persone hanno fiducia nella Chiesa e le chiedono ancora i sacramenti per i propri figli. Esiste quindi ancora un patto educativo, anche se non raramente assai tenue. Vorrei ora rivolgermi a queste persone, offrendo loro alcune riflessioni.
a) Il bambino e il ragazzo oggi soffrono gravemente l’esperienzadi un vero e proprio sradicamento dal vincolo generazionale, da quel rapporto cioè genitori-figli nel quale viene condivisa una visione unitaria della vita. La proposta cristiana che viene fatta nella catechesi rischia di rimanere come un “appendice” alla grande narrazione della vita; rischia di non essere significativa al vivere. La rettitudine dell’intenzione con cui queste persone cui ci stiamo rivolgendo, danno fiducia alla Chiesa [“in fondo, la Chiesa educa al bene], rischia di essere vanificata se l’incontro che il ragazzo ha colla Chiesa, non ha una continuità nella famiglia.
b) Forse questi adulti, di cui sto parlando, sono loro stessi in una condizione di difficoltà e di incertezza precisamente in ordine al grande lavoro educativo. In questa condizione penso sia necessario recuperare le ragioni profonde di un rapporto, quello col proprio figlio, che è il fondamento ed il principio di ogni vera civiltà. Ritornano alla mente in questo momento le riflessioni che ho fatto nel primo punto della mia conversazione.
Non si tratta di insegnare teorie; non si tratta solo di trasmettere regole di vita. Si tratta di far trasparire nella propria vita famigliare – difficile, tribolata, forse anche conflittuale – la bellezza e la bontà di un ordine, di un senso definitivo.
Il fatto che diano ancora fiducia alla Chiesa potrebbe essere l’occasione per riscoprire, coll’aiuto della Chiesa, questo senso: la verità cioè della risposta cristiana alla domanda religiosa.

Conclusione

In sintesi, che cosa significa, in che cosa consiste l’educazione religiosa in senso cristiano? Fare incontrare Cristo come chiave interpretativa di tutta la vita.
Gli stessi segni musicali cambiano suono se si cambia la chiave all’inizio del rigo. Sono gli stessi capitoli che compongono la biografia di un cristiano e di un ateo: ambedue nascono e muoiono; ambedue gioiscono e soffrono, ambedue lavorano e amano; ambedue vivono in una città, dentro una società politica. Il senso religioso entra in azione quando il soggetto si impegna fino al punto di mettersi alla ricerca di un senso ultimo positivo di tutto questo. L’educazione religiosa consiste nel guidare l’uomo in questa ricerca. L’educazione cristiana consiste nel guidare l’uomo ad incontrare ciò in cui la positività del reale, di ciò che viviamo, consiste e si fonda: Gesù Cristo. La vita umana cristianamente vissuta è la vita che nasce da questo incontro.
Può essere che una persona che si impegna alla ricerca della risposta alle sue domande ultime, giunga a concludere che questa risposta non esiste: è l’esito ateo di questa ricerca. Meritevole di sommo rispetto è questa persona. La scelta peggiore è di chi non si mette neppure alla ricerca; di chi ignora il senso religioso del vivere umano.
Noi oggi ci siamo incontrati perché voi avete dato fiducia alla Chiesa; dall’altra parte la Chiesa non può fare senza di voi. L’incontro ha il carattere di un’alleanza la cui clausola fondamentale è la seguente: assieme vogliamo generare questi ragazzi fino alla pienezza della loro umanità, fino a che “Cristo sia formato in essi”. Ed a tutti dico: siatene certi, non può che essere un esito positivo questo, per il destino dei vostri figli.


A DIOGNETO

o LETTERA A DIOGNETO

Esordio

I. 1. Vedo, ottimo Diogneto, che tu ti accingi ad apprendere la religione dei cristiani e con molta saggezza e cura cerchi di sapere di loro. A quale Dio essi credono e come lo venerano, perché tutti disdegnano il mondo e disprezzano la morte, non considerano quelli che i greci ritengono dèi, non osservano la superstizione degli ebrei, quale amore si portano tra loro, e perché questa nuova stirpe e maniera di vivere siano comparsi al mondo ora e non prima. 2. Comprendo questo tuo desiderio e chiedo a Dio, che ci fa parlare e ascoltare, che sia concesso a me di parlarti perché tu ascoltando divenga migliore, e a te di ascoltare perché chi ti parla non abbia a pentirsi.

L'idolatria

II. 1. Purìficati da ogni pregiudizio che ha ingombrato la tua mente e spògliati dell'abitudine ingannatrice e fatti come un uomo nuovo da principio, per essere discepolo di una dottrina anche nuova come tu stesso hai ammesso. Non solo con gli occhi, ma anche con la mente considera di quale sostanza e di quale forma siano quelli che voi chiamate e ritenete dèi. 2. Non (sono essi) pietra come quella che si calpesta, bronzo non migliore degli utensili fusi per l'uso, legno già marcio, argento che ha bisogno di un uomo che lo guardi perché non venga rubato, ferro consunto dalla ruggine, argilla non più scelta di quella preparata a vile servizio? 3. Non (sono) tutti questi (idoli) di materia corruttibile? Non sono fatti con il ferro e con il fuoco? Non li foggiò lo scalpellino, il fabbro, l'argentiere o il vasaio? Prima che con le loro arti li foggiassero, ciascuno di questi (idoli) non era trasformabile, e non lo può (essere) anche ora? E quelli che ora sono gli utensili della stessa materia non potrebbero forse diventare simili ad essi se trovassero gli stessi artigiani? 4. E per l'opposto, questi da voi adorati non potrebbero diventare, ad opera degli uomini, suppellettili uguali alle altre? Non sono cose sorde, cieche, inanimate, insensibili, immobili? Non tutte corruttibili? Non tutte distruttibili? 5. Queste cose chiamate dèi, a queste servite, a queste supplicate, infine ad esse vi assimilate. 6. Perciò odiate i cristiani perché non le credono dèi. 7. Ma voi che li pensate e li immaginate tali non li disprezzate più di loro? Non li deridete e li oltraggiate più voi che venerate quelli di pietra e di creta senza custodi, mentre chiudete a chiave di notte quelli di argento e di oro, e di giorno mettete le guardie perché non vengano rubati? 8. Con gli onori che credete di rendere loro, se hanno sensibilità, siete piuttosto a punirli. Se non hanno i sensi siete voi a svergognarli con sacrificio di sangue e di grassi fumanti. 9. Provi qualcuno di voi queste cose, permetta che gli vengano fatte. Ma l'uomo di propria volontà non sopporterebbe tale supplizio perché ha sensibilità e intelligenza; ma la pietra lo tollera perché non sente. 10. Molte altre cose potrei dirti perché i cristiani non servono questi dèi. Se a qualcuno ciò non sembra sufficiente, credo inutile parlare anche di più.

Il culto giudaico

III. 1. Inoltre, credo che tu piuttosto desideri sapere perché essi non adorano Dio secondo gli ebrei. 2. Gli ebrei hanno ragione quando rigettano l'idolatria, di cui abbiamo parlato, e venerano un solo Dio e lo ritengono padrone di tutte le cose. Ma sbagliano se gli tributano un culto simile a quello dei pagani. 3. Come i greci, sacrificando a cose insensibili e sorde dimostrano stoltezza, così essi, pensando di offrire a Dio come ne avesse bisogno, compiono qualche cosa che è simile alla follia, non un atto di culto. 4. «Chi ha fatto il cielo e la terra e tutto ciò che è in essi», e provvede tutti noi delle cose che occorrono, non ha bisogno di quei beni. Egli stesso li fornisce a coloro che credono di offrirli a lui. 5. Quelli che con sangue, grasso e olocausti credono di fargli sacrifici e con questi atti venerarlo, non mi pare che differiscano da coloro che tributano riverenza ad oggetti sordi che non possono partecipare al culto. Immaginarsi poi di fare le offerte a chi non ha bisogno di nulla!

Il ritualismo giudaico

IV. 1. Non penso che tu abbia bisogno di sapere da me intorno ai loro scrupoli per certi cibi, alla superstizione per il sabato, al vanto per la circoncisione, e alla osservanza del digiuno e del novilunio: tutte cose ridicole, non meritevoli di discorso alcuno. 2. Non è ingiusto accettare alcuna delle cose create da Dio ad uso degli uomini, come bellamente create e ricusarne altre come inutili e superflue? 3. Non è empietà mentire intorno a Dio come di chi impedisce di fare il bene di sabato? 4. Non è degno di scherno vantarsi della mutilazione del corpo, come si fosse particolarmente amati da Dio? 5. Chi non crederebbe prova di follia e non di devozione inseguire le stelle e la luna per calcolare i mesi e gli anni, per distinguere le disposizioni divine e dividere i cambiamenti delle stagioni secondo i desideri, alcuni per le feste, altri per il dolore? 6. Penso che ora tu abbia abbastanza capito perché i cristiani a ragione si astengono dalla vanità, dall'impostura, dal formalismo e dalla vanteria dei giudei. Non credere di poter imparare dall'uomo il mistero della loro particolare religione.

Il mistero cristiano

V. 1. I cristiani né per regione, né per voce, né per costumi sono da distinguere dagli altri uomini. 2. Infatti, non abitano città proprie, né usano un gergo che si differenzia, né conducono un genere di vita speciale. 3. La loro dottrina non è nella scoperta del pensiero di uomini multiformi, né essi aderiscono ad una corrente filosofica umana, come fanno gli altri. 4. Vivendo in città greche e barbare, come a ciascuno è capitato, e adeguandosi ai costumi del luogo nel vestito, nel cibo e nel resto, testimoniano un metodo di vita sociale mirabile e indubbiamente paradossale. 5. Vivono nella loro patria, ma come forestieri; partecipano a tutto come cittadini e da tutto sono distaccati come stranieri. Ogni patria straniera è patria loro, e ogni patria è straniera. 6. Si sposano come tutti e generano figli, ma non gettano i neonati. 7. Mettono in comune la mensa, ma non il letto. 8. Sono nella carne, ma non vivono secondo la carne. 9. Dimorano nella terra, ma hanno la loro cittadinanza nel cielo. 10. Obbediscono alle leggi stabilite, e con la loro vita superano le leggi. 11. Amano tutti, e da tutti vengono perseguitati. 12. Non sono conosciuti, e vengono condannati. Sono uccisi, e riprendono a vivere. 13. Sono poveri, e fanno ricchi molti; mancano di tutto, e di tutto abbondano. 14. Sono disprezzati, e nei disprezzi hanno gloria. Sono oltraggiati e proclamati giusti. 15. Sono ingiuriati e benedicono; sono maltrattati ed onorano. 16. Facendo del bene vengono puniti come malfattori; condannati gioiscono come se ricevessero la vita. 17. Dai giudei sono combattuti come stranieri, e dai greci perseguitati, e coloro che li odiano non saprebbero dire il motivo dell'odio.

L'anima del mondo

VI. 1. A dirla in breve, come è l'anima nel corpo, così nel mondo sono i cristiani. 2. L'anima è diffusa in tutte le parti del corpo e i cristiani nelle città della terra. 3. L'anima abita nel corpo, ma non è del corpo; i cristiani abitano nel mondo, ma non sono del mondo. L'anima invisibile è racchiusa in un corpo visibile; i cristiani si vedono nel mondo, ma la loro religione è invisibile. 5. La carne odia l'anima e la combatte pur non avendo ricevuto ingiuria, perché impedisce di prendersi dei piaceri; il mondo che pur non ha avuto ingiustizia dai cristiani li odia perché si oppongono ai piaceri. 6. L'anima ama la carne che la odia e le membra; anche i cristiani amano coloro che li odiano. 7. L'anima è racchiusa nel corpo, ma essa sostiene il corpo; anche i cristiani sono nel mondo come in una prigione, ma essi sostengono il mondo. 8. L'anima immortale abita in una dimora mortale; anche i cristiani vivono come stranieri tra le cose che si corrompono, aspettando l'incorruttibilità nei cieli. 9. Maltrattata nei cibi e nelle bevande l'anima si raffina; anche i cristiani maltrattati, ogni giorno più si moltiplicano. 10. Dio li ha messi in un posto tale che ad essi non è lecito abbandonare.

Dio e il Verbo

VII. 1. Infatti, come ebbi a dire, non è una scoperta terrena da loro tramandata, né stimano di custodire con tanta cura un pensiero terreno né credono all'economia dei misteri umani. 2. Ma quello che è veramente signore e creatore di tutto e Dio invisibile, egli stesso fece scendere dal cielo, tra gli uomini, la verità, la parola santa e incomprensibile e l'ha riposta nei loro cuori. Non già mandando, come qualcuno potrebbe pensare, qualche suo servo o angelo o principe o uno di coloro che sono preposti alle cose terrene o abitano nei cieli, ma mandando lo stesso artefice e fattore di tutte le cose, per cui creò i cieli e chiuse il mare nelle sue sponde e per cui tutti gli elementi fedelmente custodiscono i misteri. Da lui il sole ebbe da osservare la misura del suo corso quotidiano, a lui obbediscono la luna che splende nella notte e le stelle che seguono il giro della luna; da lui tutto fu ordinato, delimitato e disposto, i cieli e le cose nei cieli, la terra e le cose nella terra, il mare e le cose nel mare, il fuoco, l'aria, l'abisso, quello che sta in alto, quello che sta nel profondo, quello che sta nel mezzo; lui Dio mandò ad essi. 3. Forse, come qualcuno potrebbe pensare, lo inviò per la tirannide, il timore e la prostrazione? 4. No certo. Ma nella mitezza e nella bontà come un re manda suo figlio, lo inviò come Dio e come uomo per gli uomini; lo mandò come chi salva, per persuadere, non per far violenza. A Dio non si addice la violenza. 5. Lo mandò per chiamare non per perseguitare; lo mandò per amore non per giudicare. 6. Lo manderà a giudicare, e chi potrà sostenere la sua presenza? 7. Non vedi (i cristiani) che gettati alle fiere perché rinneghino il Signore, non si lasciano vincere? 8. Non vedi, quanto più sono puniti, tanto più crescono gli altri? 9. Questo non pare opera dell'uomo, ma è potenza di Dio, prova della sua presenza.

L'incarnazione

VIII. 1. Chi fra tutti gli uomini sapeva perfettamente che cosa è Dio, prima che egli venisse? 2. Vorrai accettare i discorsi vuoti e sciocchi dei filosofi degni di fede? Alcuni affermavano che Dio è il fuoco, ove andranno essi chiamandolo Dio, altri dicevano che è l'acqua, altri che è uno degli elementi da Dio creati. 3. Certo, se qualche loro affermazione è da accettare si potrebbe anche asserire che ciascuna di tutte le creature ugualmente manifesta Dio. 4. Ma tutte queste cose sono ciarle e favole da ciarlatani. 5. Nessun uomo lo vide e lo conobbe, ma egli stesso si rivelò a noi. 6. Si rivelò mediante la fede, con la quale solo è concesso vedere Dio. 7. Dio, signore e creatore dell'universo, che ha fatto tutte le cose e le ha stabilite in ordine, non solo si mostrò amico degli uomini, ma anche magnanimo. 8. Tale fu sempre, è e sarà: eccellente, buono, mite e veritiero, il solo buono. 9. Avendo pensato un piano grande e ineffabile lo comunicò solo al Figlio. 10. Finché lo teneva nel mistero e custodiva il suo saggio volere, pareva che non si curasse e non pensasse a noi. 11. Dopo che per mezzo del suo Figlio diletto rivelò e manifestò ciò che aveva stabilito sin dall'inizio, ci concesse insieme ogni cosa, cioè di partecipare ai suoi benefici, di vederli e di comprenderli. Chi di noi se lo sarebbe aspettato?

L'economia divina

IX. 1. (Dio) dunque avendo da sé tutto disposto con il Figlio, permise che noi fino all'ultimo, trascinati dai piaceri e dalle brame come volevamo, fossimo travolti dai piaceri e dalle passioni. Non si compiaceva affatto dei nostri peccati, ma ci sopportava e non approvava quel tempo di ingiustizia. Invece, preparava il tempo della giustizia perché noi fossimo convinti che in quel periodo, per le nostre opere, eravamo indegni della vita, e ora solo per bontà di Dio ne siamo degni, e dimostrassimo, per quanto fosse in noi, che era impossibile entrare nel regno di Dio e che solo per sua potenza ne diventiamo capaci. 2. Dopo che la nostra ingiustizia giunse al colmo e fu dimostrato chiaramente che come suo guadagno spettava il castigo e la morte, venne il tempo che Dio aveva stabilito per manifestare la sua bontà e la sua potenza. O immensa bontà e amore di Dio. Non ci odiò, non ci respinse e non si vendicò, ma fu magnanimo e ci sopportò e con misericordia si addossò i nostri peccati e mandò suo Figlio per il nostro riscatto; il santo per gli empi, l'innocente per i malvagi, il giusto per gli ingiusti, l'incorruttibile per i corrotti, l'immortale per i mortali. 3. Quale altra cosa poteva coprire i nostri peccati se non la sua giustizia? 4. In chi avremmo potuto essere giustificati noi, ingiusti ed empi, se non nel solo Figlio di Dio? 5. Dolce sostituzione, opera inscrutabile, benefici insospettati! L'ingiustizia di molti viene riparata da un solo giusto e la giustizia di uno solo rende giusti molti. 6. Egli, che prima ci convinse dell'impotenza della nostra natura per avere la vita, ora ci mostra il salvatore capace di salvare anche l'impossibile. Con queste due cose ha voluto che ci fidiamo della sua bontà e lo consideriamo nostro sostentatore, padre, maestro, consigliere, medico, mente, luce, onore, gloria, forza, vita, senza preoccuparsi del vestito e del cibo.

La carità

1. Se anche tu desideri questa fede, per prima otterrai la conoscenza del Padre. 2. Dio, infatti, ha amato gli uomini. Per loro creò il mondo, a loro sottomise tutte le cose che sono sulla terra, a loro diede la parola e la ragione, solo a loro concesse di guardarlo, lo plasmò secondo la sua immagine, per loro mandò suo figlio unigenito, loro annunziò il Regno nel cielo e lo darà a quelli che l'hanno amato. 3. Una volta conosciutolo, hai idea di qual gioia sarai colmato? Come non amerai colui che tanto ti ha amato? 4. Ad amarlo diventerai imitatore della sua bontà, e non ti meravigliare se un uomo può diventare imitatore di Dio: lo può volendolo lui (l'uomo). 5. Non si è felici nell'opprimere il prossimo, nel voler ottenere più dei deboli, arricchirsi e tiranneggiare gli inferiori. In questo nessuno può imitare Dio, sono cose lontane dalla Sua grandezza! 6. Ma chi prende su di sé il peso del prossimo e in ciò che è superiore cerca di beneficare l'inferiore; chi, dando ai bisognosi ciò che ha ricevuto da Dio, è come un Dio per i beneficati, egli è imitatore di Dio. 7. Allora stando sulla terra contemplerai perché Dio regna nei cieli, allora incomincerai a parlare dei misteri di Dio, allora amerai e ammirerai quelli che sono puniti per non voler rinnegare Dio. Condannerai l'inganno e l'errore del mondo quando conoscerai veramente la vita nel cielo, quando disprezzerai quella che qui pare morte e temerai la morte vera, riservata ai dannati al fuoco eterno che tormenta sino alla fine coloro che gli saranno consegnati. 8. Se conoscerai quel fuoco ammirerai e chiamerai beati quelli che sopportarono per la giustizia il fuoco temporaneo.

Il loro maestro

XI. 1. Non dico stranezze né cerco il falso, ma, divenuto discepolo degli apostoli, divento maestro delle genti e trasmetto in maniera degna le cose tramandate a quelli che si son fatti discepoli della verità. 2. Chi infatti, rettamente istruito e fattosi amico del Verbo, non cerca di imparare saggiamente le cose che dal Verbo furono chiaramente mostrate ai discepoli? Non apparve ad essi il Verbo, manifestandosi e parlando liberamente, quando dagli increduli non fu compreso, ma guidando i discepoli che, da lui ritenuti fedeli, conobbero i misteri del Padre? 3. Egli mandò il Verbo come sua grazia, perché si manifestasse al mondo. Disprezzato dal popolo, annunziato dagli apostoli, fu creduto dai pagani. 4. Egli fin dal principio apparve nuovo ed era antico, e ognora diviene nuovo nei cuori dei fedeli. 5. Egli eterno, in eterno viene considerato figlio. Per mezzo suo la Chiesa si arricchisce e la grazia diffondendosi nei fedeli si moltiplica. Essa ispira saggezza, svela i misteri, preannuncia i tempi, si rallegra per i fedeli, si dona a quelli che la cercano, senza infrangere i giuramenti della fede né oltrepassare i limiti dei padri. 6. Si celebra poi il timore della legge, si riconosce la grazia dei profeti, si conserva la fede dei Vangeli, si conserva la tradizione degli apostoli e la grazia della Chiesa esulta. 7. Non contristando tale grazia, saprai ciò che il Verbo dice per mezzo di quelli che vuole, quando vuole. 8. Per amore delle cose rivelateci vi facciamo partecipi di tutto quanto; per la volontà del Verbo che lo ordina, fummo spinti a parlare con zelo.

La vera scienza

XII. 1. Attendendo e ascoltando con cura, conoscerete quali cose Dio prepara a quelli che lo amano rettamente. Diventano un paradiso di delizie e producono in se stessi, ornati di frutti vari, un albero fruttuoso e rigoglioso. 2. In questo luogo, infatti, fu piantato l'albero della scienza e l'albero della vita; non l'albero della scienza, ma la disubbidienza uccide. 3. Non è oscuro ciò che fu scritto: che Dio da principio piantò in mezzo al paradiso l'albero della scienza e l'albero della vita, indicando la vita con la scienza. Quelli che da principio non la usarono con chiarezza, per l'inganno del serpente furono denudati. 4. Non si ha vita senza scienza, né scienza sicura senza vita vera, perciò i due alberi furono piantati vicino. 5. L'apostolo, comprendendo questa forza e biasimando la scienza che si esercita sulla vita senza la norma della verità, dice: «La scienza gonfia, la carità, invece, edifica». 6. Chi crede di sapere qualche cosa, senza la vera scienza testimoniata dalla vita, non sa: viene ingannato dal serpente, non avendo amato la vita. Lui, invece, con timore conosce e cerca la vita, pianta nella speranza aspettando il frutto. 7. La scienza sia il tuo cuore e la vita la parola vera recepita. 8. Portandone l'albero e cogliendone il frutto abbonderai sempre delle cose che si desiderano davanti a Dio, che il serpente non tocca e l'inganno non avvince; Eva non è corrotta ma è riconosciuta vergine. Si addita la salvezza, gli apostoli sono compresi, la Pasqua del Signore si avvicina, si compiono i tempi e si dispongono in ordine, e il Verbo che ammaestra i santi si rallegra. Per lui il Padre è glorificato; a lui la gloria nei secoli. Amen.

Lo Spirito Santo ha chiesto di nuovo la parola. Chi ha orecchi, ascolti ciò che dice alle chiese.

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Lo Spirito Santo sembra dire l'indicibile. O forse, sembra che vi siano poche orecchie pronte ad ascoltare. "Ecco, all’improvviso, qualcosa che nessuno aveva progettato. Ecco, che lo Spirito Santo, per così dire, aveva chiesto di nuovo la parola. E in giovani uomini e in giovani donne risbocciava la fede, senza “se” né “ma”, senza sotterfugi né scappatoie, vissuta nella sua integralità come dono, come un regalo prezioso che fa vivere" (J. Ratzinger, I movimenti ecclesiali e la loro collocazione teologica, in: Pontificium Consilium Pro Laicis (a cura di), I movimenti nella Chiesa. Atti del Congresso mondiale dei movimenti ecclesiali. Roma 27-29 maggio 1998, Città del Vaticano 1999, pp. 23-24). L'allora Card. Ratzinger riconosceva, ma era ormai da moltissimi anni, nei Movimenti e nelle Nuove Comunità la voce dello Spirito Santo: "Per me personalmente fu un evento meraviglioso la prima volta che venni più strettamente a contatto – agli inizi degli anni Settanta – con movimenti quali il Cammino Neocatecumenale, Comunione e Liberazione, il Movimento dei Focolari, sperimentando lo slancio e l’entusiasmo con cui essi vivevano la fede e dalla gioia di questa fede si sentivano necessitati a partecipare ad altri ciò che avevano ricevuto in dono" (Ibidem). Lo ha ribadito qualche giorno fa parlando di San Bonaventura il quale "ci insegna l'insieme del necessario discernimento, anche severo, del realismo sobrio e dell'apertura ai nuovi carismi donati da Cristo, nello Spirito Santo, alla sua Chiesa".E sabato 13 marzo, ricevendo in udienza i Vescovi della Conferenza Episcopale del Sudan, ha incoraggiato i Presuli "a dedicare la vostra energia a rafforzare l'educazione cattolica, e quindi a preparare i laici in particolare a recare una testimonianza convincente di Cristo in ogni aspetto della famiglia, della vita politica e sociale. Questo è un compito al quale l'Università di Santa Maria di Juba e i movimenti ecclesiali possono apportare un contributo significativo. Dopo i genitori, i catechisti sono il primo anello nella catena di trasmissione del prezioso tesoro della fede. Vi esorto a vigilare sulla loro formazione e sulle loro necessità"

Sono ormai diverse settimane che il Papa, nelle catechesi riguardanti le figure della cristianità medievale come in altre circostanze, riprende una stessa linea di pensiero, ed essa riguarda i nuovi carismi sorti dal Concilio. Questo stesso è guardato e presentato alla luce di questi suoi frutti più luminosi nei quali, attraverso una naturale crescita e maturazione guidata con sapienza dalla Chiesa, si realizza in pienezza quell'ermeneutica della continuità tanto cara al Santo Padre.
"I movimenti ecclesiali e le nuove comunità sono una delle novità più importanti suscitate dallo Spirito Santo nella Chiesa per l’attuazione del Concilio Vaticano II. Si diffusero proprio a ridosso dell’assise conciliare, soprattutto negli anni immediatamente successivi, in un periodo carico di entusiasmanti promesse, ma segnato anche da difficili prove. Paolo VI e Giovanni Paolo II seppero accogliere e discernere, incoraggiare e promuovere l’imprevista irruzione delle nuove realtà laicali che, in forme varie e sorprendenti, ridonavano vitalità, fede e speranza a tutta la Chiesa. Già allora, infatti, rendevano testimonianza della gioia, della ragionevolezza e della bellezza di essere cristiani, mostrandosi grati di appartenere al mistero di comunione che è la Chiesa. Abbiamo assistito al risveglio di un vigoroso slancio missionario, mosso dal desiderio di comunicare a tutti la preziosa esperienza dell’incontro con Cristo, avvertita e vissuta come la sola risposta adeguata alla profonda sete di verità e di felicità del cuore umano" (Benedetto XVI, Discorso ai Vescovi partecipanti ad un Seminario di studi promosso dal Pontifio Consiglio per i Laici, Sabato, 17 maggio 2008) .

E' questa la voce dello Spirito che parla alle Chiese di quest'inizio di Terzo Millennio. Lo scandalo della pedofilia invita tutti ad un serio esame di coscienza. E' un segno che chiama la Chiesa ad una seria purificazione. Le incrostazioni progressiste post-conciliari non possono trovare ora il polo dove cortocircuitare nei tradizionalisti che hanno eletto il Papa quale unico paladino delle loro utopie esclusivistiche, arrivando ormai preoccupantemente a contrapporre Benedetto XVI ai suoi predecessori. Il pericolo si nasconde tra le armi del fuoco amico. Invano il Santo Padre ha riaffermato come
"grazie a Dio i timonieri saggi della barca di Pietro, Papa Paolo VI e Papa Giovanni Paolo II, da una parte hanno difeso la novità del Concilio e dall’altra, nello stesso tempo, hanno difeso l’unicità e la continuità della Chiesa, che è sempre Chiesa di peccatori e sempre luogo di Grazia".

L'insistenza con la quale il Santo Padre indica nei carismi post-conciliari la via che lo Spirito indica alla Chiesa sembra sbattere contro un muro d'omertà, a livello mediatico e non solo. Si parla tanto di preti, di celibato, di crisi e di tolleranza zero. Mai, o quasi mai, della voce dello Spirito che grida tra le piaghe degli scandali. A Boston, una Diocesi dilaniata dalla pedofilia, il Vescovo Card. O' Malley ha aperto un Seminario Redemptoris Mater per ricostruire laddove la credibilità era giunta sotto lo zero. E' un caso ma ve ne sono moltissimi, e non riguardano solo la pedofilia. Tra le fila dei Movimenti e delle Nuove Comunità
le vocazioni sono in continua crescita. I presbiteri, nella loro maggioranza, sono felici e ardenti di zelo missionario. Un perchè ci dovrà pur essere. Il Santo Padre lo ha ravvisato ed espresso nel Discorso succitato, indicando ai Pastori il giusto atteggiamento: "Andare incontro con molto amore ai movimenti e alle nuove comunità ci spinge a conoscere adeguatamente la loro realtà, senza impressioni superficiali o giudizi riduttivi. Ci aiuta anche a comprendere che i movimenti ecclesiali e le nuove comunità non sono un problema o un rischio in più, che si assomma alle nostre già gravose incombenze. No! Sono un dono del Signore, una risorsa preziosa per arricchire con i loro carismi tutta la comunità cristiana. Perciò non deve mancare una fiduciosa accoglienza che dia loro spazi e valorizzi i loro contributi nella vita delle Chiese locali. Difficoltà o incomprensioni su questioni particolari non autorizzano alla chiusura... A noi Pastori è chiesto di accompagnare da vicino, con paterna sollecitudine, in modo cordiale e sapiente, i movimenti e le nuove comunità, perché possano generosamente mettere a servizio dell’utilità comune, in modo ordinato e fecondo, i tanti doni di cui sono portatori e che abbiamo imparato a conoscere e apprezzare: lo slancio missionario, gli efficaci itinerari di formazione cristiana, la testimonianza di fedeltà e obbedienza alla Chiesa, la sensibilità ai bisogni dei poveri, la ricchezza di vocazioni".

Questa ricchezza deriva direttamente dalla fede che i presbiteri, insieme al Popolo di Dio loro affidato, riceve e vede gestata e formata attraverso gli efficaci itinerari di formazione. Essi combattono la battaglia di ogni giorno come tutti, ma l'appartenenza ad una comunità viva corrobora la vocazione giorno dopo giorno. Non che tutti debbano far parte di qualche carisma. La Chiesa è grande, v'è spazio per tutti. Ma essi sono una risorsa preziosa, una profezia in aiuto della Chiesa intera. La crisi di vocazioni, la fragilità estrema di tanti, troppi presbiteri, il calo vertiginoso della frequenza alla messa domenicale, sono sintomi d'un malessere che non può essere imputato esclusivamente alla secolarizzazione e alle deformazioni post-conciliari. La crisi investe la fede. E non risparmia i presbiteri. Per questo il Papa è così attento alla formazione permanente dei laici e dei presbiteri: "La comprensione del Sacerdozio ministeriale è legata alla fede e domanda, in modo sempre più forte, una radicale continuità tra la formazione seminaristica e quella permanente" (Benedetto XVI, Discorso ai partecipanti al Convegno teologico promosso dalla Congregazione per il Clero, Venerdì, 12 marzo 2010). Per questo tenta in ogni modo di liberare la liturgia dalle deviazioni per riconsegnarla allo splendore che gli è propria, da un lato con il Motu Proprio "Summorum Pontificum" e dall'altro istituzionalizzando alcune innovazioni proprie del Cammino Neocatecumenale attraverso l'Approvazione definitiva dei suoi Statuti; in entrambi i casi il Papa ha a cuore la partecipazione fruttuosa dei fedeli, l'incontro esistenziale e fecondo con il Mistero Pasquale nella bellezza e nella ricchezza dei Sacramenti e della Liturgia. In ogni intervento, in ogni atto di governo, il Papa guarda alla fede del Popolo di cui è Pastore Universale. Confermare tutti nella fede è il suo compito precipuo, ed esso, con evidenza solare, passa anche attraverso la conferma e l'incoraggiamento ai carismi donati alla Chiesa.

Lo scandalo della pedofilia, odioso e vergognoso, ha singolari consonanze con lo scandalo degli eretici medievali. Il Papa, prendendo spunto dalla vicenda dei Francescani e dei gruppi pauperistici che si erano allontanati dalla comunione ecclesiale, ci presenta la via per uscire dalle secche di questi tempi: "
Lo stile personale e comunitario degli Ordini Mendicanti, unito alla totale adesione all’insegnamento della Chiesa e alla sua autorità, fu molto apprezzato dai Pontefici dell’epoca, come Innocenzo III e Onorio III, i quali offrirono il loro pieno sostegno a queste nuove esperienze ecclesiali, riconoscendo in esse la voce dello Spirito. E i frutti non mancarono: i gruppi pauperistici che si erano separati dalla Chiesa rientrarono nella comunione ecclesiale o, lentamente, si ridimensionarono fino a scomparire... Anche oggi non mancano simili iniziative: i movimenti, che partono realmente dalla novità del Vangelo e lo vivono con radicalità nell’oggi, mettendosi nelle mani di Dio, per servire il prossimo. Il mondo, come ricordava Paolo VI nell’Evangelii nuntiandi, ascolta volentieri i maestri, quando sono anche testimoni. È questa una lezione da non dimenticare mai nell’opera di diffusione del Vangelo: vivere per primi ciò che si annuncia, essere specchio della carità divina".

Nei Movimenti e nelle Nuove Comunità il Santo Padre vede questi testimoni, e li indica alla Chiesa come un dono profetico dello Spirito Santo. Sono anch'essi, accanto alla schiera di cristiani, presbiteri e religiosi che, nel silenzio dei giorni che si susseguono, incarnano la vittoria di Cristo sul peccato e sulla morte, la speranza e la certezza per la Chiesa del futuro. Criterio fondamentale ed ineludibile è, oggi più che mai
"non indulgere ad alcuna pretesa di uniformità assoluta nella organizzazione e nella programmazione pastorale... meglio meno organizzazione e più Spirito Santo!... (J. Ratzinger, Il sale della terra. Cristianesimo e Chiesa cattolica nella svolta del millennio, Milano 1997, p. 18)

Antonello Iapicca Pbro

Ferrara, Magister e compagnia danzante battete un colpo ora

Sono arrivate le parole del Papa. Per noi Roma locuta causa soluta. Certo vi saranno ora fiumi di parole a chiosare e glossare, distimguo ed analisi, ma a noi importa proprio nulla. C'era chi invocava teste mozzate, metaforicamente ovviamente; e c'era chi descriveva con dovizia di velinate lancinanti lotte intestine; o chi, come scritto dal Foglio in un editoriale di martedì 9 febbraio, si era già lanciato in più morbide analisi, per la verità trite e ritrite, su linee divergenti nel seno della Chiesa, italiana e non solo. Bene, il Papa, attraverso un comunicato secco e perentorio della Segreteria di Stato, ha respinto al mittente illazioni, veline e gossip. E, quel che più importa prega secondo l'intenzione nella quale ritroviamo quanto andiamo scrivendo da giorni: " chi ha veramente a cuore il bene della Chiesa operi con ogni mezzo perché si affermino la verità e la giustizia". Vaticanisti, foglianti e compagnia tutta, se avete davvero a cuore il bene della Chiesa, battete ora un colpo di verità e giustizia. Diversamente avremo la prova che, in fondo, del Papa e della Chiesa vi interessa davvero poco; per superficialità, speriamo, avete offerto il destro per un attacco infelice al Santo Padre. Fermarvi, se non proprio far marcia indietro, sarebbe la cosa più onesta.

Antonello Iapicca Pbro

Falso scoop su Pio XII, Se gli “storici” non leggono i libri...

2 febbraio 2010. Storia a fumetti e misericordia nella storia


http://www.penitents.org/PictJesusChargePeter.jpegAvvistato un giornaletto di fumetti spacciato per ricerca storica. E, per una volta, plaudiamo ad un vaticanista. Andrea Tornielli, che ci ha indicato il fumetto in questione. Alcuni storici, prontamente grancassati dalla grande stampa, intendono il loro mestiere di ricercatori come quello degli autori dei fumetti di Paperino e Topolino. Sapete come fanno, no? Riprendono la realtà di avvenimenti di cronaca, spesso sportiva, e vi cotruiscono storie dove cambiano nomi e luoghi adattandoli ai personaggi dei loro fumetti. Così hanno fatto Giuseppe Casarrubea e Mario Cereghino: hanno preso un documento su Pio XII pubblicato nel 1964 negli Stati Uniti ed esistente già da tempo in traduzione italiana spacciandolo come inedito e pubblicato sul loro fumetto di successo. La pubblicità dell'Ansa, del Corriere e della Stampa ha poi dato alla storiella inedita la giusta ribalta. Peccato che non si tratti di fumetti, e che nel popolo di Internet e quello che sfoglia rapido le pagine dei quotidiani, resti scolpito un titolo ad effetto piuttosto che la sostanza e la verità dei fatti. Sbirciando nel blog di uno di questi Disney della storia abbiamo scoperto la solita, identica tesi preconfezionata volta a demolire la figura di Pio XII. Con livore e sarcasmo hanno replicato a Tornielli senza però poter contestargli minimamente il nocciolo della questione. Solo ironie contro Pio XII per attaccare il vaticanista reo di non scrivere fumetti come loro. Il che certifica il rossore dei bimbi colti con le mani nella marmellata. Ancora una volta: diffidare sempre di chi scrive di storia, specie se di storia della Chiesa. "La Chiesa è nella storia, ma nello stesso tempo la trascende. È unicamente 'con gli occhi della fede' che si può scorgere nella sua realtà visibile una realtà contemporaneamente spirituale, portatrice di vita divina" (Catechismo della Chiesa Cattolica (CCC), 770.) L'angoscia di un ineludibile dilemma interiore si tramuta spesso in livore pseudo-scientifico, usato come una pezza d'appoggio a tesi che suffraghino la propria chiusura ad una Notizia capace di dare senso e pienezza alla vita. Quanti storici, filosofi, politici, artisti, han scritto, pensato e agito per uno scandalo interiore rimosso e non sanato. In due parole? Per tenere fuori il Figlio si calunnia la Madre. Davvero peccato, perchè a mostrare le debolezze della Chiesa ci avevano pensato, senza fumetti e falsi scoop, già duemila anni fa, apostoli ed evangelisti. Senza sconti, neanche per Pietro, per mostrare che la Chiesa è il luogo del perdono, per ogni uomo. Non per cancellarla dal mondo o per crearne una secondo i propri desideri. La Chiesa è fondata sul perdono, quello accordato a Pietro dopo il tradimento. Senza questa misericordia non esisterebbe. Per questo nel Nuovo Testamento non sono taciuti peccati e debolezze degli apostoli. Solo lasciandosi attirare in questo fiume di Grazia si può guardare la propria storia, quella di ogni uomo, quella della Chiesa con occhi diversi. Scriveva l'allora Card. Ratzinger, commentando il documento giubilare di Giovanni Paolo II su memoria e riconciliazione: "ciò che bisogna evitare è tanto un'apologetica che voglia tutto giustificare, quanto un'indebita colpevolizzazione, fondata sull'attribuzione di responsabilità storicamente insostenibili.... Ma neppure può appoggiarsi sulle immagini del passato veicolate dalla pubblica opinione, giacché esse sono spesso sovraccariche di una emotività passionale che impedisce la diagnosi serena ed obiettiva [...]. Ecco perché il primo passo consiste nell'interrogare gli storici, ai quali non viene chiesto un giudizio di natura etica, che sconfinerebbe dall'ambito delle loro competenze, ma di offrire un aiuto alla ricostruzione il più possibile precisa degli avvenimenti, degli usi, della mentalità di allora, alla luce del contesto storico dell'epoca". Ecco, ricerca storica come aiuto alla Chiesa. Ma occorre per questo essere liberi dentro, se non innamorati della Chiesa, quanto meno osservatori senza pregiudizi. Altrimenti non si pubblicheranno inedite ricerche, ma solo fumetti.

La sentinella



Falso scoop su Pio XII, Se gli “storici” non leggono i libri...


Sul
Corriere della Sera e sulla Stampa di oggi viene dedicato ampissimo spazio a presunti nuovi documenti relativi al “silenzio” di Pio XII. Anche il Giornale (ahimé), s’è fidato - ma fortunatamente in tono molto, molto minore, relegando la notizia in una breve - di un’Ansa che domenica pomeriggio ha rilanciato le “rivelazioni” di due studiosi non nuovi a questi falsi scoop: si tratta di Giuseppe Casarrubea e Mario Cereghino. I due hanno compiuto delle ricerche negli archivi inglesi e da qualche anno - supportati dall’Ansa, che continua a fidarsi - presentano le loro “scoperte” spacciandole come inedite. Ieri sono arrivati persino a consigliare sul loro blog, con tono sarcastico, al relatore della causa di beatificazione di Papa Pacelli, il gesuita Peter Gumpel, di leggersi bene le carte che loro pubblicano prima di procedere. Così, tramite agenzia, prontamente ripresa a tutta pagina dai due grandi quotidiani, si è parlato del rapporto con cui l’incaricato di affari americano Harold Tittman riferiva al governo Usa di un colloquio avvenuto nell’ottobre 1943 con Pio XII, durante il quale il Papa aveva detto che i tedeschi fino a quel momento avevano rispettato la Santa Sede. Sapete quanto era “inedito” lo scoop di Casarrubea e Cereghino? Quel documento è pubblicato dal 1964. Si trova infatti nella serie Foreign Relations of United States (FRUS), nel secondo dei volumi relativi al 1943, p. 950. Questo testo è uscito negli Usa l’anno in cui sono nato io, vale a dire 45 anni fa. Si dirà: gli studiosi Casarrubea e Cereghino come potevano sapere? Loro in fondo hanno “ricercato” negli archivi inglesi non americani (e quel documento si trova in copia negli archivi inglesi perché Tittman non aveva il rango di diplomatico ufficiale e quel rapporto venne inviato negli Usa tramite l’ambasciata britannica)… Peccato che quello stesso documento fosse noto non da ieri anche in traduzione italiana: lo ha pubblicato infatti Ennio Di Nolfo nel suo libro Vaticano e Stati Uniti: dalle carte di Myron Taylor, Milano 1978, ripubblicato nel 2003. Quel documento “inedito” è stato presentato e discusso nelle biografie e in molti saggi su Pio XII. “Libri che, evidentemente - mi spiega il professor Matteo Luigi Napolitano, autore di vari saggi sull’argomento - Casarrubea e Cereghino, non si sono dati la pena di leggere, continuando a spacciare come ‘nuove’ e ‘inedite’ cose che gli storici, quelli seri, conoscono e discutono da anni”.

Casarrubea, sul suo blog, ironizza sul sottoscritto (che non è uno storico e non si è mai attribuito alcuna patente di storico e, anche per scrivere le righe qui sopra, ha consultato uno storico), definendo - e qui si cade davvero nel ridicolo - una questione di “lana caprina” il fatto che testi sbandierati come nuovi fossero già pubblicati. Dunque non può rispondere assolutamente nulla (leggete per favore tra i commenti al thread anche quello del prof. Napolitano): ciò che lui e Cereghino ha spacciato come inedito, riuscendo a farlo apparire tale in articoli che hanno fatto il giro del mondo, era arcinoto, strapubblicato e discusso. Io sono solo un cronista. Lascio a voi giudicare che cosa siano Casarrubea e Cereghino, i quali hanno fanno passare come novità e frutto delle loro ricerche d’archivio testi editi da quasi cinquant’anni al solo scopo di attaccare Pio XII, dimostrando di non avere letto nulla sull’argomento. Aggiungo che Casarrubea e Cereghino non sono nuovi a questo tipo di operazioni: nell’ottobre 2008 spacciarono per inedito un documento per usarlo contro Pio XII (sempre rilanciato dall’Ansa) e furono costretti a scusarsi con il prof. Napolitano, come si può leggere sul sito vaticanfiles.splinder.com.


Andrea Tornielli

http://blog.ilgiornale.it/tornielli


ED ECCO LE IRONIE SENZA DIR NULLA


Meno male che Tornielli c’è

Pio XII

Meno male che Tornielli c’è.

Se non ci fosse bisognerebbe inventarne uno. A sua immagine e somiglianza e con la sua poderosa cultura bibliografica.

Ecco cosa manca agli storici veri dell’universo mondo. Uno come lui, profondo conoscitore dei papi di Santa Romana Chiesa, vivi o morti che siano, santi o beati.

Sono state ore di ansia e di insonnia per noi, sconvolti dagli strali di questo illustre storico che è, a quanto pare, di casa nell’eccellente blog degli amici del papa tedesco.

Sì, perchè anche i papi hanno bisogno, come dell’aria che respirano al Palazzo Apostolico, di amici. Veri o presunti che siano.

Peccato che questo giovane storico non ci illumini su cose ben più scottanti, preferendo invece fare questioni di lana caprina.

Come i motivi del comportamento di Pacelli dinanzi a Osborne e a Tittmann, il 18 e il 19 ottobre 1943.

Peccato che il principe Pacelli non si sia precipitato in quelle ore terribili alla stazione Tiburtina per fermare la deportazione di oltre mille innocenti che avevano la sola colpa di essere ebrei. Come invece aveva fatto, giustamente, il 19 luglio 1943 nel quartiere romano di San Lorenzo, per portare conforto a una popolazione stremata dalla fame e dai bombardamenti americani.

Peccato, in ultimo, che lo storico non pronunci sillaba sull’incontro del 10 novembre 1944 tra Pacelli e Osborne, quando Pio XII osò deviare il discorso dal genocidio ebraico in Ungheria – oltre 400.000 deportati nei vari campi di sterminio dell’Europa centrale, per ordine di Adolf Eichmann – per approdare astutamente al “pericolo” della bolscevizzazione dell’Europa da parte dell’Armata rossa.

Il principe Pacelli, si sa, le idee le aveva molto chiare.

Ce le racconta ad esempio von Weiszaecker, ambasciatore del Reich hitleriano presso la Santa Sede, che lo incontra nel dicembre 1943:

“Il Papa si augura che i nazisti mantengano le posizioni militari sul fronte russo e spera che la pace arrivi il prima possibile. In caso contrario, il comunismo sarà l’unico vincitore in grado di emergere dalla devastazione bellica. Egli sogna l’unione delle antiche nazioni civilizzate dell’Occidente per isolare il bolscevismo a oriente. Così come fece Papa Innocenzo XI, che unificò il continente [l’Europa] contro i Musulmani e liberò Budapest e Vienna.”

GC e MJC



ED ECCO LA RICOSTRUZIONE STORICA


Pio XII e i falsi scoop: Cereghino e Casarrubea, postulatori della “beotificazione” altrui…

A chi legge: meglio sedersi e stampare. E’ cosa lunga.

Ci risiamo. Pseudo-ricercatori scatenano pseudo-polemiche con pseudo-rivelazioni. Il loro scopo? Farsi postulatori di cause di “beotificazione” nei confronti di creduli acritici lettori che essi considerano tutt’al più dei buoni selvaggi con osso al naso e sveglia al collo.
Ancora Cereghino e Casarrubea.
Sì, ancora loro: i due sedicenti studiosi, che pur di sparare a zero su Pio XII, sono pronti a carpire la buona fede di due autorevolissimi ma ignari giornalisti della carta stampata, come Antonio Carioti del “Corriere della Sera” e Pierangelo Sapegno della “Stampa”.

Ma andiamo per ordine.



In perfetta sincronia, l’ennesimo attacco a Pio XII viene sferrato (sì, è questo il participio da usare) il 1° febbraio scorso, dal “Corriere”e dalla “Stampa”.

Il primo giornale titola: Shoah e Pio XII: nuove carte inglesi. «Non condanna i crimini nazisti». Riccardi: conferma la linea di prudenza, e in catenaccio: Scoperti [SIC] due documenti del ’43 e del ’44. La Santa Sede: tutti i testi vanno letti in un contesto generale.
“La Stampa” invece è più diretta nel suo titolo: Pio XII: le prove del silenzio. L’ambasciatore scriveva: «Teme più i comunisti che le stragi di ebrei». Il catenaccio così annuncia: Trovati negli archivi [SIC] di Kew Gardens documenti scottanti: un telegramma e una lettera di due diplomatici. I due occhielli a corredo dell’articolo di Sapegno sono inesorabili: Il diplomatico D’Arcy: «Gli suggerii un appello per le persecuzioni in Ungheria. Non lo fece»; e ancora: L’incaricato d’affari [SIC] USA: «Deportarono mille israeliti romani. Lui non si indignò»

***

Al gentile lettore è bene anticipare una cosa: i virgolettati attribuiti a Osborne e a Tittman nel catenaccio e negli occhielli dei due articoli non (dico non) sono citazioni tratte dai documenti. Non sono parole dei due diplomatici. Sono soltanto elaborazioni fantasiose dei due giornali. Quei virgolettati, infatti, non esistono nei documenti di cui si parla. E questo già dovrebbe chiarire il senso dell’operazione mediatica.

Lo so.
Lo so che articolisti e titolisti sono due diverse categorie di giornalisti. Nondimeno, certi titoli e sottotitoli in parte tradiscono il lavoro di chi scrive l’articolo, in parte tradiscono la verità stessa (sempre da perseguire, per un giornalista serio); e certamente trasformano i giornalisti in giornalai. Perché il titolone sparato in forma di scoop fa vendere e fa discutere.

Ma di che cosa parliamo? Di che parlano questi due articoli?
Essi ci informano di due dispacci diplomatici: uno inviato il 19 ottobre 1943 (tre giorni dopo la retata degli ebrei romani), dal rappresentante personale di Myron Taylor in Vaticano, Harold Tittman (un diplomatico sui generis trasmigrato in Vaticano dall’ambasciata americana a Roma, dopo l’entrata in guerra degli Stati Uniti); l’altro inviato il 10 novembre 1944 dal Ministro britannico a Roma, Osborne.

Che cosa ci dicono il “Corriere della Sera” e “La Stampa” su questi documenti?
Anzitutto entrambi gli articoli riportano citazioni assai limitate, ed entrambi mettono in risalto lo scoop archivistico, con queste parole: «Alla luce documenti di rilievo» che «provengono dagli archivi nazionali londinesi di Kew Gardens» (“Corriere”); «Ieri da Londra sono venuti alla luce documenti abbastanza scottanti» (“La Stampa”). Anzi, proprio “La Stampa” chiude il suo articolo in un vertiginoso crescendo: «Certo, i documenti saltati fuori dagli archivi inglesi getterebbero ombre un po’ pesanti» sulla causa di beatificazione, essendo «sbucati fuori dal silenzio ecc.».

Che tiri aria di scoop si evince peraltro anche dal
blog di Casarrubea, il quale parla del dispaccio di Tittman come del «documento, da noi ritrovato a Londra poche settimane fa». Ipse dixit.

Contento lui, Casarrubea. Con Cereghino avrebbe almeno potuto risparmiarsi il costo del biglietto aereo per Londra, se solo entrambi avessero saputo che il documento di Tittman «ritrovato»era noto fin dal 1964, perché pubblicato nella serie documentaria Foreign Relations of the United States (1943, vol. II, p. 950); ed era noto, in lingua italiana, fin dal 1978, poiché pubblicato da Ennio Di Nolfo nel suo volume Vaticano e Stati Uniti. Dalle carte di Myon Taylor (Milano, Franco Angeli, 1978) e ancora dallo stesso Autore riedito nel 2003, nel CD-Rom allegato al suo Dear Pope. Vaticano e Stati Uniti. La corrispondenza segreta di Roosevelt e Truman con Papa Pacelli (Roma, IN-Edita, 2003).

Ma era da immaginarlo. Cereghino e Casarrubea non sono nuovi al fatto di pubblicare come inedito ciò che si sa da anni. E’ già successo nell’ottobre 2008, quando diedero in pasto al pubblico, come materiale inedito, un dispaccio di Osborne del 19 ottobre 1943, che addirittura il sito de La Repubblica rilanciò alle 19,57 del 18 ottobre 2008: notizia poi “rifischiata” dall’ANSA. Ma anche quel documento era già noto dal 1986, perché ne aveva fatto menzione Owen Chadwick, nel suo libro Britain and the Vatican during the Second World War (Cambridge, Cambridge U.P, 1986).
Si dirà: ma questo libro è introvabile, roba da specialisti. No: il libro di Chadwick è stato tradotto (meglio tardi che mai) anche in Italia, dalle Edizioni San Paolo, nel 2007! Casarrubea e Cereghino non lo sapevano?

L’operazione del 1° febbraio scorso assomiglia quindi molto a quell’operazione del 2008, ma è molto più interessante, perché questa volta è in ballo la credibilità di due importanti testate nazionali e di giornalisti degni peraltro della massima stima.

Propongo allora tre passi.

1) vedere il modo in cui “Corriere della Sera” e “La Stampa” hanno trattato la questione
2) Vedere direttamente i documenti;
3) Evidenziare ciò che Casarrubea e Cereghino ignorano del tutto o che, sapendo (nota di eccessivo ottimismo) vi hanno taciuto.
1) Come il “Corriere” e “La Stampa” hanno trattano la questione

Al lettore comune di giornali, Casarrubea e Cereghino sono presentati come «due ricercatori non accademici» (così Carioti); e Casarrubea è addirittura uno «storico, specializzato [SIC] nella ricerca sugli archivi inglesi di Kew Garden». Introdotti fgli “scopritori”, i due giornali presentano i due documenti in questione.

Vediamo anzitutto il documento di Tittman, del 19 ottobre 1943. Il diplomatico americano informa il suo governo che il Papa sembra preoccupato per la sorte di Roma, che potrebbe essere un campo di battaglia nel quadro dello sviluppo degli eventi bellici; preoccupa inoltre il Papa la presenza di bande comuniste, che potrebbero commettere violenze fra la partenza dei tedeschi e l’arrivo degli Alleati a Roma. Carioti aggiunge che «Pio XII non accennò con Tittman» alla tragica razzia degli ebrei romani, svoltasi proprio tre giorni prima. Sapegno si avventura a dire che nel documento di Tittman «si descrive un Pio XII che invece di indignarsi per la deportazione degli oltre mille ebrei romani…si mostra in forte ansia» per le bande comuniste; e «per essere ancora più chiaro [sempre parole del giornalista della “Stampa”, ndr], il Pontefice a avrebbe aggiunto che fino a quel momento i tedeschi avevano mostrato grande rispetto per la Santa Sede».

Vediamo ora come viene illustrato da Carioti e Sapegno il documento del Ministro britannico in Vaticano, Osborne, del 10 novembre 1944.
Il riassunto di Carioti riguarda solo (cito il giornalista) il «suggerimento che aveva rivolto al Papa il ministro degli esteri britannico Anthony Eden , esortandolo a diffondere un pubblico appello in favore degli ebrei ungheresi. Pacelli – è sempre Carioti a parlare – gli rispose che proprio in quei giorni stava ricevendo pressioni affinché denunciasse gli abusi compiuti dai russi sulle popolazioni dei Paesi baltici…e della Polonia, ma non aveva ancora preso una decisione in proposito»; e anzi, anche caldamente esortato in tal senso da Osborne.
Perché? Perché Osborne (cito ancora Carioti) riteneva che «una simile dichiarazione sarebbe stata paragonata alla precedente “assenza di ogni condanna specifica dei crimini tedeschi”».

«Precedente», s'intenda bene, è un avverbio aggiunto da Carioti nel suo articolo; Osborne, infatti, non dice affatto che in precedenza mancò ogni condanna specifica della Germania. Ma su ciò possiamo sorvolare. Il Papa assicura comunque il ministro che la condanna contro i sovietici sarebbe anonima, così com’era stato fatto nel caso della condanna dei crimini tedeschi. Carioti aggiunge che Osborne e il Papa concordano sul fatto che i crimini sovietici non sono paragonabili a quelli nazisti, e nella fattispecie allo sterminio sistematico degli ebrei nelle camere a gas.
Più o meno le stesse cose dice Sapegno, il quale aggiunge un sibillino «meglio tacere dunque» dopo aver detto che il Papa avrebbe eventualmente condannato i russi in forma anonima.

Questo il resoconto giornalistico di Carioti e Sapegno, condito da alcune dichiarazioni raccolte a caldo da illustri storici.


2) Che osa dicono esattamente i documenti oggetto dello scoop?

Nel primo documento, quello di Tittman del 19 ottobre 1943, Pio XII esprime preoccupazioni per la sorte di Roma, e la speranza che le truppe alleate «trovino possibile circondare Roma e così obbligare i tedeschi a ritirarsi senza sottoporre la città alle distruzioni dovute al combattimento».
Fra l’altro, Pio XII non solleva la questione di Roma “città aperta” (ricordo che proprio il suo cruccio della “città aperta” lo avrebbe esposto alle critiche puerili di chi diceva che ilo Papa pensava solo e soltanto a Roma…).
Pio XII è anche preoccupato dall’assenza di ordine pubblico a Roma, e del fatto che «elementi irresponsabili (ha detto che è noto che piccole bande comuniste stazionano nei dintorni di Roma attualmente) possano commettere violenze nella città durante il periodo tra l’evacuazione tedesca e l’arrivo degli alleati».
La terza preoccupazione del Papa è per la situazione alimentare. Pio XII spera che tutte le questioni che lo preoccupano siano prese in considerazione degli alleati.
Nel documento, c’è poi un’aggiunta. Il Papa osserva che «l’ufficiale comandante generale tedesco in Roma [si tratta del generale Kurt Mälzer, ndr] sembra ben disposto verso il Vaticano. Ha aggiunto tuttavia che egli sentiva restrizioni dovute alla “situazione anormale” [queste due ultime parole sono testuali del Papa, ndr]».
Come si vede, la paura che l’ordine pubblico fosse compromesso da elementi irresponsabili (comunisti; ma possiamo escludere in Roma vi permanessero anche bande di fascisti fanatici?), fra la partenza dei tedeschi e l’arrivo degli alleati, è cosa ben diversa dal preoccuparsi dei comunisti perché il Papa li odiava e odiava l’Unione Sovietica, ecc.ecc.
Tornerò su alcune cose tra Vaticano e URSS nel terzo paragrafo, quello dei dulcis in fundo della mia analisi. Basterà qui dire che leggendo il documento di Tittman nella sua interezza, si vede che il tema delle bande di «elementi irresponsabili» è solo una parte del tutto: dato che Pio XII nutriva anche altri timori, che espresse liberamente a Tittman.

Che cosa dice esattamente, invece, il documento di Osborne?

a) Osborne ringrazia il papa per l’ospitalità di quattro anni in Vaticano;
b) Egli ringrazia il Papa per aver tollerato che diplomatici di paesi in guerra con l’Asse, e ospitati in Vaticano, contrariamente agli usi comunicassero all’esterno, «abusando della sua ospitalità con l’inviare informazioni politiche e militari fuori della Città del Vaticano».
Pio XII quindi tollerava che diplomatici alleati facessero attività militari e di spionaggio under his very window, proprio sotto la sua finestra!
c) Osborne ringrazia il Papa per accolto nove ufficiali britannici e due prigionieri di guerra americani. Pertanto, scrive Osborne, «il Governo di Sua Maestà ha col papa un debito di gratitudine…»
d) Il Papa dice a Osborne che sulla questione della richiesta di condannare i sovietici non ha preso alcuna decisione in proposito, «e in ogni caso la sua condanna sarebbe anonima»; ciò che Osborne appunto gli scongiura di fare. Ma Pio XII lo interrompe subito aggiungendo che «non si tratta affatto di fare alcun riferimento facendo il nome della Russia».
e) Osborne puntualizza che i crimini nazisti comunque non potevano essere paragonati a quelli tedeschi, cosa su cui «Sua Santità non mosse obiezione».
f) Osborne aggiunge che «la storia non offriva nulla di comparabile alla condanna all’estinzione di massa da parte di Hitler nei confronti della razza ebraica, o comparabile a ai metodi - camere a gas, morte per fame, ecc. - con cui li aveva posti in essere e ancora li stava attuando. Su ciò il Papa concordò».
g) Osborne informa che il Papa gli ha espresso grave ansietà per la situazione in Italia, e Osborne concorda sul fatto che essa sia preoccupante («disquieting»), ma non disastrosa.

Il quadro, come si vede, è molto più ricco di quello riportato da Carioti e da Sapegno. E molto più complesso dell’arbitraria semplificazione fattane dai due “scopritori”, Casarrubea e Cereghino.

Aggiungo che il vero inedito è proprio il secondo dispaccio, quello di Osborne
Lo è solo dal punto di vista tecnico: questo perché il Governo britannico non ha ancora pubblicato la serie ufficiale dei documenti diplomatici sul periodo 1939-1945. Si consideri poi che il documento è a sua volta una copia a stampa per uso interno, quindi neppure firmata da Osborne.

Dal punto di vista sostanziale, invece, il contenuto del dispaccio di Osborne è anch’esso noto da tempo, cioè esattamente dal 1980. Ne fa cenno, infatti, un appunto di Montini, dell’8 novembre, contenuto nel decimo volume dei documenti vaticani (Nota di Monsignor Montini, ADSS, vol. 10, doc. 388, p. 474, Città del Vaticano, Libreria Editrice Vaticana, 1980). Il documento è datato 8 novembre 1944 e sembra essere il sommario proprio dell’incontro tra Osborne e Pio XII, che il Ministro inglese, come si è visto, colloca due giorni dopo. La differenza di date può non essere rilevante (si consideri, fra l’altro, che il documento trovato a Kew è, a sua volta, una copia a stampa per uso interno, neppure firmata), ma la somiglianza di contenuto fra i due documenti, pur di lunghezza molto diversa, è straordinaria. Con un’aggiunta: nella nota di Montini si parla anche di una proposta avanzata al Papa da ambienti ebraici, di cui Osborne si sarebbe fatto latore, ma di cui purtroppo non si ha altra traccia.

3) Dulcis in fundo. Ciò che Casarrubea e Cereghino ignorano o che vi hanno taciuto

Emergono insomma alcuni elementi interessanti dai documenti esaminati; ma li si è trascurati per parlare sempre e ancora una volta del silenzio di Pio XII sulla Shoah, e in particolare, stavolta, sulla sorte degli ebrei ungheresi.

E proprio così?
No che non è così. Perché, nel momento in cui Osborne ricorda a Pio XII la proposta di Eden di parlare per gli ebrei ungheresi, la Santa Sede è già intervenuta per loro (e sta continuando a farlo); dunque la raccomandazione di Eden è del tutto superflua. Limitandoci ai dintorni cronologici del dispaccio di Osborne, sappiamo ad esempio che il 23 maggio 1944 il nunzio a Budapest Rotta scrive al Vaticano: «Nella spinosa e dolorosa questione della campagna anti-ebraica in Ungheria ho creduto conveniente non limitarmi a sole proteste orali presso il Governo Ungherese, ma di inviargli pure una nota» (ADSS, vol. 10, doc. 207).
La nota di cui parla Rotta è del 15 maggio 1944: si tratta di una protesta contro l’ingiustizia dei decreti antigiudaici, che peraltro non distinguono fra ebrei battezzati e no (il battesimo era il modo ritenuto più rapido per sfuggire alle leggi razziali; ma i governi collaborazionisti ponevano restrizioni sempre maggiori per evitare che le loro leggi antisemite fossero aggirate, appunto, con un uso strumentale del battesimo).
A parte la distinzione, la nota chiedeva in ogni caso che nelle misure adottate fossero sempre «rispettati i diritti fondamentali della persona umana». Cosa molto più importante, per il Vaticano «il semplice fatto di perseguitare degli uomini per il solo motivo della loro origine razziale, è una violazione del diritto naturale. Se il buon Dio ha dato loro la vita, nessuno al mondo ha il diritto di toglierla o di negare loro i messi per il quali possano conservarla: a meno che non sia stato commesso un crimine. Ma prendere delle misure antisemite, non avendo alcuna considerazione del fatto che molti ebrei ricevendo il battesimo sono divenuti cristiani, è una grave offesa alla Chiesa» e contrastante con la tradizione cristiana dell’Ungheria la quale, se non fosse tornata sui suoi passi, si sarebbe macchiata nei secoli a venire di una grave colpa (ADSS, vol. 10, Annessi I e II al doc. 207)

Che la linea d’intervento della Santa Sede non riguardi poi soltanto gli ebrei ungheresi battezzati è confermata in un’altra serie d’interventi, di cui fin dal 7 giugno 1944 proprio Harold Tittman (l’autore del primo dei documenti dello scoop) è stato informato (ADSS, vol 10, doc. 223, e che risalgono alla promulgazione delle leggi razziali ungheresi, ossia al giugno 1941 (ADSS, vol. 8, doc. 95 e 114), per poi continuare senza sosta.
Nel novembre del 1944, quindi, per gli ebrei ungheresi si sta già facendo molto. E non è affatto strano che lo stesso Osborne, nel suo documento, non si trattenga più del necessario sulla proposta di Eden. Non è la proposta di Eden, infatti, il tema principale del dispaccio; essa è solo un fatto incidentale.

Chiarito il caso ungherese, resta il sospetto del “silenzio”. Osborne pensava che Pio XII si disinteressasse degli ebrei?
Se Casarrubea e Cereghino avessero scavato meglio negli archivi, si sarebbero accorti di un dispaccio di Osborne del 31 gennaio 1943, avente per oggetto la razzia degli ebrei romani di pochi giorni prima: ossia uno dei temi più scottanti sul presunto “silenzio” del Papa.
Non c’è bisogno di dire che questo documento è ampiamente noto. Eccolo qui in versione integrale:

«Non appena seppe degli arresti di ebrei a Roma – scrive dunque Osborne al suo governo - il Cardinale Segretario di Stato diresse e formulò all'Ambasciatore tedesco una [sorta? Questa parola è illeggibile ndr] di protesta. L'Ambasciatore si mosse immediatamente con il risultato che gran parte di loro fu rilasciata. L'intervento vaticano sembra dunque esser stato efficace nel salvare un certo numero di queste sfortunate persone. Ho chiesto di sapere se potessi io riferir questo e mi fu detto che avrei potuto ma solo per nostra conoscenza e non per darne pubblica ragione, poiché ogni pubblicazione d'informazioni condurrebbe probabilmente a nuove persecuzioni» (Osborne a FO, 31 ottobre 1943 tel. 400, PRO, Kew, UK: FO 371/37255).

Per chi non lo sapesse, Osborne conferma la versione dei fatti raccontata nei documenti vaticani.
Certamente, il ministro inglese non vedeva nel Vaticano tutto rose e fiori: «Alcuni elementi o tendenze nella vita nascosta della Città del Vaticano,…sono tutt’altro che edificanti», scriveva a Eden il 12 novembre 1943. Ma essi non erano ricollegabili alla Chiesa, bensì a un aspetto del carattere italiano (PRO/FO 371/37554/56, citato in Chadwick, pp. 314-315).
Se Osborne avesse visto in Pio XII un pavido, non avrebbe certo tessuito un'apologia del Papa (lui non cattolico!), in una lettera a Oliver Harvey del 4 marzo 1947 (Chadwick, p. 315, ne contiene amplissimi stralci).
Se Osborne avesse avuto qualche dubbio su Pio XII, non si sarebbe scagliato contro la leggenda nera del Vicario di Rolf Hocchuth in questi termini:
«Lungi dall’essere un diplomatico freddo (il che, suppongo, implica di sangue freddo e disumano), Pio XII fu il personaggio più caldamente umano, gentile, generoso, simpatico (e, per inciso, santo) che io abbia mai avuto il privilegio d’incontrare nel corso di una lunga vita. So che la sua natura sensibile era acutamente e incessantemente sensibile al tragico volume di sofferenza umana causato dalla guerra e, senza il minimo dubbio, sarebbe stato pronto e felice di dare la sua vita per redimere l’umanità dalle sue conseguenze. E ciò senza guardare alla nazionalità o alla fede…sono sicuro che Papa Pio XII sia stato grossolanamente giudicato male dal dramma del signor Hochhuth» (The Times, 20 maggio 1963, in Chadwick, pp. 316-317).

Riteniamo che proprio le parole di Osborne mettano una pietra tombale non solo su questo finto scoop, ma anche sulle grossolane chiose con titoli, sottotitoli, occhielli e catenacci giornalistici…

La pazienza del lettore che ci ha seguito fino a questo punto merita un dulcis in fundo.

Si è detto che Casarrubea e Cereghino hanno guardato male i documenti, dimostrando peraltro di non saperli neppure leggere. Aggiungiamo che anche la loro competenza archivistica è solo presunta.
Se infatti i due avessero davvero guardato bene nelle carte inglesi, i si sarebbero accorti di tanti e tanti altri inediti che qui possiamo soltanto riportare in sintesi.

Traiamo proprio dall’Index to the Correspondence of the Foreign Office solo alcune piccolo “perle”, ma sufficienti a collocare il Vaticano del 1943-44 in una luce ben diversa:

a) Il Vescovo Ausiliare di Westminster scrive al Foreign Office in merito all’eventualità di un riavvicinamento tra l’URSS e il Vaticano per il tramite della Chiesa ortodossa russa (PRO/FO N5767/102/38).

b) Attitudine del Papa nei confronti della guerra, come espressi nel discorso della festa di S. Eugenio; errata interpretazione delle parole del papa per fini propagandistici; il papa ha parlato in favore di coloro che sono perseguitati per ragioni di razza; ha espresso simpatia per le piccole nazioni sofferenti, e specialmente per la Polonia; ha parlato contro la violazione dei principi umani a causa della guerra; desidera la pace (giugno 1943, PRO/FO R5049/R5264/R4954/158/57).

c) Desiderio del Papa che siano offerte preghiere in favore dell’Unione Sovietica (PRO/R2404/174/57)

d) Analisi da parte del Governo britannico del radiomessaggio natalizio del dicembre 1942, che propone principi per un nuovo ordine sociale (PRO/FO R158/R316/158/57)

e) Notizia di proteste del Papa contro il trattamento degli ebrei in Italia settentrionale (PRO/FO R12965/4200/22)

f) Relazioni tra il Vaticano e la Francia libera di De Gaulle, attraverso il segreto tramite di Monsignor Jullien, 1943 (PRO/FO R3910/R4542/276/57)

g) Approvazione da parte del Segretario di Stato dei contatti segreti con la Francia libera di de Gaulle; conferma dell’accreditamento di Monsignor Jullien (PRO/FO Z5797/5797/17)

h) Ampio attacco del Dr. Friedrich al Papa: il Vaticano è il nemico del nazionalsocialismo, 1943 (PRO/FO R5453/3893/57)

i) Denuncia delle persecuzioni razziali in Slovacchia e richiesta di un intervento in favore degli ebrei slovacchi, 1944 (PRO/FO C15757/1343/12)

j) Notizia di un messaggio di congratulazioni del Papa a Hitler e rapporto successivo che destituisce la notizia di qualsiasi fondamento (PRO/FO R11922/203/57; PRO/FO R12608/R13903/203/57)

k) Pio XII e la Repubblica di Salò: notizia secondo cui Mussolini avrebbe chiesto al Vaticano la ripresa delle relazioni diplomatiche, e di una replica vaticana secondo cui il Trattato del Laterano è stato concluso con il Re d’Italia s non con il Partito fascista e che il Vaticano, essendo neutrale, non può riconoscere Governi nati durante la guerra (PRO/FO R7149/1944/57)

Concludendo.
Quando si guarda oltre, si vede che il panorama offerto dai documenti sui fatti storici è forse molto più ricco; e che gli scoop storiografici non di rado si rivelano dei boomerang.
Ma questo è un adagio ormai antico e, forse proprio per questo, negletto.


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